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Venerdì, 19 Aprile 2024
Lavoro

Il Di Maio "cinese" preoccupa l'Ue: "Pechino potrebbe controllare infrastrutture strategiche"

Il governo gialloverde, sotto la spinta del M5s, vuole chiudere l'accordo sulla Nuova via della seta. Il Belpaese sarebbe il primo Stato fondatore dell'Unione ad aderirvi. Cosa che Bruxelles e Washington non vedono di buon occhio

L'ultimo campanello d'allarme è arrivato all'inizio di questa settimana: l'Italia, unico Paese Ue insieme all'uscente Regno Unito, non ha votato il nuovo pacchetto di norme varato da Bruxelles per "controllare" gli investimenti esteri nel mercato comunitario. Una sorta di screening europeo dei capitali provenienti da fuori i confini utile a fermare eventuali ingerenze di potenze extra-Ue. Il motivo del "no" italiano, a Bruxelles come nelle cancellerie europee, ha un nome ben preciso: Cina.

I timori di Bruxelles e Washington

L'Italia, infatti, potrebbe aderire a breve alla Nuova via della seta, l'enorme progetto infrastrutturale che mira a collegare la Cina alle economie di Europa, Medio Oriente e Africa. Lo riporta il quotidiano spagnolo "El Pais", spiegando che l'imminente firma degli accordi fra Pechino e Roma ha destato preoccupazione all'interno della Commissione europea e fatto scattare gli allarmi anche a Washington. Ue e Usa - spiega "El Pais" - temono che la Cina possa assumere il controllo di infrastrutture strategiche, attraverso prestiti o acquisizioni. Proprio quelle operazioni su cui Bruxelles intende avere l'ultima parola con il pacchetto approvato questa settimana, ma su cui l'Italia si è astenuta.

L'attivismo di Di Maio

Che il promotore di questo avvicinamento alla Cina sia il leader 5 stelle Luigi Di Maio è ormai cosa nota. Dopo il suo viaggio a Pechino, infatti, Di Maio si è speso per portare il presidente cinese Xi Jinping in Italia. Non ci sono ancora date ufficiali, ma pare che il leader cinese potrebbe arrivare a Roma a fine mese, per poi fare un breve salto anche in Sicilia. E in questa occasione sottoscrivere un memorandum d'intesa con l'Italia per aprire i porti di casa alle merci in arrivo dalla Cina. In cambio di cospicui investimenti, come quello sulla rete 5G che Huawei, in barba ai timori di spionaggio sollevati negli Usa e in Europa, sta portando avanti. 

I piani di Pechino

Del resto, la Nuova via della seta era già nata, nei piani di Pechino, con una decisa 'connotazione italiana'. Per arrivare in Europa, infatti, la Cina ha immaginato due direttrici per quello che è stato ribattezzato programma "One Belt and One Road": una terrestre, che dovrebbe attraversare l'Europa dell'Est per arrivare in Spagna attraverso Germania e Francia. E una marittima che vede l'Italia quale snodo fondamentale, dal momento che sarebbe l’ultimo porto del Mediterraneo prima del transito delle merci verso il Nord Europa.  

La via marittima 

Per quanto riguarda la via terrestre, la Cina ha già sottoscritto accordi con 11 Paesi Ue dell'Est (tra cui l'Ungheria) e cinque dei Balcani. Ma manca ancora l'intesa con il "motore Ue", ossia il duo Germania-Francia. In attesa di trovare un accordo con Merkel e Macron, la Cina potrebbe accelerare i suoi piani proprio grazie alla sponda marittima dell'Italia. Ed è forse questo uno dei motivi di maggiore preoccupazione di Bruxelles, Berlino e Parigi. 

Francia e Germania, infatti, temono che i capitali cinesi possano rompere gli equilibri di potere interni all'Ue. Ma anche esterni: l'Italia, infatti, qualora aderisse già a marzo alla Nuova via della seta, non sarebbe solo il primo Paese fondatore dell'Ue a farlo, ma anche il primo membro del G7. 

Già il precedente governo di Paolo Gentiloni si era speso per il progetto di Pechino: durante l’OBOR Summit del 2017, l'allora premier aveva proposto i porti delle città di Venezia, Trieste e Genova come terminali della via marittima della seta. Ma l'attivismo di Gentiloni era condotto sempre nel quadro di un accordo che coinvolgesse l'intera Ue: niente fughe in avanti rispetto a Berlino e Parigi, insomma. Partner che, invece, Di Maio non sembra voler attendere.  

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