AstraZeneca, i rischi per i giovani evidenziati dall'Ema a fine aprile: ecco lo studio sulle trombosi
I dati diffusi dall'Agenzia europea del farmaco affermavano che il rapporto rischi benefici tra i ventenni era meno favorevole che tra le persone più adulte
L’efficacia del vaccino AstraZeneca nel prevenire i contagi di Covid-19 non va messa in dubbio, così come la sicurezza sanitaria delle dosi approvate per l’uso di massa da tutte le agenzia governative dei Paesi più avanzati al mondo. Però, come emerge dallo studio pubblicato lo scorso 23 aprile dall’Agenzia europea per i medicinali (Ema), gli effetti indesiderati del vaccino sviluppato dalla casa farmaceutica anglo-svedese potrebbero rappresentare, per le fasce d’età più giovani, un rischio maggiore rispetto ai benefici generali. In presenza di alternative, potrebbe dunque essere preferibile - per una strategia di massima cautela - usare un altro tipo di dosi.
È quanto si evince dai grafici allegati allo studio condotto dall’Ema, nei quali è evidente che nella fascia 20-29 anni la mortalità da coronavirus sia vicina allo zero, anche in presenza di un’alta circolazione dalla patologia. Al contrario, l’incidenza delle trombosi successive al vaccino è pari a una media di 1,9 casi ogni 100mila persone under 30 che vengono vaccinate con una dose AstraZeneca. È bene ricordare che solo una minima parte dei casi di trombosi post-vaccino causano il decesso del paziente. In occasione della conferenza stampa dello scorso 28 maggio, gli stessi esperti dell’Ema hanno inoltre chiarito che l'indice di mortalità collegato a questi rari eventi di reazione alle dosi è calato, probabilmente grazie a una maggiore consapevolezza del rischio e a una reazione più efficace e tempestiva da parte dei medici.
Tuttavia, lo studio reso noto a fine aprile mette in evidenza altri dati che hanno portato diversi Paese Ue a escludere dalla somministrazione le fasce d’età più giovani. Ad esempio, quando la diffusione del virus cala a un massimo di 55 contagi ogni 100mila abitanti, anche la mortalità del Covid diminuisce per tutte le fasce d’età attestandosi intorno allo zero per gli under 40. Dall’altra parte del grafico, però, i casi di trombosi post-vaccino rimangono gli stessi, non essendo correlati alla circolazione del virus: 1,9 su 100mila vaccinati nella fascia 20-29 e 1,8 per quella 30-39.
In altre parole, in un contesto di bassa circolazione del Covid-19, gli under 40 hanno un rischio vicino allo zero di morire per cause legate al coronavirus. Ma, se gli viene somministrata una dose AstraZeneca, rischiano - seppure in rarissimi casi - di andare incontro a una trombosi. Un evento avverso che, bisogna sempre sottolinearlo, non è necessariamente un evento mortale. All’indomani della pubblicazione di questi dati, diversi Paesi Ue hanno deciso di cambiare la loro politica di gestione della campagna vaccinale. Il Belgio, ad esempio, ha scelto di limitare la somministrazione delle dosi AstraZeneca ai soli over 40. Una scelta che potrebbe prendere oggi anche il Comitato tecnico scientifico italiano.
Andando oltre i dati sulla fatalità del virus comparata con l’incidenza degli effetti collaterali, emerge maggiormente l’effetto positivo della vaccinazione AstraZeneca. Il farmaco sviluppato in partnership con l’Università di Oxford si dimostra particolarmente efficace nel prevenire i ricoveri in terapia intensiva, come dimostra il seguente grafico riferito a un contesto di alta circolazione del virus (almeno 886 contagi ogni 100mila abitanti).
Come si può notare dall’infografica, la percentuale di ricovero in terapia intensiva anche nella fascia d’età under 30 è tre volte superiore all’incidenza delle trombosi post-vaccino. Una conferma dell’effettivo contributo delle somministrazioni AstraZeneca nella riduzione della pressione sugli ospedali in un periodo di alta diffusione del virus. Con il miglioramento della situazione epidemiologica è però normale che le autorità sanitarie si interroghino sul rapporto tra rischi e benefici e che agiscano di conseguenza, selezionando bene quale tipo di vaccino utilizzare per ogni fascia d'età, e magari limitando l’uso di determinate iniezioni alle fasce d’età più esposte alle conseguenze del contagio che ai potenziali effetti collaterali.