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Sabato, 20 Aprile 2024
Transizione energetica

Il piano europeo per l'idrogeno verde ha un problema (grave)

L'avvertimento di due esperti del network ambientalista Eeb: troppi investimenti in questa fonte compromettono lo sviluppo delle rinnovabili

Anche se "pulito", la produzione di idrogeno su larga scala richiede degli investimenti massicci che rischiano di sottrarre risorse finanziarie cruciali per lo sviluppo di energie rinnovabili. E questo renderebbe meno rapida ed economica la decarbonizzazione, comportando, in ultima istanza, più danni all'ambiente. È quanto sostengono Luke Haywood e Cosimo Tansini, due esperti dell'Eeb, l'European environmental bureau, un network di oltre 180 organizzazioni ambientaliste. 

"Le fonti energetiche rinnovabili stanno aumentando - scrivono su Euractiv - L'anno scorso, per la prima volta , l'energia solare e quella eolica hanno sostituito il gas e il carbone diventando la prima fonte di generazione di elettricità nell'Ue. Tuttavia, le lobby del gas fossile e del nucleare non hanno smesso di elaborare piani per mantenere le nostre economie legate alle loro attività per i prossimi decenni. Piuttosto che sostenere apertamente il gas e il nucleare, hanno scoperto una nuova strategia che si adatta allo slancio zero-emissioni: sostenere massicci piani per l'idrogeno "verde", che "prevede un processo di elettrolisi, che consiste in una serie di trasformazioni chimiche grazie all'apporto di energia elettrica rinnovabile". Nonostante il suo "colore diverso", avvertono i due esperti dell'Eeb, "la creazione di idrogeno rischia di gravare in maniera eccessiva sulle risorse finanziarie europee e nazionali". 

Bruxelles vuole raggiungere un target di idrogeno (tra produzione propria e import) pari a 20 tonnellate entro il 2030, il che rappresenta oltre un quarto degli attuali consumi elettrici dei 27 Paesi membri. Secondo Haywood e Tansini, la velocità di sviluppo tecnologico necessaria per raggiungere questo target è enorme e mai vista sinora per nessuna altra fonte di energia. "BloombergNef (gruppo di ricerca e analisi sulle tendenze che guidano la transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio) stima dei costi di investimento compresi tra i 24 e i 42 miliardi di euro entro il 2030 per raggiungere gli obiettivi di produzione interna fissati dall'Ue", scrivono i due ricercatori. "Nemmeno la parte più bassa di questa stima rientra nell'importo totale di 20 miliardi previsto dal pacchetto RePowerEu", lo strumento chiave della transizione energetica lanciato di recente da Bruxelles che dovrebbe coprire tutte le fonti di energia, non solo l'idrogeno.

Va anche tenuto in considerazione che "un maggiore apporto di idrogeno nella rete del gas a scapito dell’elettrificazione diretta comporterebbe un aumento delle bollette per il consumatore finale". Inoltre, i maxi investimenti nella produzione di energia rinnovabile "dedicata" all'idrogeno rischiano di far aumentare "i prezzi per altre produzioni rinnovabili, data la forte competizione per le risorse per produrre pannelli solari e turbine eoliche: risorse umane, terra e materiali".

Ecco perché Haywood e Tansini invitano a rivedere il modo in cui l'Ue e i suoi Stati stanno pianificando gli investimenti nell'idrogeno. "L'Europa non dovrebbe scommettere il suo percorso verso la decarbonizzazione su una tecnologia che non ha dimostrato il suo potenziale per produrre in modo sostenibile su larga scala", scrivono. "Sovvenzionare pesantemente l'idrogeno per il bene della competitività industriale si tradurrà nella sottrazione di risorse finanziarie tanto necessarie da altri investimenti cruciali per fornire energie rinnovabili, efficienza energetica e sicurezza energetica", aggiungono. Semmai, i fondi per l'idrogeno dovrebbero essere addizionali. "Senza addizionalità, la produzione di idrogeno cannibalizzerà  le energie rinnovabili intese a decarbonizzare altre parti dell'economia, ostacolerà la mitigazione del clima e metterà a rischio il sostegno pubblico alla transizione", concludono.

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