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Martedì, 16 Aprile 2024
Scontri climatici

Lo scontro per l'acqua che divide agricoltori ed ecologisti in Europa

Siccità e inquinamento stanno aumentando le tensioni sociali, dalla Francia alla Spagna, passando per l'Olanda

Sempre meno acqua e tensioni sociali in aumento. Non stiamo parlando di regioni remote dell'Africa Subsahariana, ma dell'Europa, alle prese con una siccità che non ha dato tregua neppure nei mesi invernali e con scontri sempre più acuti tra una parte degli agricoltori e i movimenti ecologisti, ma non solo. Dalla lotta contro i mega-bacini in Francia, che ha provocato feriti gravi nel corso degli scontri con la gendarmeria, alla situazione nel Sud della Spagna, dove i campi di fragole (legali e non) della Huelva hanno provocato una riduzione drastica delle risorse idriche e minacce di morte nei confronti di chi vorrebbe limitare i prelievi. Senza dimenticare l'Olanda, dove i contrasti tra allevatori e governo, determinato a tutelare suolo e risorse idriche dalle emissioni eccessive di azoto degli allevamenti intensivi, stanno provocando un vero e proprio terremoto politico.

Contro i mega-bacini voluti da Macron

È giunta da pochi giorni la notizia delle dimissioni dall'ospedale di uno dei due manifestanti gravemente ferito e messo in coma farmacologico nel corso degli scontri di fine marzo a Sainte-Soline (Deux-Sèvres). Lo scenario è stata la manifestazione contro i "megabacini", organizzata da un movimento locale e vietata dalle forze dell'ordine. La protesta sta attirando sempre più giovani e cittadini, decisi ad impedire la costruzione di bacini idrici giganti, che dovrebbero soddisfare le esigenze degli agricoltori per fare fronte alla siccità perenne che sta attanagliando la Francia.

Gli attivisti si dichiarano contrari alla ritenzione idrica artificiale, mentre Macron ha varato un piano che prevede la creazione di sedici grandi bacini, localizzati soprattutto nel dipartimento delle Deux-Sèvres. Il presidente francese è preoccupato che la siccità, senza questi impianti, possa assestare un colpo ancora più duro al settore agroalimentare, pilastro dell'economia transalpina. Lo stoccaggio totale previsto è di 6,9 milioni di metri cubi entro il 2025.

A differenza dei bacini naturali o di quelli artificiali di piccole dimensioni, le strutture vengono riempite quasi esclusivamente attingendo dalle acque sotterranee, con integrazioni eventuali dall'acqua dei fiumi. A Sainte-Soline, dove sono esplose le proteste, il mega-bacino dovrebbe generare un volume totale di oltre 627mila metri cubi d'acqua, richiedendo un investimento di circa 60 milioni di euro. Una mole d'acqua che comunque aiuterebbe soprattutto le mega-aziende agricole, abituate a metodi di irrigazione non perfettamente razionali, lasciando invece a secco i piccoli produttori.

Dopo la manifestazione di ottobre, l'ultima del 25 marzo si è fatta ancora più incandescente, con scontri infuocati con la polizia. Come informa il sito francese La Croix si trova ancora in coma l'altro manifestante sotto osservazione, un uomo di 32 anni di nome Serge, in base a quanto dichiarato dagli avvocati dei familiari dei due feriti. La Lega per i diritti umani ha criticato "un uso smodato e indiscriminato della forza" durante la manifestazione, che ha attirato tra le 6.000 e le 30.000 persone. Negli scontri i gendarmi hanno dichiarato 47 feriti dalla loro parte, mentre gli organizzatori della protesta lamentano 200 feriti, di cui 40 gravi dalla parte dei manifestanti.

Fragole a secco

In Spagna il conflitto per l'acqua è esploso in Andalusia, nella zona della Huelva, nota per la produzione di fragole, lamponi e altri frutti rossi. Da ambo i lati della trincea in questo caso ci sono gli agricoltori: da un lato quelli che hanno coltivazioni legali, autorizzate alla distribuzione di acqua, dall'altra i coltivatori "illegali" che non potrebbero recuperare risorse idriche ma lo fanno ugualmente. Al piano superiore dello scontro troviamo il governo della giunta andalusa di destra, che supporta i contadini abusivi, facendo a pugni con Bruxelles, la quale condanna invece le estrazioni idriche illegali che danneggiano il Parco naturale della Doñana.

Secondo l'ultimo report di El Paìs in questa vicenda si è ormai toccato il fondo. Sarebbero migliaia le fragole che stanno morendo per mancanza d'acqua. La falda acquifera, martoriata dai prelievi realizzati proprio per far crescere i frutti rossi, è arrivata oltre il limite. A causa dell'assenza di piogge, con le precipitazioni di quest'inverno dimezzate, le riserve idriche non si sono rinnovate a sufficienza per sostenere tutte le coltivazioni presenti, segno di un iper-sfruttamento rivelatosi insostenibile. Le aziende stanno abbandonando diversi ettari di coltivazioni.

Secondo una fonte interna ad un'azienda, sono gli stessi lavoratori dei campi che stanno essiccando con la candeggina le piante destinate comunque a morire, in modo tale da evitare che i parassiti si diffondano al resto del raccolto. Nonostante l'irrigazione a goccia, i pozzi non riescono più a sostenere serre su larga scala, mentre gli imprenditori non fanno più i numeri necessari ad esportare sui mercati europei i frutti rossi. A questo si aggiunge la situazione di una manodopera, "importata" soprattutto dal Marocco, che lavora in condizioni salariali inferiori a quelle legali ma soprattutto in totale balia delle scelte di imprenditori decisi a sfruttarli.

In questo contesto, sui social network sono sbocciate minacce di morte e nella realtà si sono verificati attacchi violenti, anche nei confronti di agenti ambientali, "circondati e intimiditi da un gruppo di agricoltori durante una visita a una fattoria" scrive El Paìs. La tensione è tale che gli imprenditori legali evitano di fornire nomi e foto ai giornalisti per evitare ritorsioni. "Nessuno vuole mostrarsi in pubblico, è molto facile che un'azienda agricola vada in fiamme", ha dichiarato al quotidiano iberico Manuel Delgado, portavoce dell'associazione degli agricoltori di Puerta de Doñana ad Almonte.

Dalle piazze al Parlamento

I casi in Spagna e in Francia non sono isolati: il caso dell'Olanda è emblematico. Qui da oltre due anni il governo è alle prese contro le manifestazioni di allevatori infuriati contro il "piano azoto", pensato per limitare drasticamente le emissioni di azoto, che hanno inquinato gravemente suoli e risorse idriche. Il governo di Mark Rutte, pur di rispettare una sentenza della giustizia olandese, sta pensando di obbligare gli allevatori a vendere le attività più inquinanti, a quanto pare spinta anche dai pareri favorevoli della Commissione europea.

Anche nel Paese dei tulipani non sono mancate minacce di morte, come quelle recapitate al chimico Johan Vollenbroek, che con la sua associazione ha ingaggiato numerose battaglie per obbligare il governo olandese a rispettare le normative ambientali, sia di stampo nazionale che europeo. Oltre che in strada, le famiglie rurali si sono epresse nelle urne il mese scorso, determinando a sorpresa un'importante vittoria per il neonato partito BoerBurgerBeweging (Bbb – Movimento dei contadini e dei cittadini) nel corso delle elezioni provinciali. Nato nel 2019 per difendere gli interessi delle aziende agricole, soprattutto quelle di tipo intensivo, il Movimento si ritrova oggi con un numero importante di senatori. Gli unici ad aver retto alla prova elettorale sono stati i Verdi, che invece sostengono sia indispensabile realizzare il "piano azoto" per tutelare le aree ambientali vulnerabili dell'Olanda.

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