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Lunedì, 2 Ottobre 2023
Ambiente e polemiche

Perché l'ambientalismo sarà un tema centrale delle elezioni europee

Eurodeputati conservatori e sovranisti hanno lanciato una crociata contro le norme a tutela della natura e della biodiversità in nome della sostenibilità economica. E stanno ottenendo diversi successi

La destra europea ha scelto il suo nuovo nemico: l'ecologia. Insieme alle migrazioni sarà questo il tema centrale delle battaglie in vista delle prossime elezioni europee, fissate per giugno 2024. A Bruxelles la campagna elettorale è già iniziata con il respingimento della Legge sul ripristino della natura. Dopo le bocciature delle commissioni Agricoltura e Pesca, anche la commissione Ambiente (Envi) del Parlamento europeo ha votato contro la normativa.

A guidare l'offensiva contro il pacchetto a tutela della biodiversità e degli ecosistemi c'è il Partito popolare europeo (Ppe), che invia in questo modo due messaggi chiari. Il primo è indirizzato a Ursula von der Leyen: è arrivato il momento di sabotare gli accordi con i socialisti, con cui la presidente della Commissione europea ha governato in cooperazione col potente vice Frans Timmermans. In vista del voto del 2024 la destra "moderata" punta ad allinearsi alle posizioni dei sovranisti dell'estrema destra, rappresentata da Identità e democrazia (Lega) e dai Riformisti e conservatori (Fratelli d'Italia). I popolari stanno cercando di costruire l'arco parlamentare che potrebbe governare a Strasburgo dopo le prossime elezioni, al tempo stesso temono che l'estrema destra possa sottrarre loro troppi elettori.

La legge che difende la biodiversità in bilico, i popolari a un passo dall'affossarla

Il secondo messaggio è rivolto al settore agricolo e della pesca, nonché ai tanti cittadini che vogliono prodotti a prezzi più bassi, anche a discapito dell'ambiente. I conservatori provano a conquistarli con votazioni a loro gradite. Il Ppe aveva inaugurato la legislatura condividendo con l'esecutivo europeo gli obiettivi e le ambizioni per la tutela dell'ambiente contenuti nel Green Deal europeo e nella strategia Farm to fork. Ma negli ultimi mesi ha cambiato idea e ha deciso di voltare le spalle a von der Leyen nelle ultime decisive votazioni della legislatura. Il leader dei popolari, Manfred Weber ha in mente un nuovo assetto strategico per soffiare ad Ursula il ruolo di capo della Commissione. La natura, nel frattempo, può aspettare.

Manovre tedesche

Negli ultimi mesi il pacchetto sul ripristino della natura, che sembrava una normativa minore, è diventata il centro di una battaglia del Ppe contro la "maggioranza Ursula", di cui fanno parte rappresentanti politici dello stesso partito popolare. La Commissione europea targata von der Leyen aveva fatto della svolta ecologica uno dei suoi pilastri, con l'emergenza climatica che aveva orientato le votazioni del 2019 dettando un'agenda basata sulla priorità ambientali. L'obiettivo del provvedimento è quello di invertire il drammatico declino della natura rendendo obbligatorio il ripristino e la rinaturalizzazione di terreni e acque degradati, compresi mari e coste. Ma questi in diversi casi andrebbe contro gli interessi di agricoltori e pescatori. Da qui le proteste del settore contro il provvedimento ma anche gli altri come la direttiva che chiedeva di ridurre le emissioni degli allevamenti e la pesca a strascico.

L'opposizione agli interventi ambientalisti ha preso vigore con la crisi economica scatenata dalla combinazione di pandemia e guerra in Ucraina, e così lo scenario è cambiato totalmente. Il Ppe ha deciso di "mollare" alcune normative, annacquarne altre e indebolire alcuni punti di riferimento cruciali del Green Deal proposto da Bruxelles. Tra questi il regolamento sull'uso sostenibile dei pesticidi (da abbattere del 50% entro il 2030 nei propositi iniziali) e appunto la legge sul ripristino della natura, che chiedeva di sfruttare il 10% dei terreni agricoli per soluzioni agroecologiche in favore della biodiversità.

Nuova maggioranza

Già respinta dalle commissioni Agricoltura e Pesca del Parlamento europeo, la legge ha visto un'opposizione durissima nella commissione Envi, prima del voto cruciale in plenaria previsto per il 10 luglio. La prima battaglia c'è stata sugli emendamenti lo scorso 15 giugno quando il caos è stato tale che il presidente ha deciso di rimandare il voto decisivo di quasi due settimane. Ieri c'è stato lo scontro finale e alla fine i popolari hanno avuto la meglio: con 44 voti a favore e 44 contro, la proposta è stata respinta (il pareggio equivale ad una sconfitta nelle votazioni, in quanto non è una maggioranza). Oltre al Ppe a alla destra, sono stati decisivi i voti del gruppo liberale Renew. Quattro membri su dodici si sono allineati a destra, votando per il rigetto della norma. "Il voto è un segnale importante, perché certifica l’inizio della fine dell’era del Green Deal imposto contro agricoltori e pescatori, con obiettivi scritti a tavolino e distanti dalla realtà", esultano in una nota gli eurodeputati della Lega, che puntano ora ad una "nuova maggioranza" tutta indirizzata a destra per questi ultimi mesi di legislatura del Parlamento europeo. La partita ora si sposta alla Plenaria di Strasburgo del prossimo mese.

Chi applaude

Festeggiano le grandi aziende agricole, i cui lobbisti erano presenti in aula per applaudire il respingimento della norma. Restie ai cambiamenti richiesti, le organizzazioni agricole nazionali ed europee si sono fermamente opposte, chiudendo qualunque negoziato e spingendo gli eurodeputati al suo rigetto in toto. "L'opposizione dei settori agricolo, forestale e della pesca non riguarda l'obiettivo da raggiungere", ha scritto la Copa-Cogeca in una nota. "Le critiche si sono concentrate su un'iniziativa che è mal costruita, non ha un budget dedicato ed è stata oggetto di consultazioni notevolmente improduttive tra la Commissione europea e coloro che dovranno metterla in pratica", ha sottolineato l'ombrello europeo di aziende e cooperative agricole.

Proteste rurali

Weber ha giustificato il voto contrario della destra con la necessità di garantire la sicurezza alimentare dell'Europa e la giusta quota di produttività e redditività alle aziende agricole europee. Nonostante il 70% dei suoli europei risulti degradato e necessiti, secondo la comunità scientifica, di nuove modalità e ritmi di coltivazione, la riconversione di una parte dei terreni in foreste, frutteti o fossati è parsa incompatibile con le esigenze di produzione alimentare del vecchio continente. "Il settore agricolo è fondamentale", ha detto Weber in un'intervista a Politico. "Non possiamo fare il Green Deal contro la gente, possiamo solo farlo con la gente, se c'è così tanta preoccupazione ora, allora il livello europeo deve ascoltare e non dare lezioni", ha sostenuto il leader del Ppe.

L'Europa vuole restituire alla biodiversità 1 milione di ettari (togliendoli agli agricoltori italiani)

Dietro i buoni propositi si celano i timori dei conservatori tedeschi. A far drizzare le antenne a Weber sono state le proteste e l'ascesa di un nuovo partito di contadini nei Paesi Bassi, capace in pochi mesi di sottrarre voti proprio al centrodestra, guidato dal primo ministro liberale Mark Rutte. Il Boer Burger Beweging (Bbb - Movimento civico contadino) ha ottenuto alle ultime elezioni locali ben il 19% dei voti, con picchi anche del 33,5% in alcune zone del Paese, conquistando anche 15 dei 75 seggi al Senato. Anche il Belgio ha visto numerose manifestazioni da parte dei "trattori", da qui la scelta del primo ministro Alexander De Croo (anche lui liberale) di voler "premere il pulsante di pausa" sulla legislazione.

Divisioni interne

L'idea che si sta configurando tra le fila dei popolari è quella di accentuare un'opposizione tra ecologisti da una parte e agricoltori e consumatori dall'altra, per riconquistare l'appoggio di questi ultimi. L'impressione però è che i conflitti interni al Ppe tedesco stiano trascinando il partito in una direzione che non tutti condividono. Il voto contrario in commissione Envi è finito col cozzare anche con la volontà degli Stati membri. Nel corso dell'ultimo Consiglio Ue, nonostante i pareri contrari di alcuni Stati (tra cui Italia, Olanda, Danimarca, Austria, Romania e Polonia), i ministri europei dell'Ambiente avevano concordato il proprio approccio generale sulla legge, grazie anche ai voti di Stati governati dai popolari, come Grecia e Bulgaria.

Sostituzioni

In Parlamento, il presidente della commissione Ambiente, Pascal Canfin, ha accusato il Ppe di aver sostituito i deputati di Envi con altri delle commissioni Agricoltura e Pesca, per assicurarsi che si sarebbero espressi in maniera contraria. "C'è stata una manipolazione del voto, di cui Weber è stato lo chef d'orchestra", ha detto Canfin, precisando: "Molti popolari avrebbero voluto votare questa norma, così come emersa dopo gli emendamenti, ma è stato loro impedito di farlo". La circostanza è stata ammessa in conferenza stampa dagli stessi Popolari, che hanno però parlato di "deputati a disagio" con questa votazione, che "volontariamente" hanno accettato di essere sostituiti dai colleghi di altre commissioni.

Una mossa che ha ripagato gli sforzi del leader tedesco del Ppe, che ha infine ottenuto i voti sufficienti per far rigettare la norma. "Weber ha deciso di fare concorrenza all'estrema destra su questo tema", ha affermato Cesar Luena, relatore socialista della legge, precisando: "C'è una battaglia interna al Ppe molto forte, ma non può dipendere da questa sfida la sorte della legge sulla biodiversità".

Fino all'ultimo voto

L'eurodeputato spagnolo assicura di essere ottimista e che tenderà la mano fino all'ultimo ai conservatori per altri compromessi pur di vedere approvata la normativa. L'iter per la definizione della norma prosegue, col voto finale previsto per la prossima plenaria dal 10 al 13 luglio, dove "Weber non potrà sostituire i deputati votanti", assicura Canfin. È comunque difficile credere che la legge, così come altre oggetto di opposizione, sopravviverà. Nonostante i popolari continuino ad assicurare il loro sostegno al Green Deal, l'ecologia sembra essere diventato il nuovo grande tema di scontro ideologico a livello europeo, insieme a quello sulle migrazioni e ai diritti delle donne. "È evidente che l'ecologia è il nuovo nemico dei partiti di destra in vista delle prossime elezioni europee. Una strategia vergognosa", ha concluso Luena.

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