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Sabato, 20 Aprile 2024
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Il contratto "salva" AstraZeneca, gli Stati potrebbero essere costretti a comprare le dosi inutilizzate

Un documento rivela che prima della firma era arrivato un avvertimento sulla debolezza dei patti stipulati, ma è stato ignorato

L'Unione europea ha deciso di portare AstraZeneca in tribunale per il mancato rispetto dei patti sulle consegne dei vaccini sviluppati dagli scienziati di oxford. Ma Bruxelles rischia di perdere la causa in quanto a proteggere l'azienda anglo-svedese ci sarebbe lo stesso contratto firmato con l'Ue, che non sarebbe stato abbastanza stringente e questa cosa sarebbe emersa ancora prima che il contratto fosse sottoscritto, senza che nessuno corresse ai ripari.

Il Belgio sapeva

Almeno un Paese, il Belgio, era a conoscenza della debolezza dei patti sottoscritti, e sembra assurdo pensare che fosse il solo. L'ultima rivelazione arriva da un documento ottenuto dal giornale belga Knack analizzate insieme a Politico che mostra che gli esperti del governo di Bruxelles ricevettero un avvertimento dall'azienda di servizi di consulenza Deloitte, che lavora anche per la Commissione. "Partiamo dal presupposto che ci siano buone ragioni per aspettarsi che il programma di consegna previsto sarà rispettato", scrisse Deloitte il 17 agosto 2020, dopo aver valutato il contratto dell'Ue per il governo belga. "Tuttavia”, continua il parere, il contratto di acquisto anticipato “non prevede sanzioni in caso di mancato rispetto delle date e delle quantità di consegna".

I patti

Secondo i patti AstraZeneca si era impegnata a consegnare in tutto 300 milioni di dosi di vaccino tra dicembre 2020 e giugno 2021: alla fine di marzo aveva consegnate però solamente 30 delle 120 milioni di dosi previste per quella data, e entro la fine di giugno prevede di consegnarne solo 70 delle 180 milioni rimanenti. Bruxelles ha però già pagato 336 milioni di euro per i costi di base, che sarebbero stati già integralmente versati, in due tranche, ancor prima della consegna delle prime iniezioni. Mentre gli Stati dovranno contribuire invece con circa 534 milioni, da versare alla consegna. Ogni dose viene pagata con 1,12 euro dall’Ue e 1,78 dalle nazioni. Si tratta di un prezzo “no profit” che però, come ha svelato Report che è riuscita a ottenere il contratto a febbraio, l'azienda potrà aumentare a partire da luglio. Se AstraZeneca vincerà la causa gli Stati potrebbero essere costretti a comprare comunque i vaccini, anche se dovessero arrivare quando non sono più necessari o se i governi dovessero decidere di puntare, come molti stanno facendo, su Pfizer, Moderna e J&J.

Il contratto britannico migliore

Nel Regno Unito problemi con le consegne non ci sono stati, perché il governo di Boris Johnson ha stipulato un contratto migliore, più stringente e dettagliato, che gli dava diritto di precedenza almeno sulle dosi prodotte sul territorio del paese nei due impianti di Oxford e Keele, che poi vengono infialati a Wrexham. In pratica il contratto britannico, che è basato sul diritto inglese, è molto più specifico e giudica il rispetto degli accordi in base alle merci consegnate secondo quanto esattamente specificato nel contratto. Come spiegato tempo fa a Politico da Sébastien De Rey, specialista in diritto dei contratti presso l'Università belga di Lovanio, il contratto dell'Ue è scritto invece in base alla legge belga, che si concentra sul fatto che entrambe le parti sono tenute a fare del loro meglio per consegnare la merce agendo in buona fede. Ma è proprio qui il punto, un'azienda può sostenere di aver fatto del proprio meglio per consegnare le dosi promesse e di non esserci riuscita, non incappando così in conseguenze legali.

Avvertimenti ignorati

Deloitte sottolineava non a caso anche la possibilità che AstraZeneca potesse avere contratti concorrenti con altre nazioni che avrebbero potuto ostacolare la sua capacità di fornire le quantità stabilite. "Si presume che ci saranno quantità sufficienti?", si chiedeva il gruppo secondo cui "può essere giustificato includere una sanzione per AZ se non è in grado di adempiere ai suoi obblighi contrattuali a seguito di accordi di fornitura con Paesi terzi". L'azienda ha sempre sostenuto che i contratti non erano in competizione, ma di fatto dalla Gran Bretagna non è stata spedita nessuna dose in Europa, mentre è accaduto l'inverso. E non è stata Londra a bloccare le consegne, semplicemente l'azienda ha preferito dare precedenza al Regno Unito, che ha anche pagato le dosi leggermente di più dell'Europa. In ogni caso secondo il parere di Deloitte, il problema è che il contratto europeo non ha fornito ai Paesi membri uno strumento robusto per penalizzare l'azienda in caso di ritardo delle consegne. Di conseguenza, per rafforzare l'applicazione, Deloitte aveva raccomandato di firmare un "accordo di qualità" separato, simile a un allegato, per dettagliare cosa sarebbe accaduto se l'azienda non avesse consegnato in tempo o se avesse prodotto vaccini con problemi di qualità. Ma quelle raccomandazioni sono state ignorate.

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