La nostra fame di rane sta mettendo a rischio la specie in Asia e Albania
Ogni anno l'Europa importa 4mila tonnellate di questo animale, destinate principalmente alla Francia, ma anche all'Italia
All'inizio degli anni '80, la Francia decise di porre un freno alla caccia delle rane: la passione dei suoi cittadini per le cosce fritte di questi anfibi, aromatizzate con aglio, stava mettendo a rischio la specie, e con essa gli ecosistemi. Oggi, la fame di rane non è scemata, ma solo una minima parte di esse proviene dagli allevamenti casalinghi. Il resto è importato da fuori l'Ue. Con il risultato che il rischio estinzione è stato spostato in Asia, Turchia e Albania.
Lo denunciano diverse organizzazioni ecologiste che hanno chiesto all'Ue di intervenire per regolare il commercio e vietare l'importazione di specie a rischio. "Le popolazioni di grandi specie di rane stanno collassando una dopo l'altra in natura, creando un fatale effetto a cascata per la conservazione delle specie", sottolineano gli autori del rapporto "Deadly Dish" delle ong Pro Wildlife e Robin des Bois. Un monito rivolto anche ai governi dei principali Paesi consumatori: la Francia, innanzitutto, ma anche l'Italia e la Svizzera. Già, perché se i cugini transalpini mangiano i tre quarti delle cosce di rana cucinate nel blocco, gli italiani hanno una quota del 5% che contribuisce a fare dell'Europa il principale mercato mondiale di destinazione delle rane edibili.
Secondo l'Eurostat, tra il 2010 e il 2019, solo i Paesi dell'Ue hanno importato 40,7 milioni di chilogrammi di cosce, equivalenti a circa due miliardi di rane. La maggior parte viene acquistata dall'Indonesia, seguita da Vietnam, Turchia e Albania. In Indonesia, la popolazione di rane è in costante declino. "Il commercio di zampe di rana è poco monitorato e regolato dal governo", dice alla Dpa Ganjar Cahyadi, curatore del museo di zoologia della città di Bandung, a Giava. Non ci sono dati ufficiali relativi al numero di rane selvatiche nell'arcipelago, dice Cahyadi. "Non sappiamo queste rane vengono esportate e quante restano nel loro ambiente naturale".
Le foreste pluviali dell'Asia Sudorientale, e specialmente quelle dell'Indonesia, sono note per la loro enorme biodiversità: si continuano a scoprirvi nuove specie. Ma la caccia diffusa alle rane potrebbe spazzare via intere specie ancor prima che gli scienziati le identifichino, dice Cahyadi, aggiungendo che bisogna fare di più, e con urgenza, per la ricerca sugli animali e per proteggerli.
La situazione è simile in Vietnam, un altro grande esportatore di anfibi. Il numero di rane in generale è caduto sensibilmente anche qui negli ultimi decenni, dice Mai Nguyen dell'associazione per il benessere animale Humane Society International. "Quando ero una bambina e vivevo in campagna, era facile vedere rane e catturarle. Ma oggi, quasi 40 anni dopo, è difficile trovare rane selvatiche", dice Mai. Ciò nonostante, il governo vietnamita non ha alcun piano per limitare la vendita e l'esportazione di questi animali. In Turchia una rana locale potrebbe scomparire entro 10 anni, avvertono gli esperti. E stessa sorte potrebbe toccare alla rana d'acqua albanese.
Le rane sono sia prede che predatori, cosa che le rende fondamentali nella piramide alimentare. Per ridurre la popolazione di insetti come zanzare e locuste, gli anfibi sono indispensabili. "Le rane sono insetticidi naturali. Mangiano insetti che possono provocare problemi all'agricoltura e alla salute pubblica", dice Cahyadi. "Senza rane, dovremmo usare più sostanze chimiche per controllare gli insetti", cosa che sarebbe dannosa non solo per l'ambiente, ma anche per la salute umana.
Una soluzione potrebbe essere quella di focalizzarsi sull'allevamento di rane per l'esportazione, invece di cacciarle, dice Cahyadi: farebbe bene anche all'economia locale e creerebbe posti di lavoro. In Francia, stanno nascendo diversi allevamenti. L'imprenditore ittico Patrick François ne ha aperto uno 13 anni fa. "Il fatto più importante è che queste rane non vengono sottratte all'ambiente naturale", spiega alla Dpa. Fornisce zampe di rana a una dozzina di clienti: "Non di più, perché la nostra produzione non è enorme", dice.
Nel frattempo, un'altra dozzina di produttori ha seguito il suo esempio. Si tratta però di produzioni troppo piccole per incidere sull'import dall'estero. Nel 2019, il ministero dell'Agricoltura francese ha censito che questi allevamenti forniscono circa 10 tonnellate di zampe di rana all'anno. Nello stesso anno, il Paese ne ha importate oltre 3mila tonnellate.