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Venerdì, 19 Aprile 2024
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"Comunismo come nazismo": cosa dice il testo del Parlamento Ue che divide politici e storici

Durante l'ultima plenaria di Strasburgo, gli eurodeputati hanno dato l'ok a una risoluzione in cui si equiparano i due regimi. Il plauso dei Paesi dell'Est, tra cui quelli di Visegrad. Ma tra le fila della sinistra è polemica. Cosa c'è scritto

"Ottanta anni fa, il 23 agosto 1939, l'Unione Sovietica comunista e la Germania nazista firmarono il trattato di non aggressione, noto come patto Molotov-Ribbentrop, e i suoi protocolli segreti, dividendo l'Europa e i territori di Stati indipendenti tra i due regimi totalitari e raggruppandoli in sfere di interesse, il che ha spianato la strada allo scoppio della Seconda guerra mondiale". Parte da questa valutazione storica la risoluzione del Parlamento europeo che sta dividendo il mondo della politica e gli storici. Si tratta di un documento politico, senza dirette conseguenze, almeno per il momento, sul piano legislativo. Ma per alcuni potrebbe aprire la strada a norme che condannano in tutta l'Unione europea l'apologia del fascismo e del nazismo, come già avviene, ma anche l'uso dei simboli del comunismo. Che in molti Paesi Ue e nella stessa Eurocamera, compaiono su bandiere e loghi di partito. 

Ecco perché il testo ha sollevato accese polemiche, anche in Italia. Per molti, la decisione di aprire la nuova legislatura del Parlamento Ue con una dichiarazione del genere è in linea con il tentativo dell'establishment europeo, in particolare dell'asse che regge la neo presidente della Commissione Ursula von der Leyen, di ricucire lo strappo con i Paesi dell'Est, in particolare con gli Stati di Visegrad (Polonia e Ungheria su tutti), dove i decenni di appartenenza all'Urss hanno lasciato un forte sentimento anticomunista. 

Il plauso di Visegrad

Dall'altra parte, in tanti a sinistra hanno ricordato come il comunismo, nei Paesi occidentali come l'Italia, sia stato parte integrante della costruzione della democrazia in quegli Stati dopo la Seconda guerra mondiale. Oltre che parte integrante della costruzione della stessa Unione europea. Da qui, le accese proteste di partiti come LeU, ma anche di esponenti del Pd. Che non hanno gradito il 'tradimento' di alcuni eurodeputati dem e socialisti che a Strasburgo hanno votato a favore di questa risoluzione.

A preoccupare questo fronte sono in particolare due passaggi del testo: il Parlamento europeo, si legge, "esprime inquietudine per l'uso continuato di simboli di regimi totalitari nella sfera pubblica e a fini commerciali e ricorda che alcuni paesi europei hanno vietato l'uso di simboli sia nazisti che comunisti". E più avanti, sempre l'Eurocamera "osserva la permanenza, negli spazi pubblici di alcuni Stati membri, di monumenti e luoghi commemorativi (parchi, piazze, strade, ecc.) che esaltano regimi totalitari, il che spiana la strada alla distorsione dei fatti storici circa le conseguenze della Seconda guerra mondiale, nonché alla propagazione di regimi politici totalitari". In sostanza, Strasburgo punta il dito su simboli come la "falce e il martello", ma anche su tutta quella toponomastica associata a "eroi" del comunismo, come l'italiano Palmiro Togliatti.

La protesta dei partigiani italiani

Ma non è solo una questione di simboli. I partigiani italiani sono tutte le furie: l'Anpi ha espresso "profonda preoccupazione" perché "in un'unica riprovazione si accomunano oppressi ed oppressori, vittime e carnefici, invasori e liberatori, per di più ignorando lo spaventoso tributo di sangue pagato dai popoli dell'Unione Sovietica (più di 22 milioni di morti) e persino il simbolico evento della liberazione di Auschwitz da parte dell'Armata rossa - lamenta l'Associazione dei partigiani - Davanti al crescente pericolo di nazifascismi, razzismi, nazionalismi, si sceglie una strada di lacerante divisione invece che di responsabile e rigorosa unità".

Falso storico?

Tra gli storici, poi, c'è chi bolla come un falso storico il fatto che la risoluzione attribuisca al patto Molotov-Ribbentrop la causa scatenante del conflitto. Nella risoluzione, si legge che in seguito a questo patto e al successivo "trattato di amicizia e di frontiera" nazi-sovietico del 28 settembre 1939, "la Repubblica polacca fu invasa prima da Hitler e due settimane dopo da Stalin, eventi che privarono il paese della sua indipendenza e furono una tragedia senza precedenti per il popolo polacco; che il 30 novembre 1939 l'Unione Sovietica comunista iniziò una guerra aggressiva contro la Finlandia e nel giugno 1940 occupò e annesse parti della Romania, territori che non furono mai restituiti, e annesse le Repubbliche indipendenti di Lituania, Lettonia ed Estonia".

La questione con la Russia di oggi

Per molti si tratta di una ricostruzione forzata. E la Russia ha più volte protestato in passato su questa forzatura. Come ha ricordato poco tempo il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov, la Russia avrebbe firmato il patto Molotov-Ribbentrop solo perché, al tempo, furono diversi i Paesi che tentarono di tenere a bada Hitler con patti e trattati. "Ingenuamente calcolando che la guerra non li avrebbe sfiorati, le potenze occidentali hanno giocato una doppia partita - ha ricordato - E hanno cercato di incanalare l'aggressività di Hitler verso Est. In quelle condizioni, l'Urss ha dovuto salvaguardare da sola la propria sicurezza nazionale".

Del resto, dietro la risoluzione del Parlamento è chiaro a tutti come vi sia l'ombra delle recenti tensioni tra Mosca e Bruxelles. Nel testo, dopo aver sostenuto che "la Russia rimane la più grande vittima del totalitarismo comunista", si afferma "che il suo sviluppo in uno Stato democratico continuerà a essere ostacolato fintantoché il governo, l'élite politica e la propaganda politica continueranno a insabbiare i crimini del regime comunista e ad esaltare il regime totalitario sovietico". E si invita pertanto la società russa a confrontarsi con il suo tragico passato". 

Per essere ancora più chiari in merito, il Parlamento dichiara di essere "profondamente preoccupato per gli sforzi dell'attuale leadership russa volti a distorcere i fatti storici e a insabbiare i crimini commessi dal regime totalitario sovietico; considera tali sforzi una componente pericolosa della guerra di informazione condotta contro l'Europa democratica allo scopo di dividere l'Europa e invita pertanto la Commissione a contrastare risolutamente tali sforzi". 

Il comandante Pilecki

La risoluzione sembra a un certo punto dimenticare la parola 'comunismo'. Lo fa quando "chiede l'affermazione di una cultura della memoria condivisa, che respinga i crimini dei regimi fascisti e stalinisti e di altri regimi totalitari e autoritari del passato come modalità per promuovere la resilienza alle moderne minacce alla democrazia, in particolare tra le generazioni più giovani". 

Subito dopo, la richiesta di proclamare la "Giornata internazionale degli eroi della lotta contro il totalitarismo" il 25 maggio, ossia la data dell'esecuzione del "comandante Witold Pilecki, eroe di Auschwitz". Pilecki era un comandante polacco che combattè contro il nazifascimo. Dopo la fine del confltto, fu tra coloro che cercarono di opporsi alla sovietizzazione della Polonia. Catturato dai comunisti, fu giustiziato dopo un processo sommario nel '48. E il suo nome fu bandito per decenni. La riabilitazione avvenne solo dopo il crollo del Muro di Berlino. 

La sua vicenda, al di là dell'uso che ne fa la risoluzione, dimostra la complessità della Storia: eroe di Auschwitz, Pilecki mori' per mano di quella stessa Armata Rossa che aveva liberato i prigionieri sopravvissuti al campo di sterminio. 

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