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Sabato, 20 Aprile 2024
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Non studiano e non lavorano, ai giovani italiani maglia nera Ue

Numeri in diminuzione ma la percentuale dei neet italiani è quasi il doppio di quella dell'Eurozona. I dati peggiori si registrano soprattutto al sud

Cala ancora il numero dei neet italiani ma purtroppo il nostro Paese rimane la maglia nera europea per giovani tra i 20 e i 24 anni che non lavorano, non studiano e non si formano. Lo rileva una indagine del Centro studi Cna secondo cui alla fine del 2018 erano 875mila, in diminuzione rispetto all'anno precedente sia in valore assoluto (-29mila unità) sia in termini relativi (dal 28,1 al 27,1 per cento).

C'è poco da festeggiare

Il calo, in verità, prosegue dal 2014 quando i neet rappresentavano il 32 per cento della popolazione giovanile. "Ma c'è poco da festeggiare. Non si può dimenticare - scrive Cna nel rapporto - né tanto meno nascondere, che questo grandissimo problema rimane praticamente intatto.

Lo scarto col resto d'Europa

Enorme continua a essere, infatti, lo scarto tra Italia e resto d'Europa". Secondo i dati presenti nell'indagine, contro il 27,1 per cento del nostro Paese la media dell'Eurozona si ferma al 15,3 per cento e della Ue a 28 Stati al 14,9 per cento. All'opposto dell'Italia si situa l'Olanda (6,3 per cento) e seconda alle nostre spalle è la Grecia (20,7 per cento). Tra i pari taglia, i neet in Spagna rappresentano il 17,7 per cento, in Francia il 17,1 per cento, nel Regno Unito il 14,2 per cento e in Germania l'8,6 per cento.

Il divario tra nord e sud

"Questi dati di sintesi sono, però, fuorvianti. Nascono - evidenzia ancora la Cna - da una media nazionale che accomuna due Italia compiutamente diverse. Secondo l'Eurostat, solo un neo-diplomato su due riesce a inserirsi nel mercato del lavoro entro tre anni dal conseguimento del diploma. Mentre i dati delle regioni centro-settentrionali risultano in linea con i Paesi europei più sviluppati, però, quelli delle regioni meridionali sono del tutto insoddisfacenti". "Un altro dato risulta molto allarmante", continua poi la Cna: rispetto a prima della crisi (2008) i neet italiani sono aumentati del 5,5 per cento (151mila unità), l'incremento più alto in Europa. Per addurre qualche esempio, in Francia e in Spagna la crescita del loro numero è stata ben più lieve (rispettivamente +1,4 e +1,1 per cento) mentre nel Regno Unito (-1,9 per cento) e in Germania (-4,3 per cento) si sono addirittura ridotti.

Lunghi tempi di disoccupazione

Inoltre, continua l'indagine, se il 50,9 per cento dei neet davvero non studia, non si forma né cerca un'occupazione, il rimanente 49,1 per cento, che un lavoro lo cerca, difficilmente lo trova e il suo periodo di disoccupazione può essere molto lungo. Un peso maggiore, quindi, nella proliferazione di NEET in Italia lo portano le difficoltà nel mercato del lavoro. Lo dimostra un altro dato. Anche chi cerca di associare allo studio una prima occupazione incontra ostacoli quasi insormontabili: ci riesce solo il 5 per cento contro il 32 per cento della Germania, il 21,3 per cento del Regno Unito, il 19,5 per cento della Francia e il 12,7 per cento della Spagna. Da che cosa scaturisce, si chiede la Cna, il record negativo italiano?

Crescita insufficiente

"Il nostro Paese è ormai caratterizzato da troppi anni da ritmi di crescita insufficienti. Ne discende la debolezza della domanda di lavoro, accentuata da una legislazione che spesso non facilita l'ingresso dei giovani, soprattutto nelle imprese micro e piccole, vale a dire oltre il 98 per cento del tessuto produttivo. Proprio le imprese artigiane micro e piccole sono invece il luogo ideale per i giovani in cerca di occupazione. Rappresentano, infatti, una sorta di palestra dov'è possibile apprendere mestieri manuali specializzati potendo avvalersi dell'esperienza e della guida diretta del datore di lavoro", prosegue l'indagine.

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