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Domenica, 28 Aprile 2024
La strategia

In Europa parte la corsa al riarmo: "Siamo in pericolo, dobbiamo agire insieme"

Bruxelles presenta la strategia di Difesa comune: acquisti congiunti, priorità alla produzione interna e un fondo da 1,5 miliardi. Alcuni Stati chiedono eurobond per finanziare il piano, ma i frugali si oppongono

Acquisti congiunti di armi in settori strategici, puntando a dare priorità alla produzione europea e un fondo comune da 1,5 miliardi per sostenere il settore. Sono questi i cardini della strategia per l'industria della difesa Edip (European Defence Industry Programme) lanciata dalla Commissione europea. Questo nuovo strumento sarà aperto anche all'Ucraina, che sarà trattata quasi come uno Stato membri dell'Ue. La guerra della Russia contro Kiev ha spinto molti Paesi europei ad aumentare la spesa militare, ma per Bruxelles gli sforzi puramente nazionali sono meno efficienti e l'esecutivo comunitario punta a svolgere un ruolo maggiore nella politica industriale militare, anche se il tema è delicato.

Quello della Difesa è uno dei settori in cui gli Stati membri hanno ancora la competenza esclusiva, per questo quella lanciata dall'esecutivo comunitario è solo una strategia industriale, nonostante rischi di sforare in campi che non sono di sua competenza. La strategia ha lo scopo dichiarato di provare ad aiutare l'industria europea della difesa a prepararsi meglio per le grandi sfide esistenti e potenziali, come un'improvvisa impennata della domanda di grandi quantità di munizioni per artiglieria. "L'Europa è ancora in pericolo, la guerra è ai nostri confini ed è una guerra che non sembra finire presto ed è per questo che dobbiamo rafforzare la nostra capacità di produzione, passando da una modalità di emergenza a un visione di medio e lungo periodo per sostenere l'Ucraina", ha detto nel presentare la strategia l'Alto rappresentante Ue, Josep Borrell. "L'Europa non ha un Pentagono, dobbiamo quindi raggruppare il modo in cui gli Stati membri reagiscono, abbiamo bisogno di una politica di Difesa comune", ha aggiunto.

Tra gli obiettivi che vengono proposti c'è quello di acquistare congiuntamente almeno il 40% delle attrezzature militari entro il 2030 e garantire che entro lo stesso anno, il valore degli scambi commerciali intra-Ue nel settore della difesa rappresenti almeno il 35% del valore di questo mercato, puntando a compiere progressi costanti verso l'approvvigionamento di almeno il 50% del bilancio per la difesa all'interno del blocco entro il 2030 e il 60% entro il 2035. Per quanto riguarda il fondo da 1,5 miliardi, che dovrebbe coprire il periodo dal 2025 al 2027, le risorse dovrebbero essere prese dal bilancio comune, ma sul punto le discussioni sono ancora aperte. "La Commissione europea vuole incentivare la capacità di produzione della difesa europea, non diventare sua cliente. L'1,5 miliardi di euro stanziato è un incentivo per investire non per sostituirsi agli Stati che l'anno scorso hanno speso 58 miliardi di euro per la difesa", e questi soldi "di certo non possono arrivare dal bilancio europeo. Gli utilizzatori delle armi sono gli eserciti e quindi la responsabilità è degli Stati membri", ha precisato Borrell.

"La prospettiva che abbiamo è spendere meglio e con la guerra ai nostri confini la domanda è: se non ora quando?", ha aggiunto la vice presidente, Margrethe Vestager, spiegando che Bruxelles darà "incentivi a spendere insieme e incentivi per piccole e medie imprese a diventare parte di questa spesa". Tra le altre cose il nuovo fondo avrà infatti lo scopo di facilitare l'accesso al debito e anche al finanziamento azionario per le Pmi specializzate in tecnologie o prodotti di difesa, per migliorare la loro capacità di fornire armamenti moderni e funzionali. Nonostante Kiev non sarà chiamata a contribuire direttamente al fondo, all'Ucraina sarà offerta la possibilità di partecipare ad appalti congiunti e l'industria della nazione sarà sostenuta nella sua espansione industriale. A tal fine, l'Edip prevede una linea di bilancio specifica per sostenere tali azioni e potrebbe eventualmente attingere ulteriori finanziamenti dai profitti imprevisti derivanti dal congelamento dei beni della Banca centrale russa, ma sul punto serve l'unanimità dei Ventisette che sembra ancora un miraggio.

Non sono previsti eurobond per finanziare gli acquisti ma l'Ue non esclude la possibilità per un gruppo di Stati 'volenterosi' di fare debito comune a questo scopo. Bruxelles aveva ipotizzato di emettere un debito comune, ma i governi cosiddetti frugali, come quelli di Germania e Paesi Bassi, si sono opposti a questa idea. "I Paesi Bassi non sono favorevoli all'emissione di nuovo debito comune. Il finanziamento delle spese per la difesa non è una risposta alla crisi, ma una risposta politica alle sfide strutturali", ha dichiarato un portavoce del ministero delle Finanze olandese al Finanzial Times, secondo cui "pertanto, il ricorso al debito comune non è la soluzione più ovvia". La speranza di Bruxelles è che questa possibilità si apra dopo le elezioni di giugno e la nomina di una nuova commissione.

Il commissario Ue per il Mercato interno, Thierry Breton, in passato aveva addirittura proposto la creazione d un fondo da cento miliardi, ben superiore a quello proposto oggi, e questa sua idea sostiene sia ancora sul tavolo. La Commissione europea dovrà "senza dubbio lavorare" alla pissiblità di nuovi eurobond "nel quadro del prossimo mandato", ha detto in conferenza stampa il francese. "Avevo immaginato un fondo da cento miliardi, ovviamente se ne dovrà discutere", ha spiegato Breton, sottolineando che "un certo numero di capi di Stato iniziano a parlarne in modo molto chiaro: è un'idea proposta dal presidente francese Emmanuel Macron e dalla premier estone Kaja Kallas, sostenuta anche dal premier belga Alexander De Croo".

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