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Martedì, 23 Aprile 2024
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Salvi i tour europei degli artisti britannici, per loro niente visto in Italia e altri 18 Stati

Gli artisti avevano piùvolte denunciato che con la Brexit suonare all'estero sarebbe diventato proibitivo soprattutto per i giovani emergenti

Alla fine i musicisti britannici hanno vinto la loro battaglia e potranno andare in tour in 19 Stati membri dell'Unione europea, tra cui l'Italia, senza dover ottenere un costoso visto di lavoro per loro e il loro staff. Lo ha annunciato il governo del Regno Unito che ha spiegato che starà poi ai singoli Paesi stabilire la lunghezza del periodo in cui sarà possibile per i musicisti viaggiare e lavorare senza senza la documentazione ormai necessaria per altri impieghi a causa della Brexit.

Le nazioni che hanno aderito all'iniziativa sono oltre all'Italia: Austria, Belgio, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia, Svezia e Ungheria. Su una base di reciprocità, Londra consentirà a sua volta ai musicisti provenienti da queste 19 nazioni di andare in tour nel Regno Unito senza visto per un periodo massimo di tre mesi.

L'industria musicale britannica, per la quale il mercato della musica dal vivo europeo vale quasi quattro volte quello statunitense, aveva lamentato l'assenza di norme che regolassero la materia nell'accordo sulla Brexit. Alcuni mesi fa era stata pubblicata sul Times una lettera - firmata da stelle della musica come Ed Sheeran, Elton John, Liam Gallagher, i Glass Animals e i Sex Pistols - che sottolineava come, in mancanza di un accordo, "i costosi permessi di lavoro" e "la montagna di burocrazia per l'equipaggiamento" avrebbero reso le tourné proibitive soprattutto per i musicisti giovani ed emergenti.

La campagna Let the Music Move - sostenuta da artisti come Radiohead, The Chemical Brothers, Sampha, Annie Lennox e New Order - ha lamentato, in una dichiarazione a EuroNews, che l'annuncio del governo "è un'ammissione di fallimento, fallimento nel rispettare le promesse del governo sul salvaguardare il futuro della nostra industria durante i negoziati, fallimento nel sistemare la questione, come aveva dichiarato il primo ministro lo scorso marzo, fallimento nel dare certezza sui tour in quasi un terzo dei Paesi Ue, otto mesi dopo che l'industria musicale si è trovata di fronte uno scenario da no deal".

"Resta di fatto che l'industria musicale britannica è in una posizione più sfavorevole rispetto a prima del 1 gennaio", ha affermato un portavoce della campagna, che ha chiesto al governo di esporre i requisiti che dovranno rispettare musicisti e tecnici in tutte le 27 nazioni Ue, in particolare quelle che non hanno aderito all'intesa, tra le quali spicca la Spagna. Il sindacato di categoria Musicians' Union ha parlato di "sviluppo positivo" ma si è riservata di esaminare i dettagli del protocollo prima di emettere un giudizio compiuto.

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