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Sabato, 20 Aprile 2024
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Hard o soft? La politica britannica litiga sulla Brexit e l'unione doganale. In ballo 450 miliardi

A tanto ammontano gli scambi commerciali annuali tra il Regno Unito e il resto dell'Ue. I laburisti di Corbyn e un pezzo della maggioranza di Theresa May chiedono di mantenere la situazione attuale. Ma la linea del govern è diversa

I laburisti che lanciano la campagna per restare nell'unione doganale. I Tory divisi. E sullo sfondo   450 miliardi di scambi commerciali liberi da tariffe. Che fanno gola a tutti, nel Regno Unito come nel resto dell'Ue. E' questo il quadro intorno al quale si sta combattendo l'ultima battaglia dei negoziati sulla Brexit. 

La campagna dei laburisti

Oggi, il leader del centrosinistra britannico, Jeremy Corbyn ha confermato le voci dei giorni scorsi: “I laburisti cercheranno di negoziare una nuova esaustiva unione doganale tra il Regno Unito e l'Ue per assicurare che non ci siano tariffe con l'Europa e aiutare a evitare qualsiasi bisogno di un confine rigido con l'Irlanda del Nord”, ha detto. Per il capo dell'opposizione, “non ha senso” girare le spalle a “regole commerciali libere da tariffe che hanno funzionato così bene”. Inoltre, ha aggiunto, “l'opzione di una nuova unione doganale con l'Ue assicurerà che Londra abbia voce in capitolo nei futuri accordi commerciali”. Per Corbyn, "la Brexit è quello che ne facciamo, insieme. La priorità dei laburisti è avere l'accordo migliore per l'occupazione e gli standard di vita". 

Le divisioni dei Tory

La proposta dei laburisti rischia di allargare la spaccatura interna alla maggioranza che sostiene il governo di Theresa May. Uno dei brexiter più duri e puri, il ministro degli Esteri Boris Johnson, ha definito “cinica” la posizione di Corbyn. Ma una parte dei Tory, sarebbe pronta a sostenere questa proposta in seno al Parlamento, quando si voteranno le linee guida che May dovrà presentare al prossimo e delicato vertice Ue di marzo a Bruxelles. Non ci sarà "alcuna forma di unione doganale" dopo la Brexit, ha ribadito oggi la premier, che deve salvaguardare la fragile intesa di governo raggiunta la scorsa settimana. 

Il bivio di Londra

Al di là dello scontro politico, il Regno Unito è a un bivio. Uscire dall'unione doganale, in linea con i promotori di una Brexit “hard”, potrebbe comportare il ritorno di tariffe salate negli scambi commerciali con i paesi Ue, eventualità che peserebbe sui settori dell'economia britannica più integrati con il mercato unico europeo. May pensa di poter rinegoziare le tariffe per ridurre l'impatto, ma le tensioni tra Londra e Bruxelles di queste settimane non sono certo una buona base di partenza. 

D'altro canto, mantenere la libera circolazione delle merci, stando alle linee rosse più volte ricordate dalla Commissione Ue, vuol dire accettare anche le altre libertà, come la libera circolazione delle persone (e quindi dei migranti), e restare sotto la giurisdizione della Corte di giustizia europea. Una Brexit “soft”, per intenderci. 

Quanto vale l'unione doganale con il Regno Unito

La posta in gioco è alta, sia a livello politico che economico. A livello politico, la posizione dei laburisti e le spaccature nei Tory potrebbero aprire la strada a un nuovo referendum. E far traballare il governo May.

A livello economico, in ballo ci sono i 173,8 miliardi di beni che ogni anno il Regno Unito esporta nei paesi Ue.  Ma, dall'altra parte, i circa 272 miliardi di beni importati dal resto dell'Unione. Beni che, come dimostra il caso dell'industria auto, sono spesso fondamentali per mantenere la manifattura britannica competiviva nei mercati mondiali. 

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