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Venerdì, 19 Aprile 2024
Ambiente

Solo il 32% della plastica è riciclata, "ma le nuove regole Ue colpiranno appena il 6% dei polimeri inquinanti”

La denuncia degli ecologisti, che accusano la Commissione di dare troppo peso alle ragioni delle lobby del settore. Che a sua volta lamenta una grave crisi di materie prime

L’inquinamento da polimeri è “persistente, forse addirittura irreversibile”, ed è “così esteso da colpire tutti gli ambienti, compresa l’aria”. La denuncia arriva dallo European Environmental Bureau (l’Ufficio europeo per l’ambiente), un network di circa 140 associazioni ecologiste sparse in trenta Paesi. Secondo gli attivisti, le regole europee in fase di progettazione per arginare il problema dell’inquinamento da agenti chimici al momento “sono paralizzate dalle lobby del settore”. Che d'altra parte hanno gioco facile in questo momento visto che il settore del packaging di tutta l'Ue, Italia compresa, lamenta una carenza di polimeri "disastrosa" che potrebbe avere ripercussioni su settori come l'agroalimentare e quello farmaceutico.

Dove si trovano i materiali inquinanti

“I polimeri - si legge nella nota degli ecologisti - sono l'ingrediente principale di plastica, resine, vernici” ma sono utilizzati anche “nei cosmetici, nella cura della persona e in una moltitudine di altri prodotti”. La Commissione europea, lo scorso ottobre, ha riconosciuto una profonda lacuna legislativa nella comprensione e nel contrasto dei rischi per la salute e per l'ambiente causati da questi materiali. Di qui l’annuncio di Bruxelles delle nuove regole per introdurre valutazioni obbligatorie di rischio chimico sui polimeri già nel 2022. “Il primo passo verso i divieti di mercato”, hanno pensato gli ambientalisti. Poi la beffa. 

I controlli insufficienti

Gli ecologisti attaccano il progetto di legge della Commissione secondo il quale “solo 12.000 su circa 200.000 tipologie di polimeri sul mercato dovrebbero eseguire controlli di sicurezza”. Per questo motivo gli ambientalisti prendono già di mira la futura legislazione che, stando a questo numeri, andrebbe a colpire solo il 6% dei materiali immessi sul mercato (e che spesso finiscono per inquinare l’ambiente). “Tutti i polimeri prodotti in serie che si accumulano nell’ambiente - come il polistirene, il poliestere, il polietilene e il polipropilene - sfuggirebbero alla supervisione, nonostante i rischi che comportano”, è il giudizio negativo dell’Ufficio europeo per l’ambiente.

Il peso delle lobby

Nel mirino degli ecologisti, oltre al testo della proposta della Commissione che verrà presentato entro la fine dell’anno, sono finite anche le consultazioni avviate dai funzionari Ue che - secondo i critici - avrebbero privilegiato le posizioni delle lobby. “I funzionari della Commissione hanno incontrato i rappresentanti dei Governi, dell'industria e delle Ong”, ma “i colloqui sono dominati da 10 gruppi industriali” rappresentativi del settore. “I lobbisti del settore, per lo più del Cefic (Consiglio europeo dell'industria chimica, ndr) hanno preso la parola 63 volte, il 75% delle volte, e hanno persino risposto alle domande per conto dei funzionari, come mostra il verbale della prima riunione”, si legge ancora nella ricostruzione fornita dagli ambientalisti. Una denuncia che ha trovato spazio su importanti giornali europei come il britannico The Guardian e l’olandese Trouw. “Non possiamo permetterci di chiudere gli occhi su un problema crescente per un altro decennio”, è l’appello di Dolores Romano, responsabile della politica sui prodotti chimici per lo European Environmental Bureau.

La crisi dei polimeri

Dall'altra parte del fronte, ci sono le lobby della plastica che lamentano la crisi improvvisa che ha colpito il settore a causa proprio della carenza di polimeri, che sarebbero stati accaparrati da Cina, India e Usa, lasciando l'Europa a secco. Stando ai dati di PlasticsEurope, l'organizzazione europea dei trasformatori di plastica, l'Ue rappresenta il 16% del mercato mondiale, ma come per altri comparti economici, dipende molto dalle materie prime prodotte altrove. Anche per far fronte a questa carenza, e a rispondere alle pressioni degli ambientalisti, la Commissione europea ha lanciato nel 2018 la Circular plastic alliance, che mette insieme produttori e ong. L'alleanza si è posta come target il raggiungimento di 10 milioni di tonnellate di plastica prodotta da materiale riciclato entro il 2025, obiettivo ritenuto troppo poco ambizioso dagli ecologisti.

A oggi, solo 5 milioni di tonnellate all'anno sono frutto di un'economia circolare, mentre circa un quinto della plastica immessa sul mercato finisce in discarica. Il riciclo si ferma al 32,5%, mentre il resto finisce nei termovalorizzatori. L'Italia, che per domanda di plastica in Ue è seconda solo alla Germania, registrava nel 2018 ben il 35,8% di plastica gettata in discarica e circa il 31% di riciclo. Carenze che PlasticsEurope ha promesso di colmare con maggiori investimenti nel riciclo.

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