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Giovedì, 25 Aprile 2024
Lavoro

Ue ammette: il Patto di stabilità non funziona, riforma entro l'anno

La Commissione avvia una consultazione pubblica e promette di cambiare le regole nei prossimi mesi. Per Gentiloni: "Basta focalizzarsi sui decimali, serve crescita". Ma per il falco Dombrovskis il problema è solo di comunicazione

Pochi mesi fa, già gli esperti economici di Bruxelles avevano ammonito: il Patto di stabilità non funziona e va rivisto per liberare gli investimenti dalle tenaglie del Fiscal compact. Adesso, è la stessa Commissione europea ad ammettere che le regole fissate per stabilizzare i bilanci dei Paesi Ue e favorire la crescita vanno riscritte. E per questo, ha lanciato una consultazione pubblica cui seguirà, entro la fine del 2020, una prima proposta di riforma.

Riformisti e falchi

Almeno questa è la road map indicata da Bruxelles. Come e quanto il Patto sarà cambiato dipenderà dal braccio di ferro tra le diverse anime dell'esecutivo comunitario. Perché a un Paolo Gentiloni, commissario all'Economia ed esponente dell'ala più 'riformista', che invita a non concentrarsi sui "decimali" ma a dare "impulso alla crescita e agli investimenti", fa da contraltare il vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis, considerato un falco dell'austerity, per il quale le criticità del Patto non riguardano l'efficacia, ma il fatto che le sue regole sono "difficili da comunicare".  Un problema di comunicazione, insomma.

L'ammissione di Bruxelles

A prescindere dalle posizioni, il documento presentato dalla Commissione per dare il via al coinvolgimento delle parti interessate, compresi i cittadini, e soprattutto alla riforma, contiene delle ammissioni. Se da un lato, grazie ai vari pacchetti di misure varati da Bruxelles e inseriti nel Patto (come il 'six-pack' e il 'two-pack'), l'economia europea abbia "registrato sette anni di crescita ininterrotta", dall'altro "il potenziale di crescita di molti Stati membri non è tornato ai livelli pre-crisi e il debito pubblico rimane elevato in alcuni di essi. Lo slancio delle riforme si è affievolito e i progressi compiuti sono diventati disomogenei nei vari Paesi e settori d'intervento politico", si legge in una nota della Commissione.

Regole troppo complesse

Inoltre, i risparmi e i tagli di bilancio non hanno migliorato la qualità della spesa pubblica: "La composizione delle finanze pubbliche - scrive Bruxelles - non è diventata più favorevole alla crescita, con gli Stati membri che scelgono sistematicamente di aumentare la spesa corrente anziché proteggere gli investimenti". Altro punto debole, che è poi il perno su cui, diplomaticamente, si è trovata la convergenza tra 'riformisti' e 'rigoristi' della Commissione, riguarda la complessità delle regole: "Questa complessità ha reso il quadro meno trasparente e prevedibile, ostacolando la comunicazione e la titolarità politica", ossia favorendo un dibattito nazionale in cui Bruxelles viene spesso additata come la 'maestra cattiva' che impone misure lacrime e sangue, e che nasconderebbe, secondo la Commissione, le responsabilità della classe politica locale.

Gli investimenti verdi

L'esecutivo, dunque, punterà a semplificare le regole. Ma cosa riguarderà in concreto questa semplificazione? Un primo aspetto lo ha chiarito Gentiloni in conferenza stampa: occorre fare in modo che le norme sui conti non impediscano gli investimenti 'verdi', quelli su cui punta il mega-progetto di riconversione ecologica dell'economia varato dalla nuova Commissione con il Green deal. Per consentire a Paesi ad alto debito pubblico come l'Italia di investire in tal senso, occorre pero' rivedere i parametri con cui di volta in volta Bruxelles stabilisce quanto spendere e quali spese 'scontare' dai limiti del Patto con la cosiddetta flessibilità.

I parametri

Su questo punto, la Commissione non si addentra nei tecnicismi, ma cita l'output gap, uno di quegli indicatori accusati da un lato di punire eccessivamente le valutazioni sulla stabilità dei conti pubblici e dall'altro di lasciare troppa discrezionalità alle scelte soggettive dell'esecutivo Ue. Nella sua comunicazione, Bruxelles ammette che questo tipo di variabili ostacolano "la definizione di orientamenti politici stabili". E pertanto, vanno riviste. L'obiettivo di fondo è arrivare a valutazioni che tengano conto maggiormente "della dimensione pluriennale di impegni e sforzi di bilancio e non annuale come avviene attualmente", spiega Radiocor. In altre parole, basta muro contro muro ogni fine anno sulle leggi di stabilità.

Per dirla con Gentiloni, bisogna concentrarsi sugli "errori gravi" degli Stati e non sui "decimali", i famosi 'zero virgola' su cui quasi ogni anno si apre un braccio di ferro mediatico, per esempio, tra l'Italia e la Commissione.   

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