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Martedì, 16 Aprile 2024
Ambiente

L’Europa è a corto di energia alternativa: Francia al palo, Italia tra i virtuosi

L’allarme della Corte dei conti: in molti Stati membri mancano pannelli solari e pale eoliche per raggiungere gli obiettivi fissati per il 2020. Anche Germania e Spagna in ritardo. Per i giudici è colpa dell’austerity: servono più investimenti 

La deadline è fissata al 2020, ma l’Ue deve fare incetta di pannelli solari e pale eoliche in tempi rapidi se vuole “conseguire i valori-obiettivo che si è prefissata in termini di energia da fonti rinnovabili”. A lanciare l’allarme è la Corte dei conti europea, che in un audit ha analizzato la situazione nei 28 Stati membri. Scoprendo che se fino tra il 2005 e il 2013 la corsa all’energia alternativa ha fatto progressi significativi, a partire dal 2014 c’è stato un forte rallentamento, soprattutto in alcuni Paesi.  Con il rischio di non riuscire a raggiungere l’obiettivo globale del 20% (al 2017 era al 17,5%) e diversi target nazionali. 

I ritardatari

Tra i maggiori ritardatari ci sono Olanda, Francia, Regno Unito, Polonia, Irlanda e Lussemburgo. Amsterdam è quella che deve fare lo sforzo maggiore, dal momento che nel 2017 aveva una quota di energia alternativa pari al 6,6% contro un obiettivo del 14% entro il 2020. Male anche Parigi,  che ha un target del 23% ed è ferma al 16,3%. Se vogliono tener fede agli impegni presi, devono accelerare il passo, con un aumento di pannelli e pale superiore al 2% all’anno, quando finora la media annuale di crescita sulle fonti alterative è stata inferiore allo 0,5%.

Italia virtuosa

In questo contesto, l’Italia è tra i più virtuosi: il nostro obiettivo per il 2020 è del 17%, ma lo abbiamo già ampiamente superato da due anni (era il 18,3% nel 2017). In quanto a quota di energia alternativa sul totale consumato, Finlandia e Danimarca sono inarrivabili: 41% i finlandesi, quasi il 36% i danesi, ampiamente sopra i propri obiettivi già da tempo.

Ma perché vi è stato questo rallentamento in Europa? A sentire il report della Corte la colpa sarebbe dell’austerity. Guardando al passato, infatti, dal 2005 in poi la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili nell’Ue è raddoppiata. I settori eolico e solare fotovoltaico attualmente forniscono la quota maggiore di energia elettrica prodotta usando fonti rinnovabili, e la diminuzione dei costi li rende un’alternativa sempre più concorrenziale alla combustione dei combustibili fossili.

solare eolico corte-2

Colpa dell'austerity

La Corte ha valutato i progressi compiuti in particolare in Germania, Grecia, Spagna e Polonia per verificare se il sostegno finanziario alla produzione di energia elettrica mediante impianti eolici e solari sia stato efficace. La Corte ha rilevato che, in diversi casi, i primi regimi di sostegno erano stati eccessivamente sovvenzionati, risultando in prezzi dell’energia elettrica più alti e maggiori disavanzi pubblici. 

Dopo il 2014, quando gli Stati membri alla fine hanno ridotto il sostegno finanziario per alleggerire l’onere gravante sui consumatori e sui bilanci nazionali, la fiducia degli investitori è diminuita e si è verificato un rallentamento del mercato. “Gli Stati membri hanno incentivato gli investimenti in impianti eolici e solari, ma il modo in cui hanno ridotto il sostegno ha scoraggiato potenziali investitori e ha rallentato la diffusione”, ha affermato George Pufan, il membro della Corte dei conti europea responsabile della relazione.

Le raccomandazioni

Per questo, scrivono i giudici contabili, la Commissione europea dovrebbe intervenire per spingere gli Stati in ritardo a mettere da parte il rigore dei conti e investire: Bruxelles, si legge nel report della Corte, “dovrebbe esortare gli Stati membri a sostenere l’ulteriore diffusione dell’energia da fonti rinnovabili organizzando aste per assegnare capacità aggiuntiva, promuovendo la partecipazione dei cittadini e migliorando le condizioni di tale diffusione”. In particolare, la Corte sottolinea l’importanza di una produzione di energia “verde” dal basso, superando i paletti burocratici. 

I dubbi sul 2030

Il report dice chiaramente che la produzione dei Paesi virtuosi come l’Italia non potrà compensare i gap di chi ancora è lontano dai suoi target. E sottolinea anche che il nuovo valore-obiettivo minimo fissato per il 2030, ossia il 32%, potrebbe diventare un miraggio. L’Ue, infatti, non ha mai reso vincolanti i target nazionali e questo si sta dimostrando un errore. In sostanza, a differenza di quanto avviene con i bilanci, la Commissione non ha poteri sanzionatori verso chi non fa i compiti a casa in tema di energia. Inoltre, la Corte avverte che per raggiungere il valore-obiettivo del 2030, servirà “un importo significativo di finanziamenti nazionali pubblici e privati, oltre ai finanziamenti dell’Ue”. 

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