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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Rajoy "goffo", Puigdemont "furbo" e la Catalogna divisa. Ci sarà effetto domino in Europa? Intervista a Dalle Mulle, esperto di separatismi

Una regione polarizzata arriva al voto con il rischio di nessuna maggioranza e di nuove elezioni. Comunque vada, Madrid dovrà fare qualcosa sul fronte della modifica della Costituzione. Le regioni calde nel resto del continente.

Rajoy goffo, Puigdemont furbo, la Catalogna al voto e l'Europa che sta a guardare uno scrutinio che per la prima volta pone la questione dell'indipendentismo regionalista in maniera così drammatica sulla tavola comunitaria, una tavola apparecchiata da Stati Nazione, sordi a questo genere di rivendicazioni. Parliamo delle elezioni di oggi a Barcellona e dintorni con Emmanuel Dalle Mulle, ricercatore dell’istituto di studi internazionali di Ginevra specializzato in nazionalismi e separatismi in Europa. Ha realizzato ricerche nei punti caldi degli indipendentismi europei, da queste esperienze è nato il libro The Nationalism of the Rich: Discourses and Strategies of Separatist Parties in Catalonia, Flanders, Northern Italy and Scotland (Il Nazionalismo dei Ricchi: Discorsi e Strategie dei Partiti Separatisti in Catalogna, Fiandre, Nord Italia e Scozia). Pronostico: un pareggio in Catalogna e nessun effetto domino in Europa, la Corsica ha appena votato, le Fiandre attendono il voto del 2019, la Scozia guarda alla Brexit ed al prezzo del petrolio e la Padania è vittima di Salvini.

Candidati in carcere, altri scappati in Belgio, accuse di franchismo e di voler rompere lo Stato spagnolo, una campagna elettorale quanto meno anomala…

Tenere in carcere gli esponenti dei partiti indipendentisti ha creato dei martiri, è stata una mossa goffa. I candidati hanno potuto comunque partecipare in qualche modo alla campagna, dovevano essere perseguiti o meno, è un altro discorso, la legge spagnola è chiara su questo, ma c’è un errore politico: bisognava cercare un accordo politico prima di arrivare a questo punto. Con queste misure si alimenta ancora di più la rivendicazione indipendentista.

Puigdemont invece è scappato….ha fatto bene?

È stato furbo: è scappato dal carcere ed ha tentato di internazionalizzare la causa. Ha giocato la carta della giustizia belga, e ha fatto bene, perché non sarebbe stato processabile per ribellione, reato non riconosciuto in Belgio, ma solo per i capi di accusa meno pesanti quali malversazione e disobbedienza. E così i giudici spagnoli hanno preferito ritirare l’ordine di arresto europeo per poterlo processare per tutti i capi d’accusa nel caso in cui rientri volontariamente nel paese.

Non è però riuscito a internazionalizzare politicamente il conflitto catalano

Puigdemont sperava di ottenere un qualche appoggio dall’Unione europea, ma, come prevedibile, si è scontrato contro un muro. L’Unione è pur sempre costituita da stati sovrani che tengono, al di sopra di tutto, a difendere la propria integrità territoriale e, a meno che non si verifichi una situazione di grave violenza, non interverranno mai nelle relazioni tra una regione e il governo centrale di uno stato membro per paura di creare un pericoloso precedente.

Nei meeting qui a Bruxelles si è usata spesso la parola franchismo, è attuale come accusa?

Lo stato spagnolo si sta comportando in maniera controproducente, ma non lo chiamerei franchista, sta applicando leggi approvate negli ultimi 40 anni, anche con l’appoggio dei catalani, come la Costituzione. Il governo non è fascista, c’è uno scontro e la situazione è tale che non si risolve con i giudici ma con la politica. C’è uno scontro tra due ordini costituiti, bisogna ricucirlo il più possibile. C’è un 40-45% di catalani che vuol l’indipendenza e un 70% che vuole il referendum, è un dato di cui tener conto. Come un altro dato importante è che sempre il 70% della popolazione vuole una soluzione concordata, non lo scontro.

I sondaggi dicono però che siamo a due fronti contrapposti, quasi pari. Come finirà il voto?

Tradizionalmente alle elezioni catalane c’è una partecipazione più bassa che a quelle generali, per la presenza di una popolazione di immigrati spagnoli, moltissimi andalusi e dell'Extremadura (le due regioni più povere del Paese, ndr), o di origine straniera che non votavano in queste elezioni di carattere regionale. La cosa è però cambiata negli ultimi anni, e quest’anno, in particolare, ci si attende una maggiore partecipazione che andrà a influire sul voto costituzionalista, a favore dell’unità della Spagna. Detto questo non si sa nemmeno bene qual è stato l’impatto della consultazione del primo ottobre, della repressione della polizia e dell’applicazione dell’articolo 155. E’ possibile, se non probabile, che una parte della popolazione non indipendentista lo sia diventata, andando a votare per i nazionalisti catalani, difficile capire come andrà a finire.

Al tempo stesso chi è in mezzo, come la versione locale di Podemos, pare in caduta libera..

C’è una chiara polarizzazione della società, i partiti di mezzo perdono, lo scenario più probabile è il pareggio, ci potrà essere un vantaggio di uno o due seggi, ma lo scenario è il pareggio

Se finiscono in pareggio, c’è il rischio di nuove elezioni?

E’ il punto debole della strategia di Rajoy: attiva l’articolo 155, indice le elezioni ma se le perde o c’è pareggio si deve rifare tutto. L’unica soluzione per lui è una vittoria dei costituzionalisti che porti a una riforma della Costituzione. Se vincono gli indipendentisti di poco, come potrebbe essere, si torna nel pantano, con lo Stato che potrebbe ripristinare di nuovo il 155 anche se per farlo ci vorrebbe una nuova dichiarazione di indipendenza….comunque sia con una vittoria dell’indipendentismo si tornerebbe alla casella di partenza.

Ma credi che Rajoy sia pronto a una riforma della Costituzione?

Da Madrid devono dare e fare qualcosa, se non sono miopi.

Rajoy non ha dimostrato grossa intelligenza o attivismo politico…

Non farà mai una riforma che piaccia agli indipendentisti, ma qualcosa dovrà pur fare, sull’economia, l’educazione, il trasferimento di certe competenze, può far muovere qualcosa a livello popolare. Non va dimenticato che c’è una grossa parte della popolazione che è passata all’indipendentismo negli ultimi 5 anni.

Al tempo stesso il PP non prende più voti in Catalogna, quindi non sono interessati a essere popolari da quelle parti….

Nell'azione del PP c'è una componente ideologica, quella dell’unità della Spagna, ed elettorale, perché non sono interessati ai voti catalani, non li prendono lì, mentre sono interessati a mostrare al resto della Spagna, dove prendono voti, che difendono l’unità territoriale del paese. Ma se a Barcellona, dalle urne, dovesse uscire un governo più collaborativo con Madrid, Rajoy non potrebbe più tirarsi indietro.

E' destinato a fare proseliti in Europa l'indipendentista catalano?

Non vedo rischio di effetto domino. In Corsica hanno vinto i nazionalisti, vediamo se terranno sul lungo periodo, e comunque non chiedono l’indipendenza ma solo più autonomia. È difficile capire il motivo profondo di questo voto, può essere di protesta o per altri motivi. E poi spesso i partiti indipendentisti quando arrivano al governo non riescono a soddisfare le richieste dell’elettorato. Non vedo al momento una mareggiata di indipendentismo che parta dalla Catalogna

Si parla anche delle Fiandre

Ora non sono più interessati all’indipendenza, sono stati cauti nella questione Puigdemont. Le cose potrebbero cambiare nel 2019, quando ci saranno le elezioni, allora potrebbero riprendere l’agenda indipendentista, per il momento l’hanno accantonata. Ricordiamoci che le Fiandre contano con la maggioranza della popolazione del paese e che il governo belga è formato da 3 partiti su 4 delle Fiandre. Sono in una posizione di forza e da quella hanno imposto la politica socioeconomica che vogliono. Essendo la maggioranza, nonostante i blocchi imposti dalle garanzie costituzionali, hanno più possibilità che non la Catalogna, che è solo una porzione della Spagna, o della Scozia, è una posizione diversa. E non va dimenticato che l’appoggio all’indipendentismo è sempre stato intorno al 10%, molto basso, anche perché non sono una minoranza vittimizzata. Il partito più votato, l’N-VA (il partito liberal-conservatore fiammingo che ha vinto le ultime elezioni, ndr) ha usato l’argomento dell’indipendenza per avere più potere di ricatto, ma la maggior parte dei suoi elettori non è indipendentista, semplicemente lo considera come il partito che può difendere meglio di qualunque altro l’interesse fiammingo all’interno dello stato belga. Le cose potrebbero cambiare se dopo le elezioni del 2019 i socialisti valloni andassero al governo, in quel caso l’N-VA potrebbe rilanciare la campagna indipendentista per non vedere annullate le sue riforme e la sua agenda liberista e pro-Fiandre.

E la Scozia, con in mezzo i negoziati sulla Brexit?

L’indipendenza è stata messa da parte per due ragioni. Gli scozzesi vogliono vedere il risultato dei negoziati sulla Brexit. C’è il mito che sono più pro-Ue, ed è vero che nel voto sulla Brexit in Scozia ha vinto il voto a favore della Ue, ma c’è un terzo dell’elettorato dello SNP che è contro la Ue. Se difendono l’indipendenza della Scozia per rimanere all’interno della Ue, guadagnano una parte dell’elettorato che non vuole uscire dalla Ue, ma rischiano di perdere una parte del proprio. C’è il rischio di un patto con il diavolo. Il secondo motivo è che una delle ragioni per cui persero il referendum del 2014 è la moneta, quale usare? Ancora oggi, non hanno trovato una risposta convincente a questa domanda. Inoltre, la situazione fiscale odierna della Scozia è più problematica che in passato. Nel 2014 il petrolio era a 100-110 dollari al barile, ed il petrolio rappresenta tra il 10% e il 20% del Pil scozzese, a seconda del prezzo e del periodo storico analizzato. Allora la Scozia aveva un deficit di bilancio più basso del UK, ma ora con il prezzo a 50 dollari non guadagnerebbero quasi niente, anche perché il petrolio del Mare del Nord è assai costoso, essendo off shore. Questo fa la differenza: oggi la Scozia avrebbe un buco di bilancio di circa il 10-12% del Pil, molto più alto di quello britannico. Lanciarsi nell’indipendenza con un buco di quel tipo è difficile. La situazione può cambiare, il petrolio può aumentare, ma già quando era alto il prezzo persero il voto….

Andiamo in Italia, la Padania resta un sogno per i militanti leghisti?

Salvini ha deciso di trasformare la Lega nel Front National italiano, però non credo che l’operazione funzionerà nel lungo periodo. Non è penetrato al Sud e sembra aver raggiunto un tetto di consensi in generale. Se dovesse cominciare a perdere sostegno, i malumori nella Lega potrebbero diventare più visibili. Per quanto riguarda i referendum regionali, vedremo che impatto avranno sulle negoziazioni col governo dopo le elezioni di marzo. Vedremo che % di tasse riusciranno a mantenere sul territorio, Zaia voleva il 80%, non ci arriveranno.

Per un certo periodo si è pensato alla strategia di vincere con i governatori leghisti al Nord per gettare le basi di un maggiore autonomismo 

Vi sono malumori per la strategia di Salvini, sono ancora poco visibili, ma alla vecchia guardia non piace aver abbandonato il Nord. Dare visibilità ai referendum e ai governatori serve per rafforzare la base leghista dei puri e duri, ci sono due agende a livello nazionale e regionale che vanno avanti. Ma non so quanto potranno ancora andare avanti, se si trasforma in partito nazionale qualcuno uscirà, oppure si farà marcia indietro e tornerà la Lega di prima.

Elezioni in Austria, vince la destra e scoppia la grana doppio passaporto in per i Sud-tirolesi...

Non capisco molto perché, mi sembra rivendicazione interna all’Austria, non vedo l’interesse per il Sud Tirolo di entrare in Austria, sono autonomi, ricevono tanti soldi dallo Stato italiano e non sono vittimizzati a livello culturale. Una vittoria dell’indipendentismo sarebbe strana. La Catalogna è il caso più eclatante, ma anche l’unico, non vedo altri casi in Europa che potrebbero evolvere in quel senso.

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