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Giovedì, 28 Marzo 2024
La trattativa

Dalla Germania a Orban fino alla Norvegia: chi sta bloccando il tetto al prezzo del gas

Al summit di Bruxelles, l'Europa resta divisa sul price cap. Per Berlino è un rischio, per Budapest "un suicidio". Mentre Oslo avverte: "Senza di noi, costi più alti per l'Ue"

Dopo quasi 8 mesi dall'inizio del conflitto in Ucraina, e dinanzi a una crisi energetica che continua a colpire imprese e famiglie, l'Unione europea resta ancora divisa su come far fronte (comune) ai rincari dei prezzi. Il vertice in corso a Bruxelles non sembra poter risolvere lo stallo, in particolare quello su una delle misure chiave: il tetto al prezzo del gas acquistato all'ingrosso. A favore di questa misura, che limiterebbe il prezzo del metano acquistato dai fornitori esteri (sia esso naturale o liquefatto), ci sono a oggi 15 Paesi Ue su 27. In particolare, ci sono Francia, Italia, Spagna e Portogallo, ossia quattro dei cinque Stati più popolosi dell'Unione. Ne manca solo uno: la Germania. Ma quello di Berlino non è l'unico governo a opporsi: dietro il cancelliere Olaf Scholz c'è un asse che va da Viktor Orban al frugale Mark Rutte, e che travalica anche i confini Ue.

Di sicuro, la Germania è il perno di questo asse. Per Berlino, la cosa più importante in questo momento è assicurarsi che le forniture di gas non si interrompano, da qualsiasi parte arrivino e a qualsiasi prezzo: le casse tedesche hanno spazio a sufficienza per reggere l'impatto dei rincari, a differenza dei Paesi del Sud. Ma il settore industriale non potrebbe sopportare una crisi degli approvvigionamenti.  "Un price cap deciso politicamente per l'acquisto di gas comporta il rischio che i produttori poi vendano altrove il loro gas e che alla fine noi europei non otteniamo più gas, ma meno gas", ha chiarito pubblicamente Scholz prima di recarsi al difficile summit di Bruxelles. 

Sullo stesso piano i Paesi Bassi ("Dobbiamo assicurarci che i flussi di gas proseguano", ha detto il premier Mark Rutte), ma anche l'Austria, la Svezia, la Finlandia, l'Irlanda, l'Estonia, Cipro e l'Ungheria. Se per la maggior parte di loro si tratta di una questione di approvvigionamenti, per Budapest c'è anche la questione della Russia: "L'ultimo piano di Bruxelles sul tetto al prezzo del gas dell'Ue equivale ad un embargo totale sul gas. Il suicidio economico non aiuterà l'Ucraina", ha detto Viktor Orban senza citare espressamente Mosca. Insieme, questi Paesi raggiungono la soglia sufficiente per bloccare la proposta al Consiglio, dove serve la maggioranza qualificata rafforzata (ossia almeno 19 membri a favore).

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Ma come dicevamo, l'opposizione al price cap arriva anche dall'esterno, e non solo dalla Russia, che ha già minacciato ritorsioni nel caso la misura dovesse venire adottata. Anche tra quei partner che la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha definito "affidabili" per la sicurezza energetica, l'ipotesi di un tetto al prezzo con cui vendono il loro gas all'Europa non piace. C'è la Norvegia, per esempio, che è diventato il primo fornitore di gas dell'Ue, che per voce del suo premier, Jonas Gahr Store, ha dichiarato che il price cap potrebbe ritorcersi contro l'Unione europea. "Rispettiamo il fatto che l'Europa stia valutando come regolare i mercati nel modo migliore - ha detto Store in una intervista al Corriere - Ci limitiamo a sconsigliare misure che potrebbero avere effetti contrari, aumentando la domanda di qualcosa di cui c'è scarsità e un'offerta limitata".

Per Store, i prezzi alti non sono colpa di Oslo, ma della carenza di gas e delle mosse della Russia. Il modo migliore che ha la Norvegia per aiutare l'Ue è produrre ed esportare più gas, come del resto ha già fatto dall'inizio della guerra in Ucraina: "Senza questo aumento, i prezzi sarebbero stati ancora più alti", ha ricordato. Un discorso che potrebbe valere anche per gli Stati Uniti, che hanno raddoppiato le vendite del loro gnl all'Ue, e che dunque, seguendo il ragionamento di Store, hanno dato una mano all'Ue sia per garantire gli approvvigionamenti in vista dell'inverno, sia per calmierare i prezzi. 

Le motivazioni della Norvegia fanno il pari con le ragioni tedesche. Ma questo non vuol dire che non vi siano altre strade per ridurre il prezzo del gas. Per la Commissione europea, come per il cancelliere Scholz, ci sarebbe una terza via, ossia quella di negoziare con "i paesi fornitori" per raggiungere "un prezzo sostenibile". Sono "convinto che Paesi come gli Usa, il Canada o la Norvegia, che sono uniti con noi a fianco dell'Ucraina, abbiamo tutto l'interesse che l'energia in Europa non abbia prezzi impossibili", ha detto Scholz. 

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