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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Di Maio come Salvini: “Diamo a Ue 20 miliardi e ce ne tornano 12”. Ma è falso

Il candidato premier del Movimento 5 Stelle ha ribadito un mantra del leader del Carroccio, per cui l'Italia, nel dare e avere con Bruxelles, “perderebbe” ogni anno 8 miliardi di euro. Ma negli ultimi 10 anni non è mai successo. La media è molto più bassa. E dipende anche dall'incapacità delle regioni di spendere i fondi strutturali

“Come Italia oggi abbiamo una grande occasione di contare, perché diamo all'Ue 20 miliardi e ce ne ritornano indietro solo 12. Quindi ci faremo ascoltare”. Magari la premessa non è sbagliata, ma il resto del ragionamento del candidato premier del Movimento 5 Stelle, Luigi Di Maio, non coincide con i numeri ufficiali consultabili pubblicamente sul sito della Commissione Ue.

Già, perché se è vero che l'Italia è un “contributore netto” del bilancio dell'Unione europea, ossia versa alle casse Ue più di quanto riceve da Bruxelles, l'ammontare del saldo negativo non ha mai raggiunto, almeno nell'ultimo decennio, quanto dichiarato oggi in una intervista da Di Maio. Che tra l'altro ha ripreso le stesse cifre snocciolate dal leader della Lega Nord (ed eurodeputato) Matteo Salvini in più occasioni.   

Il saldo reale

Per dirla tutta, guardando ai conti annuali, tra il 2007 e il 2016 l'Italia non ha mai “speso” 20 miliardi. Il versamento massimo è stato nel 2013 con 15,7 miliardi. E lo scarto massimo tra quanto dato e quanto ricevuto è stato nel 2011, quando il saldo negativo ha raggiunto i 6 miliardi. Mentre il più basso si è registrato nel 2016, quando è stato di 2,3 miliardi. 

Ma i conti vanno fatti guardando un po' più a lungo: e cosi' si scopre che il saldo negativo del nostro paese, tra il 2007 e il 2016, è stato in media di 3,8 miliardi all'anno. Niente a che vedere con gli 8 miliardi di cui parlano Di Maio e Salvini. 

Non siamo i più "generosi"

Siamo contributori netti, è vero. Ma non siamo gli unici. Prendiamo per esempio gli ultimi dati disponibili, quelli relativi al 2016: la Germania tra somme versate e fondi ripresi ha “perso” 13 miliardi, la Francia 8,1, il Regno Unito 5,5, l'Olanda 2, la Svezia 1,5 e il Belgio 1,1. Noi ci attestiamo sui 2,3 miliardi. In altre parole, appena 300 milioni sopra l'Olanda che ha un quarto dei nostri abitanti. E 800 milioni in più della Svezia, che ha “appena” 10 milioni di abitanti.

Fondi Ue ricevuti, secondi solo alla Polonia

Restiamo contributori netti, è vero. Ma non siamo fessi. Già, perché, come si è visto per il 2016, non siamo certo gli unici “generosi” dell'Ue (e neppure i più generosi), ma in compenso siamo il secondo paese in Europa che più beneficia dei fondi strutturali, quelli per lo sviluppo delle regioni, per esempio. 

Tra il 2007 e il 2013, infatti, l'Italia ha ricevuto circa 24 miliardi di euro di fondi strutturali, secondi solo alla Polonia. Ma come ha dimostrato il recente caso della Sicilia, che è stata condannata a restituire 380 milioni di euro spesi in maniera irregolare (spese non rendicontate, personale non necessario, consulenti esterni senza qualifiche), facciamo fatica a utilizzare queste risorse. Non a caso, se si guarda alle tabelle annuali, emerge che quanto è più ampio il saldo negativo tra contributi all'Ue e risorse ricevute, tanto più bassa è la quota di fondi strutturali spesi: nel 2011, per esempio, abbiamo avuto il record negativo di spesa di fondi strutturali (2,3 miliardi) e di conseguenza il record di saldo negativo. Al contrario, nel 2007, quando siamo riusciti a spendere più fondi per le regioni (4,4 miliardi), il saldo negativo si è ridotto notevolmente.

Leader nell'export nel mercato unico

Questo vuol dire che se è vero che siamo contributori netti dell'Ue, è anche vero che quanto “perdiamo” tra dare e avere dipende in una misura consistente dalla nostra capacità di usare le risorse europee. E questo vale anche per altre linee di finanziamento, come quelle per i grandi progetti dell'Efsi. Senza dimenticare i vantaggi indiretti del far parte dell'Europa: se si guarda per esempio all'export delle nostre imprese nel mercato interno europeo, siamo secondi solo alla Germania

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