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Giovedì, 28 Marzo 2024
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Il Covid non ferma le elezioni in Catalogna: potranno votare anche i positivi

Sistemi di protezione, orari consigliati ai gruppi vulnerabili, file separate e una app che darà in tempo reale la situazione delle code. Ma sembra non bastare. Il 30% di scrutatori e presidenti di seggio hanno chiesto di essere esentati

La Catalogna va alle urne. Domenica 14 febbraio, dalle 9 alle 20, saranno oltre 5 milioni e mezzo i cittadini chiamati a votare per rinnovare il Parlamento della Generalitat. In tempo di pandemia, si è messa in piedi tutta la struttura necessaria a garantire condizioni sicure per l’esercizio del diritto di voto, ma sembra non bastare. Secondo gli ultimi sondaggi, questa tornata, che ha già segnato un boom dell’uso del voto per corrispondenza, sarà anche caratterizzata da uno dei più alti tassi di astensionismo, proprio per la paura di contagio. E della bassa affluenza non si sa chi potrà beneficiare.

Positivi ai seggi

Il voto è garantito a tutti e, quindi, sono chiamate ad andare sia le 16 mila persone attualmente positive al Covid e le 70mila in quarantena, alle quali è stato chiesto di recarsi ai seggi tra le 19 e le 20, quando è minore l’affluenza, sia i gruppi a rischio a cui è stata consigliata la fascia oraria del mattino (9-12). Tutti gli scrutatori avranno guanti, camice, mascherina e scudo facciale e potranno fare, se lo vogliono, un test antigenico prima del voto. Inoltre, il governo catalano ha sviluppato una App che riporterà in tempo reale le code ai seggi che saranno strutturati su due file: una per i gruppi vulnerabili e un'altra per gli altri elettori.

Come riporta Agenzia Nova, l’organizzazione però sembra non bastare a placare la paura dei contagi. Il primo risultato è l’aumento del voto per corrispondenza, utilizzato da 284.706 elettori (+350% rispetto alle elezioni del 2017). Il secondo è quello registrato da diversi sondaggi secondo i quali ci sarà uno dei tassi di affluenza più bassi degli ultimi decenni (meno del 60%) rispetto al 2017 (79%). Anche l'istituzione dei seggi si sta rivelando particolarmente complessa perché su un totale di 82.251 persone convocate per le commissioni, come presidenti o scrutatori, in 25.540 (oltre il 30%) hanno chiesto di essere esentati dall'obbligo di legge. Con la conseguente possibilità di slittamento nell’avere il risultato elettorale finale.

I socialisti come argine al fronte separatista

Sul fronte politico, i partiti nazionalisti catalani aspirano per la prima volta a superare la soglia del 50% dei voti così da arrivare a controllare l’intera Generalitat. Ma il Partito socialista catalano (Psc) cercherà di rompere il fronte e, non a caso, il candidato socialista, Salvador Illa, ex ministro della Salute spagnolo, scelto dal premier Pedro Sanchez come unico politico che possa portare al "ricongiungimento fra la Catalogna e il resto della Spagna", ha escluso ogni possibile alleanza con il partito indipendentista Sinistra repubblicana di Catalogna (Erc). Quello stesso partito grazie al quale Sanchez è diventato primo ministro e l’ultima legge sul bilancio è stata approvata.

Ma Illa è stato chiaro, ha spiegato che le sue priorità elettorali sono la riattivazione dell'economia, il rafforzamento della sanità e le politiche sociali, e che non può condividere un progetto politico con coloro che difendono l'indipendenza come soluzione, perché "questo ha diviso la società catalana". Sebbene Illa, però, sia il favorito, con 1,5-2 punti di vantaggio, seguito da Laura Borràs, del partito indipendentista Uniti per la Catalogna (JxCat), e Pere Aragones di Erc, il numero di seggi che il socialista guadagnerebbe sarebbero tra i 30 e i 33: troppo pochi per avere l'investitura. A questo, si aggiunge anche il fatto che i partiti nazionalisti si sono impegnati, sottoscrivendo un documento, a non concordare in alcun caso un governo con Illa.

La dichiarazione d'indipendenza

L’opposizione al candidato socialista, però, sembra l’unico punto di unione tra i nazionalisti catalani. Ad esempio, la candidata di JxCat, Laura Borras, ha dichiarato che uno dei primi provvedimenti che adotterebbe, se arrivasse alla guida del Parlamento, sarebbe la riattivazione della dichiarazione unilaterale di indipendenza (Dui) del 2017, nata dal referendum considerato illegale da Madrid e per il quale sono attualmente in carcere diversi leader indipendentisti. Una posizione di scontro frontale con il governo centrale che non è condivisa da Erc il cui presidente, attualmente in semi libertà, Oriol Junqueras, ha spiegato che il percorso richiede un "multilateralismo" che sia riconosciuto dalla comunità internazionale e ha quindi evidenziato la necessità per tutti i partiti pro indipendenza di difendere il tavolo di dialogo con il governo nazionale sulla situazione catalana.

Secondo il candidato di Erc alla presidenza della Generalitat, Pere Aragones, il suo partito è l'unico che può unire il fronte indipendentista, chiarendo che i principali obiettivi politici sono la ricostruzione economica e sociale della regione, il diritto all'autodeterminazione e l'indulto per i politici catalani attualmente in carcere. Partita diversa è quella che si gioca il centrodestra, dove il Partito popolare (Pp), Ciudadanos (Cs) e Vox saranno interessati a vedere chi dei tre prenderà più voti e potrà aspirare alla guida del blocco. 
 

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