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Domenica, 28 Aprile 2024
Nuove norme

La prima legge europea per tutelare i rider: cosa cambia per 30 milioni di lavoratori

Via libera alla direttiva per migliorare le condizioni dei lavoratori delle piattaforme online: contrasto alle false partite Iva e più trasparenza sull'uso degli algoritmi e della intelligenza artificiale

Dopo lo stop di Italia e Francia e due anni di negoziati, la prima legge europea che affronta i diritti e le tutele dei lavoratori delle piattaforme digitali, a partire da rider e tassisti, ha ricevuto il disco verde. Parlamento e governi Ue hanno trovato l'intesa sulla direttiva proposta dalla Commissione europea nel 2021 con lo scopo di migliorare le condizioni di lavoro del settore.  

Uno dei punti cardine della legge è il contrasto al fenomeno delle false partite Iva. Secondo diverse stime, citate dalla stessa Commissione Ue, i finti autonomi sarebbero 5,5 milioni sui 28 milioni di occupati totali nel settore. Chi fa appello alla giustizia per far riconoscere il proprio status reale e i diritti connessi, si scontra spesso con normative poco chiare. Da qui, la necessità di fissare norme e criteri validi per tutta l'Europa.

Stop alle false partite Iva

Proprio su questo punto, l'iter della direttiva si era arenato per via dell'opposizione di alcuni governi, tra cui quello italiano e quello francese. La Commissione europea aveva proposto una serie di criteri validi per tutti i Paesi Ue in base ai quali è possibile stabilire se un lavoratore è dipendente o meno. L'ultima versione del testo prevedeva 5 criteri (dai limiti massimi sulla quantità di denaro che i lavoratori possono ricevere, alle restrizioni alla libertà di organizzare il lavoro e norme su aspetto o comportamento). Se almeno due di questi criteri erano soddisfatti, allora il rapporto lavorativo poteva essere classificato come subordinato.

Le pressioni di Francia e Italia hanno eliminato questi criteri fissi: saranno i singoli Stati a stabilire i propri criteri sulla base della "normativa nazionale" e dei "contratti collettivi vigenti". Chiaramente, le scelte dei Paesi devono essere in linea con la "giurisprudenza della Corte di giustizia europea", spiega in una nota il Parlamento Ue.

Al termine dei negoziati finali, resta però immutato il principio della "presunzione legale": i governi dei 27 Stati Ue dovranno "stabilire una presunzione legale relativa dell’occupazione a livello nazionale, con l’obiettivo di correggere lo squilibrio di potere tra la piattaforma e la persona che svolge il lavoro tramite piattaforma". Se un contratto viene qualificato dalle autorità nazionali come subordinato (o se il lavoratore fa ricorso), spetterà all'azienda l'onere della prova, ossia di dimostrare che il rapporto contrattuale non è da lavoratore dipendente. 

Algoritmi

La direttiva non si ferma ai contratti, ma affronta anche la questione degli algoritmi usati dalle piattaforme per monitorare i lavoratori e compiere delle scelte sul loro utilizzo. Le nuove norme obbligano le aziende a prevedere una "supervisione umana dei sistemi automatizzati per garantirne la conformità alle condizioni di lavoro" e danno ai lavoratori "il diritto di contestare le decisioni automatizzate, come la chiusura o la sospensione degli account".

Inoltre, le piattaforme non potrranno trattare dati sullo stato emotivo o psicologico di qualcuno o utilizzare strumenti di intelligenza artificiale per prevedere, ad esempio, se i lavoratori intendono aderire a un sindacato o scioperare. Le persone che lavorano attraverso le piattaforme manterranno il diritto di trasferire i propri dati da una piattaforma all’altra, garantendo la portabilità dei dati e la possibilità di spostarsi senza problemi tra le piattaforme.

"È un testo equilibrato che tutela i lavoratori, buoni datori di lavoro e prevede condizioni di parità a livello europeo", dice l'eurodeputata del Pd Elisabetta Gualmini. "Sarà anche la prima volta che avremo norme Ue sulla gestione algoritmica sul posto di lavoro. Una maggiore trasparenza e responsabilità per gli algoritmi e una maggiore protezione dei dati per i lavoratori delle piattaforme dovrebbero diventare un vero punto di riferimento a livello globale", conclude Gualmini.

Quanti sono i lavoratori delle piattaforme 

Nell'Unione euroepa, sono attive più di 500 piattaforme di lavoro digitale, per un giro d'affari da 20 miliardi di euro. I lavoratori in questo settore (rider, tassisti, ma anche informatici) sono circa 28 milioni. Entro il 2025, si prevede che il loro numero raggiungerà i 43 milioni. Una bella fetta dell'occupazione europea, che però spesso si ritrova a percepire salari da fame: circa il 55% degli occupati nelle piattaforme guadagna meno del salario orario minimo del Paese in cui lavorano, scrive la Commissione europea.

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