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Martedì, 23 Aprile 2024
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Altro che lotta al Covid, pensava solo alle sue aziende: l'accusa Ue al 'dimissionario' Ferrari

L’ex presidente del Consiglio europeo della ricerca dice di essersi dimesso perché inascoltato dalle istituzioni e “deluso dalla risposta al coronavirus”. Ma spunta fuori il voto sfiducia dei suoi colleghi. Nel 2014 le polemica sul caso Stamina

“Venerdì 27 marzo, tutti e 19 i membri del comitato scientifico del Consiglio europeo della ricerca hanno chiesto all'unanimità che Mauro Ferrari si dimettesse dalla sua carica di presidente del Cer”. Così un comunicato degli ormai ex colleghi di Mauro Ferrari, presidente dimissionario dell’agenzia dell’Unione europea dedicata alla ricerca scientifica. Prima di loro, era intervenuto il portavoce di Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, per mettere in chiaro che anche se “la presidente si rammarica di queste dimissioni”, alcune cose dichiarate da Ferrari non corrispondono alla realtà dei fatti. Ad esempio, spiega la Commissione “non è corretto che la von der Leyen ha chiamato Ferrari” perché “è successo il contrario” prima dello strappo finale. 

"Mancanza di impegno"

Ma chi mette in discussione più di tutti quanto dichiarato da Ferrari - ovvero che il suo addio al Cer è dovuto alla sua delusione “per la risposta europea al Covid-19” tale da averlo portato a “perdere la fiducia nel sistema stesso” - sono i membri del comitato scientifico del Centro. In un comunicato, dichiarano che “durante i suoi tre mesi di mandato, il professor Ferrari ha mostrato una totale mancanza di apprezzamento per la ragion d’essere del Cer”, un’organizzazione “a supporto di un'eccellente scienza di frontiera, progettata e implementata dai migliori ricercatori in tutta Europa”. Il professor Ferrari, proseguono gli ex colleghi, “non ha compreso il contesto del Cer nell'ambito del programma di ricerca e innovazione dell'Ue Orizzonte 2020”. “Dalla sua nomina - si accusa nel comunicato - il professor Ferrari ha mostrato una mancanza di impegno”, “non riuscendo a partecipare a molti incontri importanti, trascorrendo molto tempo negli Stati Uniti e non difendendo il programma e la missione del Cer” in varie occasioni. 

"Precedenza alle sue attività commerciali"

“Al contrario - prosegue il comunicato - il professor Ferrari ha intrapreso diverse iniziative personali all'interno della Commissione, senza consultare o attingere alla conoscenza collettiva del comitato scientifico, e usando invece la sua posizione per promuovere le proprie idee”. Infine, “il professor Ferrari è stato coinvolto in diverse imprese esterne, alcune accademiche e altre commerciali, che hanno impiegato molto tempo e sforzi”. Tali attività “sono apparse, in diverse occasioni, avere la precedenza sul suo impegno nel Cer”. “Il carico di lavoro associato a queste attività si è rivelato incompatibile con il mandato del presidente del comitato scientifico”, concludono gli esperti, motivandone la sfiducia.

La ricerca sul coronavirus

Con riferimento alle proposte di Ferrari per contrastare il Covid-19, “non abbiamo sostenuto un'iniziativa perché non è di nostra competenza”, aggiungono i membri del comitato scientifico. “In realtà - si legge - molti ricercatori finanziati dal Cer sono da tempo attivi nella ricerca sulla famiglia dei coronavirus e su molti altri agenti patogeni altrettanto pericolosi”. “Oltre 50 progetti Cer in corso o completati, sostenuti per un valore totale di circa 100 milioni di euro, stanno contribuendo alla risposta alla pandemia di Covid-19 - ricordano gli esperti - fornendo approfondimenti da diversi campi scientifici quali: virologia, epidemiologia, immunologia, percorsi per nuove diagnosi e trattamenti, sanità pubblica, dispositivi medici, intelligenza artificiale, comportamento sociale, gestione delle crisi”.

Il caso Stamina

Ferrari è uno dei più affermati esperti a livello mondiale in materia di nano/micro tecnologia batterica. Nel 2014, era stato scelto dall'allora ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, per presiedere la commissione di esperti che avrebbe dovuto valutare la scientificità del metodo Stamina. Ma l'incarico non gli fu mai dato per via di un'intervista a Le Iene, programma accusato di essere pro-Stamina, nel quale lo scienziato aveva definito il metodo come “il primo caso importante di medicina rigenerativa in Italia”. Queste parole furono duramente contestate da più parti, in particolare da diversi esponenti del mondo scientifico italiano. Lui si difese assicurando “di non essere né a favore né contro" il trattamento”. “L'unico modo per valutare seriamente la metodica è essere imparziale. Ma mi sembra che una parte della scienza italiana trovi l'affermazione di imparzialità una cosa offensiva. Sono finito sotto attacco da distinti colleghi che vogliono farmi apparire di parte”, disse a Repubblica. 

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