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Sabato, 27 Aprile 2024
Il caso

L'Ue stoppa l'Italia sui balneari: "Valutazione spiagge disponibili sia reale e obiettiva"

La risposta del commissario europeo Breton a un'interrogazione della deputata verde D'Amato. Sullo sfondo la questione della "scarsità della risorsa" di cui Roma nega l'esistenza

Nuovo capitolo nell'annoso braccio di ferro tra l'Italia e la Commissione europea sulla questione delle concessioni balneari nel nostro Paese. La vicenda è nota: Bruxelles chiede da tempo a Roma di bloccare i rinnovi automatici delle concessioni agli operatori storici e di aprire il mercato a nuove imprese attraverso dei bandi di gara, così come previsto dalla cosiddetta direttiva Bolkestein. Il governo di Giorgia Meloni, per il momento, non si è adeguato alle richiesta (così come del resto avevano fatto gli esecutivi precedenti), nonostante la procedura d'infrazione aperta da Bruxelles (che potrebbe portare a pesanti multe). E dopo aver rinnovato le concessioni fino al 31 dicembre 2024, sta lavorando a un documento che amplierebbe le spiagge da assegnare ai balneari, in modo da salvare i gestori degli stabilimenti esistenti. Una mossa che la Commissione contesta.

La posizione dell'Italia, secondo quanto dichiarato più volte dal ministro Matteo Salvini, è che la richiesta di Bruxelles di mettere a gara le concessioni esistenti si basa su un presupposto errato, ossia che la "risorsa", ossia le spiagge disponibili per i balneari, sia "scarsa". Stando a una mappatura dei litorali italiani effettuata dal tavolo tecnico di Palazzo Chigi, solo il 33% delle spiagge sarebbe occupata da privati. Ma la mappa non convince Bruxelles: rispondendo a una interrogazione dell'eurodeputata dei Verdi Rosa D'Amato, il commissario Ue per il Mercato interno, Thierry Breton ha ricordato che la valutazione delle risorse naturali disponibili dovrebbe essere "reale e obiettiva" anche in considerazione della loro scarsità. Inoltre, la stessa valutazione "dovrebbe basarsi su un'analisi qualitativa" delle risorse. In altre parole, la Commissione non intende accettare mappe che contengono parti di litorale non adatte a ospitare stabilimenti balneari, ma inserite solo per far numero e aggirare la direttiva Bolkestein.

Nulla di nuovissimo, va detto. Già lo scorso novembre, Bruxelles aveva inviato un parere motivato all'Italia mettendo in guardia il governo su ulteriori tentativi di ritardare l'apertura dei bandi di gara. E sottolineando, come ha anche fatto Breton rispondendo all'interrogazione di D'Amato, che la scarsità della risorsa non va calcolata solo su scala nazionale, ma anche su base locale, per la precisione a livello comunale, dato che sono i Comuni a rilasciare le concessioni. Ed è qui che la scarsità sarebbe palese: secondo le analisi di Legambiente, per esempio, in regioni come Liguria, Emilia-Romagna e Campania, "quasi il 70% delle spiagge è occupato da stabilimenti balneari". E ci sono diversi Comuni, tra cui località balneari di grido, dove la percentuale di occupazione degli stabilimenti supera il 90% delle spiagge presenti.

Lo scorso gennaio, il governo ha risposto al parere motivato della Commissione. Bruxelles sta studiando la replica, e nonostante siano passati circa due mesi, non ha ancora comunicato la sua valutazione. Le parole di Breton sembrano indicare che la distanza con Roma non sia stata ancora ricucita. 'Le interlocuzioni proseguono", ha detto il commissario. Senza un'intesa, è probabile che Bruxelles porti il caso dinanzi alla Corte di giustizia Ue, ultimo passo prima delle sanzioni economiche.  

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