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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Ambiente

Ilva, il futuro si gioca a Bruxelles

La Regione Puglia presenta ricorso al Tar e il governo punta il dito su Emiliano: “Cosi' fa scappare l'investitore”. Ma secondo il governatore a preoccupare ArcelorMittal sono le possibili, dolore richieste di dismissioni dell'Antitrust Ue

Da un lato, il piano ambientale, che secondo la Commissione europea non dovrà “subire alcun rinvio”. Dall'altro, l'Antitrust Ue, che potrebbe chiedere ad ArcelorMittal dismissioni dolorose (e forse inaccettabili per il colosso indiano). E' a Bruxelles che si gioca una fetta importante del futuro dell'Ilva. Molto più di quanto lascino intendere i riflettori mediatici di questi giorni, tutti puntati sullo scontro durissimo tra il governo e la Regione Puglia. 

Il ricorso al Tar

Uno scontro nato dopo che il governatore Emiliano e il sindaco di Taranto Melucci (entrambi del Pd) hanno deciso di impugnare dinanzi al Tar il decreto di Palazzo Chigi che sposta al 2023 le misure di ambientalizzazione dell’acciaieria di Taranto. Il ministro dello Sviluppo economico Calenda ha puntato il dito contro Emiliano: “Ritiri il ricorso o l'investitore scappa”. Il governatore ha replicato a stretto giro: “Il ministro non provi ad addossarci il fallimento della sua operazione”.

L'Antritrust Ue

Emiliano fa riferimento all'indagine dell'Antitrust Ue, cosi' delicata che Bruxelles, con inusuale fretta, ha annunciato di volerla chiudere prima del tempo. Una decisione potrebbe arrivare già nelle prossime settimane. “La prima fase delle indagini ha messo in luce aspetti problematici”, aveva detto a inizio novembre la commissaria alla Concorrenza Margrethe Vestager.  Il problema è che, con l'acquisto di quella che fino a pochi anni fa era la più grande acciaieria di Europa, ArcelorMittal potrebbe avere una posizione più che dominante sul mercato europeo, con conseguenti effetti negativi sui prezzi. Considerato che tra impianti e indotto, l'acciaio impiega nell'Ue 30 milioni di lavoratori e ha ricadute significative sul resto del manifatturiero, la posta in gioco è altissima.

ArcelorMittal, colosso indiano ma con quartier generale in Lussemburgo, possiede già sei grossi impianti in Europa, a cui si aggiungono diversi stabilimenti medio-piccoli come quello di Piombino. Senza dimenticare gli impianti in Algeria, Ucraina e Kazhakistan. 

Le dismissioni e il gruppo Marcegaglia

Secondo le indiscrezioni dei giorni scorsi, l'Antitrust Ue sarebbe orientato a chiedere ad ArcelorMittal di far uscire il gruppo Marcegaglia dalla cordata AmInvestco (che di fatto ha acquisito l'Ilva) e di vendere l'impianto di Piombino.  “In caso di uscita del gruppo Marcegaglia da Am InvestCo siamo aperti sia a un incremento dell’attuale quota di Banca Intesa, sia all’ingresso di Cassa Depositi e Prestiti. Per ArcelorMittal le due opzioni sono equivalenti”, ha detto Aditya Mittal, ad di ArcelorMittal Europa e direttore finanziario del gruppo.

Ma una versione diversa l'ha raccontata il governatore Emiliano: ArcelorMittal “ha provato a proporre l'uscita dalla cordata della Marcegaglia e abbiamo accertato a Bruxelles, proprio in questi giorni, che questa proposta era talmente campata per aria che non è stata neanche presa in considerazione dalle autorità europee, che invece evidentemente chiedono altre dismissioni, che ArcelorMittal non vuole concedere".  Piombino potrebbe essere una di queste, ma data l'ampiezza dello stabilimento tarantino, le dismissioni potrebbero riguardare anche altri impianti. Insomma, più che il ricorso al Tar di Emiliano, a spingere ArcelorMittal ad abbandonare Taranto potrebbero essere le richieste dell'Antitrust. 

Le misure di ambientalizzazione

Ma la tenaglia di Bruxelles sulla vendita dell'Ilva non finisce qui: c'è il nodo delle misure ambientali. ArcelorMittal ha presentato un piano industriale da 2,4 miliardi dal 2018 al 2024, di cui 1,15 per l'ambiente. In tutto questo, il decreto del governo ha spostato al 2023 le misure di ambientalizzazione dell’acciaieria, quelle che dovrebbero servire a rendere l'impianto di Taranto “sostenibile”. Una proroga che l'Ue non vede di buon occhio, anche se per il momento si è limitata a chiedere che almeno le opere di bonifica e decontaminazione (molto meno costose dell'ambientalizzazione dell'impianto) “non subiscano alcun rinvio”.
 

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