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Venerdì, 29 Marzo 2024
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"Con il sesso curiamo le persone con disabilità"

Viaggio nel centro che offre assistenza sessuale ai disabili, uomini e donne: "Il nostro servizio riduce l'uso dei farmaci e combatte la depressione"

Alle porte di Bruxelles, in quella che un tempo era la zona dei ritiri estivi della borghesia cittadina, c'è un centro di assistenza alle persone con disabilità che è balzato ogni onori delle cronache francesi da quando Le Monde ha scoperto che qui arrivano ogni mese centinaia di transalpini. A spingerli al viaggio verso l'hinterland della Capitale europea è il bisogno di una particolare cura di cui hanno bisogno e che in Francia come in altra parti d'Europa resta oggi ancora un tabù: il sesso. 

Già, perché qui, tra le ville di Braine-L'Alleud, da 8 anni un'associazione offre servizi di accompagnamento sessuale alle persone con disabilità. In Belgio, la prostituzione vive in una sorta di limbo, ma di fatto è tollerata. Ed è grazie a questa zona grigia che Pascale Van Ransbeeck, psicoterapeuta e direttrice di Aditi WB, è riuscita a costruire un team di esperti che aiutano disabili, a prescindere dal genere, a fare i conti con la loro sessualità. Ma guai a pensare che si tratti di semplice sesso a pagamento: "Alcune persone riacquistano fiducia in se stesse, altre riescono a ridurre l’uso di farmaci perché si sentono meglio. Questo è un servizio sociale e terapeutico che riduce la depressione e la solitudine", dice orgogliosa Van Ransbeeck.

Com’è nato questo progetto?

"L’associazione Aditi nasce nelle Fiandre nel 2009. Una collega lavorava in una grande istituzione con 300 tra bambini, adolescenti e adulti con disabilità. La direzione di quell’azienda disse alla nostra collega che era importante offrire dell’educazione sessuale a quelle persone, così si cominciò a fornirla ma subito si moltiplicarono richieste del tipo “Ok, ho ricevuto l’educazione sessuale, ma ora cosa posso fare concretamente?”. Queste persone indagarono presso altre grandi istituzioni/aziende e ottennero ovunque la stessa risposta, cioè nulla. Quindi si misero a discutere anche con un avvocato, dal momento che la legge belga tollera la prostituzione. Era il 2008. Allora hanno pensato a come fornire un’opportunità per le persone con disabilità di sperimentare la sessualità, e dopo aver capito in quale direzione andare l’anno successivo venne fondata Aditi, dapprima nelle Fiandre e poi, nel 2013, anche nel Belgio francofono".

Qual è la mission di Aditi? Cosa vi guida?

"Non ci ho pensato un attimo quando la mia collega fiamminga mi ha chiesto di portare questa realtà nel Belgio francofono. Mi pare evidente che per le persone con disabilità è più difficile affrontare la sessualità: persino la masturbazione è impossibile da solo se non hai le mani. Per me era chiaro che doveva essere creato qualcosa come Aditi per aiutare questi soggetti ad affrontare la propria sessualità. In fin dei conti la sessualità è un diritto umano, dunque si tratta di aiutare queste persone a godere di questo diritto, a esplorare liberamente la propria sessualità".

Di cosa parliamo quando ci riferiamo all’assistenza sessuale per disabili?

"Molti pensano che ruoti tutto intorno al sesso, ma in realtà c’è molto di più: alcune persone riacquistano fiducia in se stesse, altre riescono a ridurre l’uso di farmaci perché si sentono meglio, si riduce la depressione e la solitudine ecc. Certo il lato sessuale è centrale, ma c’è anche una sfera emotiva e psicologica altrettanto fondamentale. Ecco perché è un processo ed ecco perché ogni processo è su misura: perché oltre all’atto sessuale occorre affrontare anche i bisogni psicologici delle persone. Ogni persona è unica nella sua disabilità, nelle sue emozioni e nei suoi bisogni. E Aditi non è l’unica soluzione per le persone con disabilità, è solo una parte di una risposta più ampia. Alcune persone possono andare con le prostitute, altre ancora riescono a trovare da sole il proprio partner, altre preferiscono restare sole. Ognuno reagisce a modo suo".

Avete incontrato qualche tipo di resistenza “culturale” verso il vostro lavoro?

"Molte persone ritengono l’assistenza sessuale una cosa disgustosa, ma non considerano che potrebbero essere loro stessi ad averne bisogno all’improvviso. Molta gente tende a considerare la disabilità come una condizione che arriva dalla nascita, ma non è sempre così: in effetti, ogni giorno potremmo diventare disabili per cause diverse. E molte persone conoscevano la propria sessualità prima di diventare disabili, dunque Aditi è importante anche per loro. È importante per tutti noi, perché non sappiamo cosa può succedere domani, potremmo diventare disabili e avere ancora voglia di avere una vita sessuale. Spesso le coppie vanno in crisi quando uno dei partner diventa disabile, ed è molto dura per queste persone rimanere sole e trovare delle nuove relazioni, specialmente in termini di sessualità, perché devono scoprirla e affrontarla da zero e adattarla alla loro nuova condizione. Penso sia anche importante sottolineare che l’assistenza sessuale riguarda uomini e donne allo stesso modo, le persone eterosessuali o di qualunque altro orientamento di genere, è un discorso molto ampio e include molti aspetti diversi. A volte le persone pensano che quello che facciamo sia mettere il corpo delle donne a disposizione di uomini disabili ma in effetti è molto più di questo. La disabilità non discrimina tra uomini e donne, né tra eterosessuali o omosessuali. La sessualità è un tabù, la disabilità è un tabù: e quando sei una donna disabile in cerca di scoprire la tua sessualità, è un tabù enorme".

Quali servizi offrite?

"Fondamentalmente ci occupiamo di tutto il range, dalla semplice conversazione verbale al rapporto sessuale completo, dipende da cosa richiede il beneficiario e da cosa l’assistente è disposto a fare, perché nessuno può fare tutto e ognuno ha i suoi limiti, ma si va dal bacio al massaggio al rapporto completo. A volte ci occupiamo di beneficiari autistici e ad esempio per loro la masturbazione è difficile, perché non sanno come approcciarsi e talvolta finiscono per farsi male da soli, dunque gli assistenti gli insegnano come fare. Altri aiutano le coppie, soprattutto nel caso in cui entrambi i partner abbiano disabilità".

Gli assistenti sono alle vostre dipendenze o sono esterni?

"Purtroppo non esistono statuti per i lavoratori in ambito sessuale, anzi stiamo attualmente combattendo una battaglia politica perché possano essere riconosciuti. Al momento non possiamo avere un contratto giuridico con loro, ma solo un “contratto morale”. Non possiamo assumerli".

Quindi la vostra organizzazione funziona fondamentalmente come un intermediario tra i beneficiari e gli assistenti?

"Si, in un certo senso, ma è un processo. Noi forniamo formazione per gli assistenti e percorsi personalizzati per i beneficiari. Non succede tutto in una volta sola: c’è un primo incontro in cui si esplorano le richieste e si vede se possiamo fornire aiuto. Dobbiamo capire qual è la disabilità e capire cosa la persona può e non può fare, in modo da far andare tutto nel verso giusto quando incontrerà l’assistente sessuale. Comunque gli assistenti sono sempre liberi di dire cosa va bene e cosa no. Non è immediato diventare assistenti, c’è tutto un processo, ci sono interviste, c’è la formazione, ed è sempre tutto basato sul consenso".

Avete delle strutture vostre, o gli assistenti lavorano altrove?

"No, mai a casa degli assistenti. Loro vanno nelle aziende/istituzioni del beneficiario, o a casa sua, o in albergo. Ma non c’è nessuna struttura fisica di proprietà di Aditi. Io stessa lavoro da casa, non ho un ufficio".

Qual è il vostro target? Come vi raggiungono i potenziali beneficiari?

"Quando una persona con disabilità può farlo ci contatta autonomamente. Noi non possiamo fare pubblicità, quindi ci affidiamo molto al passaparola, ma abbiamo anche un sito web e talvolta ci sono delle convention sul tema".

State parlando di eventi pubblici?

"Sì, ad esempio una collega è appena a un festival cinematografico, incentrato sulla disabilità. Loro ci hanno invitati così che possiamo spiegare al pubblico chi siamo e cosa facciamo".

Dunque si tratta di awareness-raising. E funziona?

"Stiamo diventando sempre più conosciuti in Belgio, sì. E abbiamo crescenti contatti anche dalla Francia, perché lì la prostituzione è vietata, dunque in molti vengono qui". 

Quindi avete un’audience internazionale?

"Abbiamo contatti con altri Paesi e con altre associazioni, ma non abbiamo beneficiari in altri Paesi. Ogni Paese ha la sua organizzazione, ma ogni organizzazione è diversa. A seconda del Paese, può esserci un accento su un particolare aspetto, ad esempio sulla sensualità anziché sulla sessualità".

E queste associazioni si parlano? Esiste una rete europea o qualcosa del genere?

"Ci piacerebbe molto crearne una, ma non abbiamo il budget per farlo. Siamo interessati ad un progetto del genere per il futuro, se riusciremo ad avere le risorse adeguate. Qualche anno fa, abbiamo ricevuto un po’ di fondi dall’Ue e abbiamo organizzato una conferenza con diverse associazioni, giusto per conoscersi e capire le diverse modalità di lavoro nei vari Paesi e confrontarsi".

Sapete di qualche associazione come la vostra in Italia?

"Anche in Italia esistono realtà simili. Tra i partner di Aditi, per esempio, c’è l’associazione bolognese LoveGiver, che si occupa di assistenza all’emotività, all’affettività e alla sessualità per soggetti con disabilità, ma il loro orientamento è più verso la sensualità che non la sessualità".

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