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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Come una fabbrica di Anagni è diventata il centro Ue di distribuzione dei vaccini

AstraZeneca: “Vaccini prodotti all’estero e solo infialati in Italia”. Lo stesso percorso che seguirà il mono-dose Johnson & Johnson per aggirare il divieto all'export imposto dagli Usa

La cittadina di Anagni è finita sui giornali di tutto il mondo dopo lo scoop de La Stampa. Il giornale di Torino ha infatti rivelato che all’interno dello stabilimento laziale, dove le dosi vaccinali vengono divise in fiale prima dei controlli finali e della distribuzione, ci sono ben 29 milioni di dosi AstraZeneca. Un numero impressionante, considerati i ritmi di produzione nell’Ue della casa farmaceutica anglo-svedese, che finora ha consegnato ai Paesi dell’Unione solo 16,6 milioni di dosi a fronte delle 120 milioni che l’azienda si era impegnata a consegnare nel primo trimestre dell’anno. 

La spiegazione di AstraZeneca

Dopo ore di tira e molla sul destinatario delle fiale in magazzino, la casa farmaceutica è intervenuta con una nota per “chiarire alcune affermazioni imprecise” diffuse nelle ultime ore. Delle 29 milioni di fiale custodite “13 milioni sono in attesa del controllo di qualità per poi essere spedite al Covax”, cioè al programma internazionale nato per portare i vaccini ai Paesi poveri o in via di sviluppo. Le altre 16 milioni di dosi resteranno invece “in Europa”. Nella serata di ieri i primi due lotti sono partiti per il Belgio, dove le dosi dovrebbero poi essere ripartite tra i Paesi Ue che ne hanno fatto richiesta. I vaccini ‘scoperti’ nelle ultime ore “sono stati realizzati fuori dall'Ue e portati nello stabilimento di Anagni per l’infialamento”, ha precisato AstraZeneca. 

Infialare le dosi

Al netto delle valutazioni sulla scarsa trasparenza che ha fatto sfuggire ai radar delle autorità italiane (poi informate dalla Commissione europea) la presenza di una vera e propria scorta di vaccini a meno di 100 chilometri dalla capitale, resta da spiegare il motivo dell’accumulo di tutti quelle dosi nello stabilimento laziale. Il centro di Anagni si è ritagliato un ruolo importante in un processo industriale a prima vista poco rilevante, ma in realtà fondamentale. Infialare le dosi in Italia permette, infatti, alle case farmaceutiche di evitare i blocchi alle esportazioni come quello imposto ufficialmente dagli Stati Uniti. Di fatto, anche dal Regno Unito non è ancora arrivata all’Ue nessuna dose di vaccino, un dato al centro delle nuove tensioni tra le due sponde della Manica. 

L'escamotage anti-divieto

L’importanza dello stabilimento in provincia di Frosinone, per quanto già evidenziata dalla cronaca di questi giorni, è destinata a crescere con l’arrivo del vaccino Johnson & Johnson. Il primo mono-dose approvato dall’Ema si appoggerà infatti allo stabilimento di Anagni per infialare le dosi prodotte altrove. Parte del preparato dovrebbe arrivare anche dagli Usa, dove vige un severo divieto di esportazione dei vaccini (recentemente revocato solo a favore di Messico e Canada). Infialare le dosi nel Lazio sarebbe dunque l’escamotage, secondo quanto si apprende a Bruxelles, che permetterebbe agli Usa di Joe Biden di aiutare l’Ue senza toccare il divieto all’export voluto da Donald Trump.

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