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Domenica, 28 Aprile 2024
La proposta

Stop alle etichette green di facciata: sarà più difficile ingannare i consumatori

Gli eurodeputati hanno chiesto di punire le aziende che abusano di frasi "verdi". Il 53% delle affermazioni che si riferiscono alla sostenibilità sono false o inesatte

Sempre più spesso nei negozi e durante gli acquisiti online ci si imbatte in prodotti che richiamano alla protezione dell'ambiente. Si fa fatica però a capire quali siano le azioni concrete delle aziende produttrici e in quale misura si impegnino. Persino multinazionali responsabili di quantità incredibili di emissioni di carbonio, come compagnie aeree e società petrolifere da qualche anno si sono travestite di "verde", mentre vari report scientifici le smentivano rispetto al loro reale  comportamento. Il Parlamento europeo ha approvato oggi la sua posizione in favore delle norme che provano a mettere un freno alle false "etichette green", sanzionando le aziende che le appongono senza prove scientifiche verificate. Gli eurodeputati lanciano così un segnale forte contro il greenwashing, provando a disincentivare con una serie di misure le industrie che rivendicano la loro sostenibilità, ingannando i consumatori. D'altra parte, queste misure hanno l'obiettivo di premiare le società che si impegnano concretamente per offrire il loro contributo con prodotti e servizi davvero "amici dell'ambiente".

Lotta alle false dichiarazioni ecologiche

Gli eurodeputati riuniti in plenaria a Strasburgo il 12 marzo hanno votato la direttiva sulle dichiarazioni ecologiche (in inglese green claims), che obbligherebbe le aziende a presentare prove a sostengo delle loro dichiarazioni di marketing ambientale prima di poter pubblicizzare i prodotti con definizioni quali "biodegradabili", "meno inquinanti", "a risparmio idrico" o "a base di materie prime biologiche". In base alla posizione adottata dagli eurodeputati, i Paesi dell'Ue sarebbero chiamati a verificare l'uso di queste etichette, proteggendo così gli acquirenti da pubblicità infondata e ambigua. La direttiva, adottata in prima lettura con 467 voti favorevoli, 65 contrari e 74 astensioni, integra la norma europea, già adottata, che vieta il greenwashing, cioè le pratiche di ambientalismo di facciata.

Norme più severe per le grandi imprese

In base alle misure votate, le dichiarazioni e le relative prove devono essere valutate entro 30 giorni dalla presentazione delle domande. Le dichiarazioni e i prodotti più semplici potrebbero beneficiare di una verifica più rapida o semplificata. Le microimprese non sarebbero invece coperte dalle nuove norme, mentre le Pmi beneficerebbero di un anno in più per conformarsi rispetto alle imprese più grandi. In base a quanto proposto dai deputati, le società che infrangeranno le regole potranno subire sanzioni, come l'esclusione temporanea dalle gare d'appalto pubbliche, la perdita dei propri ricavi e ammende pari almeno al 4% del loro fatturato annuo.

Compensazione e rimozione del carbonio

Le misure stabiliscono che le dichiarazioni ecologiche basate esclusivamente su sistemi di compensazione del carbonio dovrebbero essere vietate. Le imprese potrebbero comunque menzionare le azioni di rimozione e compensazione delle emissioni di carbonio (in inglese offset) nei loro annunci, solo se hanno già ridotto il più possibile le loro emissioni e utilizzano tali sistemi solo per le emissioni residue. L'Eurocamera chiede inoltre che i crediti di carbonio dovranno essere certificati, come quelli stabiliti nell'ambito del quadro di certificazione per la rimozione del carbonio. I parlamentari hanno anche proposto che le "dichiarazioni verdi" sui prodotti contenenti sostanze pericolose saranno permesse per il momento, ma toccherà alla Commissione valutare prossimamente se debbano essere vietate del tutto.

Greenwashing più difficile

"La metà delle asserzioni ambientali apposte sui prodotti sono delle fake news", ha affermato Cyrus Engerer, eurodeputato socialista maltese e relatore della direttiva sulle cosiddette Green claims.  "Stiamo proteggendo i cittadini e coloro che lavorano in modo onesto, in maniera tale che tutto ciò che viene inserito sul mercato come 'verde' debba esserlo sul serio", ha spiegato l'europarlamentare durante la conferenza stampa a seguito del voto. "A seguito di varie inchieste giornalistiche molte società hanno dovuto togliere le loro etichette verdi perché erano false. I consumatori sono stanchi di essere presi in giro. Questo è un premio anche per aziende che lavorano bene e si impegnano davvero sul piano ambientale", ha aggiunto Engerer.

Avvantaggiare le aziende corrette

Rispetto alle accuse mosse durante il dibattito dell'11 marzo, che questa direttiva sarebbe superflua e aggiungerebbe solo oneri fiscali, si è espresso il correlatore Andrus Ansip del gruppo Renew. "Le aziende corrette non riescono a competere con quelle che barano", ha precisato l'eurodeputato estone. "Non sono d'accordo con coloro che hanno detto che la direttiva riguarda solo un'imposizione fiscale per le aziende europee. Spetterà ad ogni azienda scegliere se applicare una "frase ambientale". È una libera scelta che ricade sulle spalle delle aziende. Nessuno le obbliga a farlo. Questa direttiva è soprattutto volta a limitare il numero delle menzogne", ha precisato Ansip.  

Engerer ha ricordato come, secondo uno studio di Bruxelles, il 53% delle asserzioni 'green' sono "false o esagerate o ingannevoli". Le aziende che vogliono mostrare tutti gli sforzi che hanno fatto per migliorare l'apporto alla protezione ambientale devono semplicemente dimostrarlo sul piano scientifico. La speranza è di dissuadere le società ad asserire falsamente che i loro prodotti sono sostenibili", ha sottolineato il politico socialista. Il fascicolo sarà seguito dal nuovo Parlamento dopo le elezioni europee che si terranno dal 6 al 9 giugno 2024.
 

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