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Venerdì, 19 Aprile 2024
Diritti in bilico / Ungheria

"Costrette a osservare il feto prima di abortire"

Regole più restrittive in materia di interruzione di gravidanza sono state introdotte dal governo di destra di Viktor Orban in Ungheria. Cosa sta succedendo

Non il divieto di abortire, ma le donne saranno costrette a osservare i segni vitali del feto prima di procedere con l'interruzione di gravidanza. Succede in Ungheria. Il governo di destra di Viktor Orban ha emanato un decreto, che entrerà in vigore il 15 settembre, che imporrà ai medici di presentare alle donne che vogliano abortire "un'indicazione chiaramente identificabile di segni di vita del feto" prima di procedere con l'aborto stesso. 

A spiegare la ratio del provvedimento è il ministero dell'Interno ungherese in una nota: "Quasi i due terzi degli ungheresi associano l'inizio della vita di un bambino al primo battito cardiaco" e le moderne apparecchiature sono in grado di rilevare i battiti cardiaci all'inizio della gravidanza, il che può fornire "informazioni più complete per le donne in gravidanza".

L'aborto in Ungheria è legale dagli anni Cinquanta. Il governo Orban si presenta come paladino dei valori familiari tradizionali e ha offerto significative agevolazioni fiscali e sussidi alle famiglie che hanno più figli, nel tentativo di aumentare il tasso di fertilità in calo del Paese. Lo scorso anno poi è stato sancito nella Costituzione ungherese che "la vita di un feto verrà protetta dal concepimento", ma non ha cercato di inasprire in modo significativo le leggi sull'aborto. 

L'attenzione sulle politiche adottate nei vari Paesi per l'aborto è aumentata dopo che la Corte Suprema Usa ha cancellato il diritto all'aborto.garantito dal 1973. Adesso saranno i singoli Stati a decidere: ognuno potrà applicare la propria legge sull'aborto. Una decisione che ha scatenato feroci proteste.

Guardando non solo l'Ungheria ma l'Europa intera si vede come l'accesso all'aborto sia meno facile di quanto si pensi. Un rapporto diffuso lo scorso anno dal Forum del Parlamento europeo per i diritti sessuali e riproduttivi ha dato un quadro d'insieme valutando 53 nazioni (includendo una serie di Paesi vicini al Vecchio Continente, tra cui Russia, Turchia, Islanda e Ucraina). 

Dall'analisi delle politiche sull'aborto nei Paesi presi in considerazione, emerge un mosaico legislativo e amministrativo diversificato sulle pratiche di assistenza all'aborto: l'Italia è tra i 19 Paesi che hanno posizioni considerate più progressiste sul tema ma dove le donne devono rispettare requisiti non necessari dal punto di vista medico prima di accedere all'aborto (consulenza e periodi di attesa obbligatori). Inoltre il nostro è tra i 26 Paesi in cui viene consentito agli operatori sanitari di negare l'assistenza sulla base delle proprie convinzioni personali.  L'Italia si piazza a metà classifica. Ai primi quattro posti ci sono Svezia, Islanda, Regno Unito  e Olanda.  A Malta l’aborto è vietato in ogni sua forma, anche nei casi di stupro, incesto, anomalie del feto o rischi per la salute della madre. Il medico che aiuta una donna a interrompere la gravidanza rischia fino a 4 anni di carcere e il ritiro definitivo della licenza. Anche la donna che abortisce rischia l'arresto. 

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