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Martedì, 23 Aprile 2024
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Economia, esperti concordano: 2019 a rischio crisi. Ecco le 7 possibili cause

Secondo diversi analisti, l'anno che verrà sarà caratterizzato da diversi fattori che porteranno incertezza sul piano economico. Se non un nuovo crack

Dalla Brexit alla fine del quantitative easing di Draghi, dalla guerra commerciale Usa-Cina alle elezioni europee, passando per il rallentamento dell'economia globale, il rialzo dei tassi della Fed e il calo dei prezzi del petrolio. Sono i 7 fattori che secondo diversi esperti caratterizzeranno il 2019. Con il rischio di provocare una nuova crisi, “come quella del 2008”, si legge in un'editoriale del quotidiano belga La Libre. 

Che la profezia si avveri o meno (sperando tutti nella seconda opzione), i fattori di incertezza restano. L'Agi li affronta uno per uno.

Brexit

Quella della Brexit è una matassa di cui ancora è difficile trovare il bandolo. Due anni e mezzo di negoziati, summit e crisi di governo non sono bastati per cancellare l'incertezza che la contraddistingue. Con Bruxelles è stato raggiunto un importante accordo politico, che attesta le volontà di entrambe le parti di mantenere solide e amichevoli relazioni nel lungo periodo, definendo le basi per l'accordo di libero scambio che Londra e Bruxelles dovranno negoziare durante un periodo di transizione. Tuttavia, la premier Theresa May, superato lo scoglio del voto di sfiducia in Parlamento, dovrà ora far approvare l'intesa a Westminster. 

Altro ostacolo non da poco è quello della Spagna, che chiede venga aperto un tavolo negoziale a parte per definire la questione Gibilterra. Il 21 gennaio 2019 è la data-limite del Parlamento britannico per approvare l'accordo sulla Brexit. May si augura di riuscire a conquistare la maggioranza e impostare i primi provvedimenti di "assestamento" entro la fine dell'anno, ma Westminster rappresenta l'ostacolo più difficile da superare. Il governo infatti, conta su una maggioranza risicata, che si regge sui voti dei 10 deputati del Partito unionista dell'Irlanda del Nord (Dup). Ed è qui che entra in gioco una delle questioni più spinose di Brexit: il confine irlandese. 

Sia Londra che Bruxelles vogliono mantenere aperto il confine tra le due Irlande, l'unica frontiera terrestre a separare il Regno Unito dall'Ue. Le modalità sono ancora tutte da definire, ma il Dup ha dichiarato da subito la propria contrarietà. I deputati unionisti chiedono una netta separazione da Dublino, oltre che condizioni post-Brexit uniformi per tutto il Regno Unito. Infatti il confine aperto potrebbe comportare uno status doganale e commerciale "speciale" per il Nord Irlanda, cosa non gradita al Dup. 

Inoltre, nel partito di governo dei Tories ci sono brexittiani radicali - schierati a favore di una "hard Brexit", opposta alla versione soft negoziata sin qui. Se il Parlamento non dovesse approvare il testo dell'intesa, si aprirebbero una serie di scenari non prevedibili, tra cui la caduta del governo stesso e la possibilità di un secondo referendum. Il 29 marzo 2019 è invece il 'Brexit Day'. Alle 23 del 29 marzo il Regno Unito non farà più formalmente parte della Ue. Prenderà cosi' avvio il periodo di transizione. Ma non è detto.  

Bce, l'addio di Draghi 

Dal primo gennaio la Bce ha già detto che terminerà il Quantitative easing, il programma di acquisti avviato nel 2015 e con il quale ha accumulato 2.600 miliardi di titoli del debito pubblico e di corporate bond. La Bce assicura che la sua politica resterà accomodante e che procederà con lo smaltimento dei titoli in scadenza comprati fin qui. Inoltre fa sapere che l'aumento dei tassi non inizierà prima dell'estate del 2019. A ottobre del 2019 scadrà anche il mandato di Mario Draghi, in carica dal 2011, che verrà molto probabilmente sostituito da un banchiere molto più 'falco' di lui. In ogni modo il profilo politico ed economico della futura Bce sarà molto diverso già nel 2019 rispetto a quello attuale. 

Le elezioni europee a maggio  

Tra il 23 e il 26 maggio 2019 i cittadini dell'Ue, Regno Unito escluso, saranno chiamati a votare per l'elezione dei loro rappresentanti al Parlamento europeo. La prossima legislatura avrà un orizzonte di 5 anni e sarà composta da 705 deputati, contro i 751 attuali. All'Italia saranno assegnati 76 seggi, 3 in più rispetto alla scorsa legislatura. Al centro delle europee del prossimo anno ci sarà lo scontro tra gli europeisti e i cosiddetti sovranisti, cioé quell'eterogeneo agglomerato di formazioni politiche dentro le quali si schierano nazionalisti, localisti e populisti. Dall'esito della contesa emergerà lo scenario dell'Europa dei prossimi 5 anni e probabilmente dipenderà, in qualche misura, anche il futuro dell'euro. 

La guerra commerciale tra Cina e Usa 

La tregua commerciale concordata a Buenos Aires tra Usa e Cina durerà 90 giorni, durante i quali Stati Uniti e Cina proseguiranno i negoziati. In vista della scadenza di questa pace a tempo, prevista per le fine di marzo 2029, la Cina ha deciso di "ridurre e rimuovere i dazi sulle auto provenienti dagli Usa" che "attualmente sono al 40%". Sono anche ripartiti gli scambi bilaterali sui prodotti agricoli, in particolare sugli acquisti di soia Usa da parte dei cinesi. Lo scorso 10 dicembre, con una telefonata, il segretario al Tesoro americano Steven Mnuchin, il rappresentante al commercio Robert Lighthizer e il vice primo ministro cinese, Liu He, hanno inaugurato i negoziati stabilendo una sorta di agenda delle trattative. 

Nella conversazione telefonica si è discusso del programma e della roadmap dei negoziati sul commercio. E' stato confermato da parte americana che il primo gennaio non verrà alzata l'aliquota dal 10 al 25% sui dazi imposti su 200 miliardi di dollari di prodotti cinesi. Inoltre i cinesi si sono detti disponibili a rivedere il loro piano industriale Made in China 2025 che punta, tra le altre cose, al primato del paese in vari settori tra cui intelligenza artificiale e robotica. 

Nel frattempo Pechino e Washington hanno avviato una serie di duelli a colpi di arresti a sorpresa, usando il Canada come punching ball. Il Canada, su indicazione degli Usa, ha arrestato Meng Wanzhou, direttore finanziario del colosso delle tlc Huawei e figlia del fondatore Ren Zhengfei, accusandola di aver fomentato la violazione delle sanzioni con l'Iran. Qualche giorno dopo Meng è stata rilasciata, ma Pechino intanto ha arrestato un diplomatico canadese, probabilmente per "ritorsione". E le schermaglie non sono destinate ad esaurirsi qui. 

Il rialzo dei tassi da parte della Fed 

Quest'anno la Federal Reserve Usa ha ritoccato per 4 volte i tassi di interesse verso l'alto, dando il via a quella che lo stesso istituto ha definito una 'normalizzazione' della sua politica monetaria. Lo scorso 20 dicembre la Fed ha rialzato, come previsto, al 2,25-2,5% i tassi Usa, mostrando una maggior cautela per il 2019: ora la Banca centrale americana ha messo sul tavolo due altri rialzi dei tassi, rispetto ai tre inizialmente preventivati. 

Il tono della Fed pero' non è piaciuto ai mercati, che non hanno mai mostrato di apprezzare Jerome Powell, il numero uno della Fed, messo li' da Donald Trump. Risultato: una serie di tracolli a catena a Wall Street e sugli altri mercati, rafforzati dal timore di un rallentamento dell'economia mondiale e dai ripetuti attacchi di Trump alla Fed, accusata di avere troppa fretta di rialzare i tassi. Per il 2019 gli esperti si aspettano che già a fine giugno la Fed riporti i tassi Usa al 3%. 

Il rallentamento dell'economia globale 

Il rialzo dei tassi della Fed, la stretta monetaria più ampia a livello globale, la guerra commerciale, il calo dei prezzi del petrolio, la Brexit e l'aumento delle tensioni geopolitiche rappresentano altrettante 'mine', per l'economia globale, che tutti i principali osservatori prevedono in rallentamento nel 2019. Il Fmi ha già stimato una crescita globale del 3,7% contro quella del 3,9 precedentemente prevista. Altri analisti, come Schroders, sono molto più pessimisti e prevedono una crescita globale al 2,9% l'anno prossimo. I mercati stanno già dando per scontato un rallentamento generalizzato, con punte di recessione in diverse aree, non esclusa l'Italia, la quale, secondo Goldman, 'flirterà' con la recessione nel 2019. Insomma, la previsione à quella di una locomotiva mondiale piuttosto appannata e in affanno l'anno prossimo. 

Il calo del prezzo del petrolio 

Il calo è legato a due fattori: l'eccesso di rifornimenti sui mercati e il crescente pessimismo sull'andamento dell'economia mondiale. Il mercato è scettico sulla capacita' dell'Opec+ (Paesi Opec piu' i loro alleati, Russia inclusa) di ridurre nel 2019 la produzione in modo da rimuovere il surplus di offerta associato alla crescita della produzione di petrolio di scisto proveniente dagli Stati Uniti. Inoltre da novembre è iniziato il blocco Usa delle esportazioni di petrolio dell'Iran. Con sanzioni anche su imprese non americane che commercino con Teheran e abbiano rapporti con gli Stati Uniti. 

Ad alcuni Paesi, tra cui l'Italia, è stata concessa un'esenzione di 6 mesi, ma nel 2019 l'export petrolifero iraniano, la quarta potenza petrolifera mondiale, subirà una drastica riduzione. Secondo gli esperti, nei prossimi mesi molto difficilmente il prezzo del greggio ritornerà sopra i 60 dollari e per i più pessimisti rischia di avvicinarsi ai 45 dollari al barile. 

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