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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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Le Ong denunciano continui abusi sui migranti a Calais: “È come una tortura”

Secondo le associazioni la tattica della polizia è quella di rendere insopportabile la vita dei rifugiati accampati in attesa di provare ad attraversare la Manica

Sgomberi e violazioni dei diritti umani da parte della polizia contro i migranti accampati a Calais, sulla costa nel nord della Francia. È la denuncia mossa da alcune Organizzazioni non governative che raccontano di azioni sempre più frequenti e in contrasto con il diritto francese e quello delle Nazioni Unite.

La denuncia

Secondo i dati di Human Rights Observers (Hro) nel 2020 a Calais ci sono stati 973 sfratti, quasi tre al giorno e più del doppio dei 452 registrati nel 2018. Solo a dicembre, 526 tende sono state sequestrate e sono stati effettuati 41 arresti. "Vengono alle cinque del mattino, girano intorno alla tua tenda e la tagliano con i coltelli", ha raccontato al Guardian un ragazzo di 20 anni del Sudan che è stato nel campo per cinque mesi, accampandosi tra i cespugli nella speranza di un giorno di attraversare la Manica e andare nel Regno Unito in barca o camion. "Mi è successo tante volte. Ci trattano come animali, non come esseri umani. In Sudan c'è la guerra, le persone vengono uccise, le donne vengono violentate. Ma per certi versi è meglio che qui", ha detto.  "È stato così per mesi", ha detto Isabella Anderson, una dei coordinatori sul campo di HRO. "Questi continui sfratti fanno parte di una politica del governo francese per logorare i richiedenti asilo, stancarli e toglier loro la speranza. È come una tortura", ha sottolineato. 

Le testimonianze

Sebbene sia difficile accedere a questi luoghi nei momenti delle azioni ci sono prove video e testimonianze che dimostrano ciò che gli attivisti affermano: violazioni persistenti dei diritti umani durante le operazioni di polizia, compreso l'uso eccessivo della forza e la distruzione di beni personali. Secondo le denunce sarebbero stati usati gas lacrimogeni contro i minori, un rifugiato eritreo sarebbe stato trascinato fuori dalla tenda da un trattore e un eritreo sarebbe stato colpito in faccia da un proiettile di gomma, costringendolo a restare ricoverato in ospedale per due mesi. Un rifugiato afghano, che ha compiuto 18 anni a dicembre, ha detto che i continui sgomberi hanno minato la sua salute mentale. "La polizia continua ad arrivare. Pensi che se piove non vengono, e invece lo fanno. Sono venuti persino a Capodanno, quando tutti erano felici", ha detto. "Prendono le nostre cose e dobbiamo stare fuori per molte ore, a volte da 10 a 12 ore. A loro non importa se sei minorenne", ha continuato. La maggior parte degli sgomberi vengono effettuati utilizzando la flagranza, una misura che consente alla polizia di allontanare gli occupanti di terreni privati se c'è stata una denuncia e sono rimasti lì per meno di 48 ore. Alcuni portano ad arresti ma spesso i rifugiati fuggono e poi ritornano.

Violazioni del diritto

Gli avvocati delle associazioni affermano che gli sgomberi rappresentano una violazione del diritto francese e delle Nazioni Unite sui diritti umani, con la misura di emergenza dispiegata "in modo errato e permanente". Secondo Margot Sifre, specializzata in sfratti per il supporto legale di beneficenza Cabane Juridique, "si tratta di un completo abuso del sistema", perché "in circostanze normali, uno sfratto richiede l'autorizzazione di un giudice, una diagnosi sociale per identificare le persone vulnerabili e la preparazione per fornire soluzioni di ricollocazione. Ma sotto flagranza, che dovrebbe essere una misura a breve termine, non ci sono basi legali e nessuna possibilità di appellarsi", ha spiegato. Anche per Bastien Roland, un avvocato che lavora a Calais, le tattiche sono "deliberatamente vaghe e difficili da contestare" e "il governo spende milioni di euro per rallentare questi rifugiati" che "proveranno comunque ad attraversare l'Inghilterra, ma con quanti traumi?", ha detto. 

Strategia deliberata

Dopo la distruzione del campo denominato la Giungla di Calais nel 2016 e di un altro grande campo improvvisato lo scorso settembre, gli sgomberi sono visti dalle autorità francesi come un'arma chiave per impedire che si creino questi punti di raccolta. Ora, a Calais e nella vicina Dunkerque, si stima ci siano 1.200 rifugiati, donne incinte e bambini inclusi. Circa 150 persone ora dormono sotto i ponti nel centro della città, dove gli enti di beneficenza non possono distribuire cibo, ma il 24 dicembre è stato emesso un ordine di sfratto dal tribunale amministrativo locale, previsto a breve. "Non so cosa farei se ci sfrattassero", ha detto un algerino di 17 anni che attualmente dorme sotto il ponte Mollien. "La loro strategia è indebolirci. Ma se tutto andasse bene nei nostri paesi, non ce ne saremmo andati. Non abbiamo scelta", ha detto.  La prefettura di Pas-de-Calais ha specificato in un comunicato che gli sgomberi "mettono fine alle occupazioni illegali" e hanno "un duplice obiettivo: impedire la ricostituzione dei campi insalubri e dare rifugio alla popolazione migrante". In particolare, "l'azione della polizia durante queste operazioni risponde a rigide regole etiche", ha aggiunto la prefettura.

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