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Venerdì, 29 Marzo 2024
Ambiente

"Altri 20 anni di vita alle vecchie centrali nucleari", l'idea della Commissione Ue da 50 miliardi di euro

La mossa servirebbe a mantenere i livelli correnti di produzione energetica. In Francia, 14 reattori dovrebbero chiudere i battenti entro il 2035

Cosa succede quando le centrali nucleari arrivano al fine vita? Normalmente, vengono smantellate. Ma la Commissione europea pare avere altri progetti. La commissaria Ue all’Energia, Kadri Simson, ha infatti proposto un “cambio di marcia” nel settore: estendere il ciclo di vita degli impianti già esistenti in modo da mantenere l’attuale livello di produzione energetica per altri tre decenni. La questione centrale è, ancora una volta, l’inclusione del nucleare tra le fonti "verdi" nella tassonomia dell’Ue, un inserimento che garantirebbe al settore di intercettare i maxi investimenti del Green deal europeo. Stando alle ultime dichiarazioni dei vertici dell'esecutivo comunitario, Bruxelles propende per il via libera.

Il nodo degli investimenti

Intervenendo all’inaugurazione dell’Esibizione nucleare mondiale a Parigi, la commissaria Simson ha sostenuto che “i termini della conversazione sull’energia nucleare in Europa stanno cambiando”. I motivi sono diversi: in primis l’emergenza climatica, per la quale sono necessari grandi quantitativi di elettricità a bassa intensità di carbonio (cioè la cui produzione genera poche emissioni di CO2) da affiancare all’energia prodotta tramite le rinnovabili. Poi ci sono gli sviluppi tecnologici, come quelli relativi ai cosiddetti piccoli reattori modulari.

Ma, come riporta Euractiv, c’è anche la questione degli investimenti: “Oggi, l’età media del parco nucleare in Ue eccede i 30 anni. E secondo la nostra analisi, senza investimenti immediati, circa il 90% dei reattori esistenti verrà spento proprio nel momento in cui serviranno di più: nel 2030”, ha dichiarato Simson. “Prolungare in sicurezza il loro ciclo di vita richiede tra i 45 e i 50 miliardi di euro”, ha aggiunto, mentre “per mantenere pressoché la stessa capacità di generazione di energia nucleare di oggi oltre 10 Stati membri stanno progettando investimenti per circa 400 miliardi in nuove strutture da installare entro il 2050”. E ha concluso: “Il costo dei finanziamenti giocherà un ruolo chiave nel rendere la produzione di energia nucleare possibile e competitiva.

Il nucleare nella tassonomia?

Come dicevamo, il nodo centrale in questo ambito è quello della tassonomia verde, il “manuale” della Commissione sugli investimenti sostenibili in campo energetico. Molti Paesi stanno spingendo perché l’atomo trovi il suo posto nella lista (magari come fonte “sostenibile”, o almeno come combustibile “di transizione” verso un futuro 100% rinnovabile), mentre il fronte degli oppositori promette battaglia. Ma pare che Bruxelles sia sempre più sbilanciata verso l’inclusione, anche considerando un rapporto dello scorso luglio del suo Centro di ricerca comune (Jrc), secondo cui l’energia nucleare è sicura e può quindi essere etichettata come verde. La presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, aveva annunciato ad ottobre che avrebbe elaborato delle proposte per il finanziamento tanto del nucleare quanto del gas naturale, le due fonti energetiche più controverse in questa congiuntura politica. Ma a sentire Simson, non restano molti dubbi.

Realismo energetico

Tutto questo è musica per le orecchie dei gruppi d’interesse pro-nucleare. “Va posta attenzione a non diventare troppo dipendenti dalle rinnovabili variabili, per via della loro dipendenza dal tempo atmosferico”, ha dichiarato Jessica Johnson, direttrice della comunicazione di Foratom, l’associazione di categoria per l’industria atomica europea. “Ecco perché un numero crescente di cittadini e Stati membri riconoscono che supportare fonti energetiche affidabili, a bassa intensità di carbonio e prodotte all’interno dell’Ue (su tutte il nucleare) è essenziale”, ha aggiunto.

Anche Simson ha sottolineato il dilemma di “muoversi verso una percentuale crescente di produzione energetica intermittente”, in quanto largamente dipendente dalle condizioni atmosferiche. “C’è un crescente senso di realismo circa il bisogno di affiancare alle rinnovabili con un carico di base di produzione elettrica”, che secondo la commissaria implica “un rinnovato interesse per l’energia nucleare come parte del nuovo futuro energetico” dell’Ue. “In questo momento – ha aggiunto – l’energia nucleare è la fonte a bassa intensità di carbonio prevalente per fornire il carico di base necessario per la stabilità della griglia elettrica. E aiuta anche a ridurre la dipendenza dai combustibili fossili d’importazione, contribuendo alla stabilità e alla sicurezza energetiche”.

Il caso francese

Ma è evidente che si tratta (anche) di una questione politica: in Europa, la Francia è il Paese di gran lunga più dipendente da questa fonte energetica, e sta guidando le fila di chi vuole includere l'atomo nella tassonomia. E ora ha ricevuto un assist. Mentre Simson era a Parigi, infatti, l’Agenzia internazionale dell’energia (Aie) ha pubblicato un rapporto sulla politica energetica francese, in cui suona l’allarme circa la diminuzione della quota di energia nucleare usato nel Paese d’oltralpe. Stando alla normativa nazionale sul clima e l’energia, infatti, entro il 2035 chiuderanno 14 reattori per ridurre la percentuale di nucleare al 50% del mix energetico: ma l’Aie ha consigliato all’Eliseo di rivedere i suoi piani.

“Se l’utilizzo di energie rinnovabili e i relativi bisogni di flessibilità non accelerano abbastanza”, si legge nel documento, “l’obiettivo di chiudere 14 reattori nucleari potrebbe risultare difficile da ottenere preservando dei margini di capacità produttiva”. Secondo Fatih Birol, direttore esecutivo dell’Aie, “investendo molto di più in efficienza energetica, rinnovabili ed energia nucleare, la Francia può accelerare il proprio percorso verso i propri obiettivi climatici ed energetici”. Da Parigi, la sponda politica non si è fatta attendere: Barbara Pompili, ministra alla Transizione ecologica, ha dichiarato che il rapporto “conferma gli orientamenti adottati dalla Francia” e che “la sicurezza energetica sarà di fondamentale importanza nella transizione” del Paese verso l’energia pulita.

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