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Lunedì, 18 Marzo 2024
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“Gli italiani più ricchi dei tedeschi”. Lo dice Bankitalia, ma è davvero così?

Il dato non è nuovo e in effetti, a livello statistico, le nostre famiglie hanno un livello di ricchezza pro-capite più alto. Ma questo non significa che stanno meglio. Il motivo ce lo spiega l’economista dell’autorevole think tank Bruegel, Francesco Papadia

Le famiglie italiane sono tra le più ricche d’Europa. Persino più ricche di quelle tedesche. A dirlo è uno studio pubblicato dalla Banca d’Italia sulla base di dati Istat. E a dirla tutta non è una novità: storicamente, questo tipo di statistica ci vede primeggiare. E anzi, il vantaggio rispetto alla Germania si è ridotto. Ma fatte queste precisazioni, gli italiani sono davvero più ricchi dei tedeschi? In altre parole, in quanto a benessere economico, si sta meglio in Italia o in Germania?

“Non bisogna fare confusione tra ricchezza e reddito”, taglia subito corto Francesco Papadia, economista e senior fellow di un autorevole think tank di Bruxelles, il Bruegel. “Quello misurato da Bankitalia è il valore della ricchezza che riguarda innanzitutto sia le famiglie propriamente dette, sia le imprese individuali, professionisti, autonomi – continua – Questo valore è determinato da diversi fattori, tra cui, quello più importante, almeno nel confronto tra Italia e Germania, riguarda la proprietà della casa”. Gli italiani, infatti, sono tra i cittadini europei che hanno più case di proprietà, circa il 70%, mentre in Germania la percentuale è la più bassa nella Unione Europea, intorno al 50%.

Come mai questa differenza?

“I tedeschi sono più propensi ad affittare la casa, piuttosto che acquistarla. E inoltre, i prezzi delle case in Germania sono stati storicamente più bassi (non a caso, come dimostra lo studio di Bankitalia, il recente aumento dei prezzi nel mercato immobiliare tedesco, a fronte della stagnazione di quello italiano, ha portato a ridurre la forbice della ricchezza tra le famiglie dei due Paesi, ndr). Inoltre bisogna anche considerare che le case non in mano alle famiglie sono possedute da società, che sono fuori da questa statistica”.

Quindi stiamo peggio o stiamo meglio dei tedeschi?

“Come dicevo, il dato da guardare è il reddito. E su questo tra italiani e tedeschi non c’è paragone: secondo la Bce il reddito disponibile pro capite delle famiglie in Germania è di oltre 25 mila euro mentre in Italia è meno di 20 mila euro. A questa differenza ha contribuito il fatto che, quanto a reddito pro capite, l’Italia ha perso diverse posizioni negli ultimi anni”.

L’ex premier Matteo Renzi, quando si trattava di discutere con l’Ue sulla sostenibilità delle finanze italiane, citava spesso il dato del risparmio delle famiglie. Come a dire, l’Italia avrà un alto debito pubblico, ma ha la ricchezza per affrontarlo

“Facciamo ordine: il risparmio che si accumula nel tempo è la determinante principale della ricchezza delle famiglie, ma questo non significa che lo Stato italiano possa contare su questa ricchezza per ripagare il proprio debito. Le faccio un esempio paradossale: la gran parte della ricchezza degli italiani è rappresentata dalle case, cosa vuole fare lo Stato? Espropriare le case per ripagare il debito? Più in generale, lo stato deve convincere i risparmiatori e gli investitori a prestargli i soldi per finanziare il proprio deficit, a meno che non voglia espropriarli. La ricchezza delle famiglie non compensa il debito dello Stato. Non c’è un meccanismo automatico. Lo spread lo dimostra”.

A proposito, lei ha poco tempo fa lanciato l’allarme sul rischio di un maggior costo e di una contrazione del credito verso le imprese italiane come conseguenza del rialzo dello spread che si è verificato durante il braccio di ferro tra il governo gialloverde e la Commissione europea sulla manovra e in particolare sul livello di deficit. In queste ore, il vicepremier Luigi Di Maio è tornato alla carica dicendo che, pur di evitare l’aumento dell’Iva previsto dalle clausole di salvaguardia, l’Italia potrebbe portare il deficit sopra il 3%. Lei che ne pensa?

“Se lo Stato italiano non dà sicurezza, con una conduzione prudente della finanza pubblica, sul fatto di essere in grado di restituire i soldi a chi glieli presta, lo spread aumenta, gli interessi aumentano, e questo aggrava la situazione delle casse pubbliche e del credito verso imprese e famiglie. Ricordo che non molto tempo fa, nel 2012, con lo spread alle stelle, i creditori non erano più disposti a comprare i titoli italiani. Oggi non siamo a quei livelli, ma comunque lo Stato italiano deve offrire uno spread più che doppio di quello portoghese e di quello spagnolo. Peggio di noi fa solo lo Stato greco (lo spread dell'Italia è al 2,7, contro l'1,15 del Portogallo 1,15, l'1,01 della Spagna 1,01 e il 3,56 della Grecia). La costante richiesta di flessibilità sui conti pubblici è basata su un errore, ossia che la crescita si ottiene solo col deficit. Se fosse cosi’ saremmo i più ricchi al mondo, forse secondi solo all’Argentina”.

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