rotate-mobile
Venerdì, 19 Aprile 2024
I possibili scenari

L'avanzata delle destre in Europa, nel nome della lotta al Green deal

I recenti successi in Spagna e Grecia rinforzano l'ipotesi di un'alleanza tra i popolari di Weber e i conservatori di Meloni. A cui potrebbe aggiungersi anche Macron. Tutti uniti dallo stesso obiettivo: frenare la transizione ecologica

La destra continua ad avanzare in Europa, non solo nei sondaggi, ma anche nei più recenti risultati elettorali a livello nazionale e locale. Dopo il trionfo alle elezioni generali in Grecia del partito di centrodestra Nuova democrazia (e il buon risultato degli ultranazionalisti di Soluzione greca), è arrivata in Spagna la netta affermazione alla consultazioni locali del Partito popolare e la conferma di Vox come terza forza del Paese iberico. Mentre in Germania gli ultimi sondaggi danno non solo il duo Cdu-Csu in vetta, ma segnano anche il sorpasso dell'Afd a danno dei Verdi, seconda forza del governo del socialdemocratico Olaf Scholz. Un sorpasso, questo, che solleva in qualche uno dei punti di forza dell'avanzata nei consensi di partiti e movimenti di destra: l'opposizione alle politiche ambientali dell'Unione europea, ossia al pacchetto di misure del Green deal.

Le convergenze a destra

Certo, il pugno duro contro l'immigrazione illegale è ancora uno dei cavalli di battaglia irrinunciabili per moderati, conservatori e sovranisti. Ma è sulla transizione ecologica e sui suoi contraccolpi per imprese e lavoratori che il variegato universo della destra europea sta trovando punti di contatto che potrebbero stravolgere gli equilibri in Ue. Tanto più che il conto alla rovescia per le prossime elezioni europee, previste nel giugno 2024, è appena cominciato. Anticipato già da qualche tempo dalle manovre al Parlamento europeo del Ppe, i popolari guidati dal tedesco Manfred Weber, il quale è sempre più vicino ai conservatori dell'Ecr, il partito Ue di Giorgia Meloni e dei polacchi del Pis, ma anche degli spagnoli di Vox e di Soluzione greca. Senza dimenticare i Democratici svedesi, che da seconda forza del Paese sono diventati indispensabili per il governo di centrodestra di Stoccolma, anch'esso fresco vincitore alle urne.

Weber incontra Meloni

Stando ai sondaggi raccolti da Politico nei 27 Stati membri, se si andasse a votare domani per il rinnovo del Parlamento europeo, l'Ecr di Meloni agguanterebbe 80 seggi, una ventina in più rispetto al voto del 2019. Il Partito popolare europeo di Weber (e di cui fa parte Forza Italia) si aggira sui 163 seggi, in flessione rispetto alle ultime elezioni. Ma l'impronta sempre più a destra che Weber sta cercando di dare al principale partito Ue sembra che stia pagando, e potrebbe portare a recuperare il terreno perduto in questi anni. Anche facendo a meno di Fidesz, il partito di Viktor Orban, espulso dal Ppe.

In questa strategia, per il momento, resta fuori Identità e democrazia (Id), la "terza gamba" del centrodestra europeo, al cui interno ci sono la Lega di Matteo Salvini, il Rassemblement national di Marine Le Pen e i tedeschi dell'Afd. L'ipotesi di una grande alleanza di destra tra Ecr e Id sembra oramai tramontata, tanto più dopo la guerra in Ucraina, che ha esacerbato le divisioni tra il partito più antirusso d'Europa, il Pis polacco, e le simpatie filo-Putin espresse a più riprese in passato dai membri di Id, e a fatica dissimulate più di recente.     

La stanza dei bottoni

Per l'Ecr l'obiettivo è entrare nella stanza dei bottoni che governa l'Unione europea. Nella stanza, a oggi, ci sta lo stesso Ppe insieme al Partito socialista europeo (Pse) e ai liberali di Renew Europe (e del presidente francese Emmanuel Macron). Membro dell'alleanza che governa l'Eurocamera e che rappresenta la cosiddetta "maggioranza Ursula" (dal nome della presidente della Commissione von der Leyen) è anche, seppure sotto forma di appoggio esterno, il partito dei Verdi europei. I quali attualmente sono accreditati di appena 40 seggi contro i 68 conquistati nel 2019. La maggioranza Ursula è sempre meno tale, e la battaglia interna al Ppe la sta indebolendo ancora di più: già, perché per quanto entrambi tedeschi ed entrambi esponenti dell'unione democristiana, Weber e von der Leyen sono palesemente ai ferri corti. Con il primo che ha cominciato a prendere a picconate il Green deal su cui la seconda ha costruito il suo mandato.

Le mosse di Macron e Weber

In questo, Weber sta trovando una sponda non da poco nei governi Ue, non solo in quelli guidati da partiti da sempre critici contro le misure ecologiste di Bruxelles come l'esecutivo polacco e adesso quello italiano. Anche Germania e Francia stanno mettendo un freno non da poco alle ambizioni climatiche dell'Europa. Il caso più eclatante finora è stata la giravolta last minute di Berlino, impressa dai liberaldemocratici di Fdp (terza gamba del governo Scholz), al regolamento che ha messo al bando le vendite di auto a benzina e diesel, approvato alla fine con un allegato che potrebbe rinviare l'addio al motore a combustione. Parigi, che aveva espresso il suo disappunto per le mosse tedesche sulle auto, si è poco dopo allineata agli scettici del Green deal, con il presidente Macron a chiedere pubblicamente all'Ue di mettere in "pausa" l'avanzamento della sua strategia ecologista.

Macron al Parlamento europeo

Il "freno" di Macron arriva giusto quando sul tavolo delle discussioni a Bruxelles stanno arrivando due testi centrali per il futuro dell'agroalimentare europeo, la legge che mira a eliminare i pesticidi e quella sul ripristino della natura, volta a ridurre i terreni e le aree marine destinati alle attività di allevatori e pescatori. Si tratta di due testi su cui il Ppe aveva già in precedenza annunciato la sua opposizione. Sulla legge per il ripristino della natura, la convergenza tra centrodestra e i liberali di Renew Europe (il gruppo di Macron per l'appunto, ma anche dell'Fdp tedesca) ha già portato a un doppio successo: le commissioni Agricoltura e Pesca del Parlamento europeo hanno bocciato la proposta.

L'attacco al Green deal

Frenare il Green deal "agroalimentare" (ossia il suo corollario ribattezzato Farm to fork) sembra fare proseliti tra i partiti europei in cerca di voti. Il caso olandese ha fatto scattare l'allarme: qui, il neonato partito degli agricoltori Bbb ha stravinto le recenti elezioni locali mettendo sotto pressione il governo del liberale Mark Rutte (altro alleato di Macron). Bbb è nato tra le file degli allevatori olandesi, che da mesi contestano con forza (e anche manifestazioni violente) il piano del governo, sollecitato da Bruxelles, che mira a ridurre gli allevamenti intensivi nel Paese.

Lo scontro per l'acqua che divide l'Europa

L'eco delle proteste olandesi si è sparso in giro per l'Europa, dove le principali organizzazioni agricole temono il progressivo dispiegamento delle misure delineate da Farm to fork. Un altro esempio eclatante arriva dalla Spagna, dove il Pp e Vox stanno avendo gioco facile a guadagnare consensi in quella che un tempo era il bastione della sinistra, l'Andalusia: qui, l'agricoltura intensiva, principale industria della regione, sta facendo i conti con la siccità, ma nonostante questo non intende ridurre i suoi consumi d'acqua, e ha lanciato una sfida al governo centrale di Sanchez e a Bruxelles, che chiedono invece piani di contenimento dello sfruttamento delle risorse idriche. Soffiando su questo malcontento, i popolari del Pp e i conservatori di Vox hanno prima conquistato la maggioranza nel governo regionale, e domenica scorsa hanno espugnato Siviglia. 

Nuovi equilibri

Macron, che sta ancora leccandosi le ferite per la perdita di consensi dovuta alla riforma delle pensioni, non intende perdere ancora terreno e ritrovarsi a piangere una disfatta alle prossime elezioni europee, a tutto vantaggio di Marine Le Pen. Ecco perché è proprio alla sua destra che il leader francese sembra guardare con maggiore insistenza: l'invito a una "pausa" sul Green deal da un lato, ma anche norme più rigide sull'immigrazione potrebbero essere per lui la chiave per recuperare nei sondaggi. 

Tutti questi movimenti cominciano a delineare una possibile grande alleanza europea che va dal Ppe, passando dai liberali, fino alla destra conservatrice di Meloni. Stando alle proiezioni attuali, l'inedito trio avrebbe i numeri per ottenere una maggioranza al Parlamento europeo, anche se non sarebbe così larga da far dormire sonni tranquilli. Nonostante i socialisti abbiano annunciato di voler porre fine alla storica collaborazione a Bruxelles con il Ppe, in molti vedono ancora come fantapolitica la prospettiva di un centrosinistra all'opposizione all'Eurocamera. Quale che sarà la quadra all'indomani del voto del giugno 2024, però, a oggi sembra sempre più probabile che gli equilibri nelle stanze dei bottoni dell'Ue cambieranno. E a farne le spese potrebbe essere soprattutto la transizione ecologica del continente.      

Continua a leggere su Today

         

Sullo stesso argomento

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Today è in caricamento