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Giovedì, 28 Marzo 2024
Il racconto / Ucraina

"La mia vita a Kiev dopo un anno di guerra"

Daria Nedzelska racconta la quotidianità nella capitale ucraina in una intervista su Teen social radio

A Kiev hanno riaperto i cinema e i teatri, sono tornati i viveri e i medicinali. La popolazione nella capitale ucrana si sta riprendendo la sua "normalità" attraverso il lavoro e la solidarietà. Vive un quotidiano scandito da numerosi allarmi e da un serrato coprifuoco. I più giovani sono tornati a scuola, ma solo se questa è dotata di un rifugio. L’elettricità illumina le case, ma le risorse economiche sono sempre più scarse. È l'affresco che emerge dal racconto di Daria Nedzelska, collaboratrice del Ministero della cultura ucraino, in una intervista su Teen social radio (Tsr), una web radio i cui conduttori sono giovani studenti italiani.

 Daria Nedzelska durante una visita a Venezia prima della guerra

Dopo più di un anno dall'inizio del conflitto, "le priorità di tutti sono cambiate", spiega Nedzelska rispondendo alle domande di Zeno, studente di 12 anni del team di Tsr. "All'inizio a scappare sono stati in molti, e tanti non torneranno dopo aver trovato condizioni economiche migliori altrove, o semplicemente perché qui hanno perso tutto". Lei ha deciso di restare, e convivere con la paura che è ormai parte della vita quotidiana: "Le sirene che ci avvisano di possibili attacchi suonano anche cinque o sei volte in un giorno. I mezzi pubblici qui hanno smesso di funzionare, ma le stazioni della metro sono rimaste aperte proprio per permetterci di rifugiarci lì". Le corse al rifugio possono essere anche più di una nella stessa giornata. Per capire se ripararsi o meno, Nedzelska, come molti altri concittadini, controlla su internet che tipo di attacco abbia allarmato il sistema d’emergenza: nel caso non si tratti di un possibile raid missilistico, c'è chi preferisce restare a casa. 

L'intervista completa su Teen Social Radio

Gli ucraini si sono abituati a vivere anche senza elettricità, le strade sono completamente buie la sera, e i blackout sono frequenti, anche se in numero molto ridotto rispetto a prima. Nel corso dei primi mesi l’assenza di elettricità negli uffici e nelle abitazioni poteva protrarsi per diverse ore. La limitazione di questo disagio, dopo un duro inverno, ha permesso la riapertura di luoghi quali cinema e teatri, che di tanto in tanto mettono in scena qualche spettacolo. Sono state riaperte le scuole, dove i giovani possono recarsi solo se la struttura è dotata di un rifugio per le emergenze. Per gli altri, resta la didattica a distanza.

Anche i supermercati sono tornati a un "regime accettabile", così come le farmacie. In seguito al primo attacco, la logistica è stata interrotta tra le due sponde del fiume Dnipro, rompendo un’arteria vitale per i rifornimenti. "Grazie agli aiuti internazionali e alla forza di volontà ucraina siamo riusciti a ripristinare una situazione vivibile, la popolazione si è sostenuta, c’è stata molta solidarietà, specialmente verso i più anziani, impossibilitati a fare code infinite per ricevere beni di prima necessità".

"I miglioramenti a Kiev si sono avuti nelle ultime settimane, la vita qui è più facile ora, ma questo vale per la capitale, in ampie aree del Paese la situazione resta drammatica", ha specificato Nedzelska. "Oggi vado al lavoro in auto, come faccio praticamente sette giorni su sette. L’inizio della guerra, infatti, ha portato alla fine dei giorni di festa ucraini: quando si può, si lavora, ma non è così male. Questa guerra non è solamente contro il nostro popolo, è anche contro la nostra cultura, la nostra identità. Lavorando nel settore dei beni culturali il mio obiettivo è quello di valorizzare il nostro patrimonio, farlo conoscere al mondo, ma soprattutto raccogliere le prove necessarie a dimostrare tutti gli atti barbari commessi dai russi contro i nostri monumenti, contro la nostra cultura oltre che contro i civili. Tutti questi atti possono rientrare nella definizione di crimine di guerra".

Per Nedzelska il futuro si fa ogni giorno più grigio, il permanere di questa situazione sta dilapidando le risorse della nazione, e i danni aumentano. "Più la guerra va avanti, più la situazione economica si fa critica, il mio stesso stipendio non mi basta più per vivere una vita normale. Alla fine del conflitto l’Ucraina avrà bisogno di un grande piano di finanziamento, quella della ripresa sarà una strada molto lunga e oggi sembra ancora molto lontana", conclude.

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