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Venerdì, 19 Aprile 2024
Il caso / Bulgaria

Rifugiati ucraini cacciati dagli hotel per far posto ai turisti

Circa 60mila persone hanno dovuto liberare gli alberghi sul mar Nero. Pioggia di critiche per il governo di Sofia

Dagli hotel a cinque stelle fronte mare alla strada. Migliaia di rifugiati ucraini in Bulgaria sono stati costretti ad abbandonare in fretta e furia le strutture alberghiere nelle quali avevano trascorso gli ultimi mesi. La decisione è stata presa dal governo di Sofia dopo che lo stesso primo ministro bulgaro, Kiril Petkov, si era lamentato delle condizioni “di lusso” garantite agli ucraini ora costretti a sloggiare dagli alberghi per lasciare il posto ai turisti. Ma quel che è peggio, il passo indietro sul programma di ospitalità è arrivato senza predisporre adeguati piani per il ricollocamento dei profughi in altre strutture. Con il risultato che diverse famiglie sono finite o rischiano di finire per strada da un giorno all'altro.

Circostanze che hanno spinto le associazioni a tutela dei rifugiati a chiedere le dimissioni della vicepremier Kalina Konstantinova, ritenuta la responsabile del pasticcio. La vicepremier si è prima difesa, spiegando di aver fornito degli alloggi alternativi ai profughi, ma che solo 300 persone hanno accettato il trasferimento, a fronte dei 110mila ucraini che hanno ricevuto protezione temporanea e riparo. "Sono capricciosi", ha aggiunto Konstantinova, minacciando di lasciare per strada coloro che rifiuteranno ancora il trasferimento: "Non possiamo pagare pullman che partono vuoti".

Il piano di accoglienza della Bulgaria, finora, ha fatto affidamento in larga parte sulle strutture alberghiere lungo la costa del Mar Nero, in gran parte vuote durante questi mesi. Il prezzo del soggiorno di un rifugiato è di 600 euro al mese, una cifra enorme se parametrata al salario minimo bulgaro, che è di 360 euro, e alla pensione media, che ammonta a 300 euro mensili. Per quanto l'esborso sia stato coperto con i fondi dell'Unione europea, le spese di soggiorno dei rifugiati hanno sollevato proteste, in particolare da parte del partito nazionalista e filo-russo Vazrazhdane, i cui sostenitori hanno condotto una potente campagna sui social media.

Stretta tra i due fuochi, e visto anche l'imminente arrivo della stagione turistica, Konstantinova ha predisposto un piano per spostare i rifugiati dalla costa all'entroterra. Si calcola che circa 60mila ucraini abbiano ricevuto l'ordine di sfratto entro il primo giugno. Il problema, sottolineano le associazioni umanitarie, è che i rifugiati non hanno avuto informazioni adeguate su dove sarebbero stati trasferiti. Inoltre, diversi rifugiati hanno lamentato che alcune strutture alberghiere dell'entroterra si trovano in zone remote, lontane da centri abitati e ospedali. Un problema non da poco soprattutto per i più anziani e per le famiglie con bambini. “Nessuno andrebbe con il proprio figlio in un luogo sconosciuto. Questo è l'istinto di ogni madre. E nessuno può permettersi di minacciare le persone bisognose che cercano riparo, cibo e assistenza sanitaria", dice il movimento 'Stiamo arrivando', che ha chiesto le dimissioni di Konstantinova.

Quando le testimonianze raccolte dalla società civile sono emerse sui media, la vicepremier ha dovuto fare un passo indietro e scusarsi: “Voglio scusarmi con quei cittadini bulgari e ucraini che si sono sentiti colpiti dalle mie parole. Questo non era il mio obiettivo", ha detto Konstantinova durante un'audizione parlamentare.

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