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Sabato, 20 Aprile 2024
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L'Albania contro la Bulgaria: "Blocca il nostro ingresso nell'Unione europea"

Le lamentele di Tirana durante una visita di von der Leyen. L’Ue spera di riuscire a sbloccare la situazione entro la fine dell’anno

L'Albania comincia a perdere la pazienza: dopo i ritardi dovuti alle resistenze della Francia, adesso il dito di Tirana è puntato contro la Bulgaria. Accusata, secondo il premier Edi Rama, di bloccare il suo ingresso nell'Unione europea.

Il "no" di Macron

I negoziati per l'adesione al blocco Ue del Paese, fortemente sostenuto dall'Italia, sono al palo da due anni: a fine 2019 sembrava ormai cosa fatta. Ma di mezzo si mise il premier Emmanuel Macron, che pose di fatto un veto. Per il leader francese si trattava di un problema tecnico legato ai criteri fissati da Bruxelles per l'adesione, considerati poco stringenti (visti anche i precedenti dell'allargamento a Est). Ma in realtà a bloccare Tirana c'è anche (se non soprattutto) una questione politica e di equilibri di potere in seno all'Ue: il nodo non è tanto l'Albania, ma la Macedonia del Nord. 

Già, perché l'allargamento ai Balcani occidentali a cui sta lavorando l'Europa prevede un "pacchetto" con due Paesi: Albania e Macedonia. Se entra l'una, deve entrare anche l'altra. E la Macedonia del Nord ha da tempo posto una serie di grattacapi a Bruxelles. Prima c'era l'annosa questione con la Grecia, alleato di ferro della Francia (da cui ha da poco acquistato 5 miliardi di euro di armamenti): Atene e Skopje, capitale macedone, sono storicamente ai ferri corti per la contesa su una regione greca, che si chiama per l'appunto Macedonia. Nel 2018, l'allora governo ellenico di Alexis Tsipras raggiunse uno storico accordo con Skopje, che accettò di modificare il proprio nome da "Macedonia" a "Macedonia del Nord", promettendo di fatto di non avanzare in futuro pretese sulla regione omonima della Grecia. 

Il veto della Bulgaria

L'accordo sembrò sbloccare l'impasse. E lo scorso marzo, la Commissione aveva (ri)proposto l’avvio dei negoziati. Ma tornati ai tavoli dei leader Ue ecco spuntare un nuovo veto, stavolta da parte della Bulgaria. Anche per Sofia il problema sarebbe la Macedonia del Nord, che i bulgari considerano parte del loro Stato e della loro Storia. Lo "scippo", secondo i nazionalisti della Bulgaria, è avvenuto con la guerra balcanica di inizio Novecento, che portò il territorio macedone nel Regno di Serbia, ed è proseguito con la nascita della Jugoslavia. Diverso il parere di Skopje, che rivendicano una identità e una lingua diverse rispetto alla Bulgaria, anche se i due idiomi sono molto simili.    

A prescindere da queste diatribe, per l'Albania resta il dato di fatto di trovarsi ancora una volta bloccata. E a Tirana si comincia a perdere la pazienza (anche perché la Bulgaria non ha certo il peso politico della Francia). Una visita del 28 settembre da parte della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen è stata l'occasione per il premier albanese Edi Rama di far emergere il disappunto del suo governo (e magari smuovere le acque): nel corso di una conferenza congiunta con von der Leyen, Rama ha definito il veto di Sofia “assurdo” e ha lanciato un appello a velocizzare i negoziati in vista del vertice dell'Ue sui Balcani occidentali che si terrà il prossimo 6 ottobre.

La reazione di Tirana

Rama ha affermato di “non scommettere più su una data per la conferenza intergovernativa. Noi abbiamo fatto quanto richiesto. Aperti o meno i negoziati, chiusi o meno i capitoli, questa è una questione del Consiglio europeo, anzi di un singolo Paese che si sveglia d'improvviso arrabbiato con un Paese candidato, e tiene poi in ostaggio un altro”. Le parole del premier non hanno lasciato indifferente la presidente che ha detto, rivolgendosi agli albanesi: “Vi abbiamo chiesto molto e voi avete risposto. Faremo di tutto per superare gli ostacoli che abbiamo al momento e che non dovrebbero fermare il processo di allargamento”. Von der Leyen ha ancheaggiunto di essere determinata a fare il possibile per riuscire ad avviare i negoziati di adesione prima della fine dell'anno.

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