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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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"Il Commissario Ue spetta a noi", tra M5s e Pd scintille anche a Bruxelles

Polemica a distanza tra i capidelegazione dem e 5 stelle all'Eurocamera. Sullo sfondo, anche la ricerca di un gruppo politico europeo per i pentastellati

"L'indicazione del Commissario europeo spetta a noi". "No fughe in avanti, pensate a contare di più". La trattativa tra il Partito democratico e il Movimento 5 stelle per la formazione di un nuovo governo in Italia arriva anche a Bruxelles. Dove il botta e risposta a distanza tra Tiziana Beghin e Brando Benifei, capidelegazione al Parlamento Ue rispettivamente di M5s e Pd, conferma che la strada verso un'intesa non è proprio in salita. 

Tutto comincia con un'intervista a Repubblica di Beghin, che rivendica al Movimento la scelta del commissario Ue in quota Italia, l'ultimo ancora a non essere stato indicato alla prossima presidente dell'Esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen. Secca la replica del 'parigrado' dem a Bruxelles: "Una fuga in avanti poco utile al risultato" che si vuole ottenere, "mentre è in corso una trattativa serrata per la formazione del governo mi pare poco intelligente spingersi in dichiarazioni perentorie, piuttosto pensino al gruppo", dice Benifei all'AdnKronos.

"Personalmente mi limito a fare una considerazione - continua Benifei - In questo momento c'è una trattativa molto serrata ai vertici delle nostre forze politiche e mi sembra oggi poco intelligente e poco saggio spingersi in dichiarazioni perentorie". Piuttosto, secondo l'europarlamentare del Pd, "mi sembra giusto che il M5s, come dice la capodelegazione Beghin, si preoccupi di capire come contare un po' di più al Parlamento europeo attraverso l'adesione a un gruppo, perché purtroppo sappiamo che nella prima fase nessuno ha voluto accogliere il movimento al suo interno". E "se pure adesso c'è stata oggettivamente un'evoluzione importante da parte dei 5S nelle sue posizioni, tuttavia rimangono un oggetto misterioso per tanti", sottolinea Benifei.

L'eurodeputato Pd colpisce un nervo scoperto dei 5 stelle: dopo le elezioni europee, infatti, naufragato il tentativo di Luigi di Maio di allargare le alleanze Ue per mancanza di partiti alleati, la pattuglia M5s a Bruxelles e Strasburgo ha cercato di trovare un gruppo parlamentare, ricevendo in secchi 'no' di Verdi, sinistra e liberali. A dirla tutta, anche loro hanno detto un chiaro 'no', stavolta a Nigel Farage e al suo Brexit party. Una mossa all'epoca poco chiara, dato che britannici e pentastellati hanno condiviso un'intera legislatura nello stesso gruppo. Ma che col senno di poi ha permesso al M5s di uscire da quella sorta di cordone sanitario elevato dai principali gruppi politici europei (popolari, socialisti e liberali) contro sovranisti e populisti anti-Ue. 

E cosi', anche senza un gruppo parlamentare di riferimento, la piccola delegazione 5 stelle è riuscita a far eleggere un proprio membro, Fabio Massimo Castaldo, alla vicepresidenza dell'Eurocamera, 'soffiando' il posto alla candidata della Lega Mara Bizzotto. Ma non solo: grazie alle loro 14 preferenze, i pentastellati sono stati decisivi nel voto di fiducia di Strasburgo a von der Leyen. Tutte mosse politiche che, secondo molti, hanno comportato la rottura del M5s con la Lega e il conseguente avvicinamento al Pd.

Adesso, il passo successivo per i pentastellati in Ue è trovare un gruppo che gli consenta di avere agibilità politica al Parlamento. Esclusi i Verdi, che non intendono rischiare tensioni interne con l'inclusione del M5s, restano i liberali di Renew Europe (e di Emmanuel Macron) e la sinistra della Gue. Tra i liberali, una mano la potrebbe dare il premier Giuseppe Conte ricordando a Macron l'appoggio dato nel pieno delle trattative sulla nuova Commissione europea. Ma un aiuto potrebbe arrivare anche dai renziani, da sempre vicini al progetto politico del presidente francese (si pensi a Sandro Gozi). 

Stesso discorso con la Gue, dove invece una 'raccomandazione' per i 5 stelle potrebbe arrivare dall'asse che lega un pezzo del Pd (Zingaretti compreso) a LeU: è forse a questo che allude Benifei nel suo messaggio al M5s sulla nomina del commissario italiano. Uno scambio: un gruppo ai pentastellati, l'indicazione del commissario ai dem.

A prescindere da questi scenari, a ogni modo, resta il nodo non ancora sciolto della nomina da parte di Roma: von der Leyen aveva fissato una deadline al 26 agosto scaduta ormai da giorni e ha già avviato i colloqui con i commissari designati dagli altri 26 Stati membri (il Regno Unito si è tirato già fuori).  

i nomi che circolano sono tanti, ma dipenderà anche dal portafoglio che l'Italia riuscirà a ottenere: se sarà agricoltura, per esempio, c'è chi parla dell'ex ministro prodiano Paolo De Castro, eurodeputato di lungo corso. Se sarà concorrenza (anche se pare ormai lontana ipotesi), il candidato ideale potrebbe essere Enzo Moavero, ormai ex ministro degli Esteri del governo gialloverde, ma anche uomo di fiduca di Mario Monti quando questi era commissario Antitrust. C'è poi la richiesta di von der Leyen di avere almeno metà dell'esecutivo composto da donne e in questo caso l'Italia potrebbe candidare Elisabetta Belloni, segretario generale del ministero degli Esteri, e Paola Severino, ex ministro della Giustizia, stando alle ultime voci. 

Si tratta solo di esempi, perché dietro questa nomina c'è una fitta rete di trattative: quelle per la formazione del nuovo governo italiano, ma anche quelle tra Commissione e Stati membri. Perché è chiaro a tutti che a Bruxelles non stanno certo ad aspettare noi: anche Spagna e Belgio sono senza un governo definitivo, ma i loro nomi per la Commissione li hanno già fatti.

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