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Venerdì, 26 Aprile 2024
Fake & Fact

"L'Ue impone all'Italia di dare le case popolari ai rom". Ma è una bufala

Media e politici, da Salvini a Meloni, riportano le parole dell’assessore regionale del Lazio Sartore innescando una reazione a catena di articoli e polemiche su una presunta procedura di "pre-infrazione". Ma da Bruxelles arriva la smentita ufficiale: "Se avessimo attivato la procedura l'avremmo reso noto"

L'Unione europea impone all'Italia di assegnare le case popolari ai rom minacciando di avviare una “pre-procedura d’infrazione”. La notizia, riportata da alcune agenzie, ha subito sollevato un polverone di polemiche, con Matteo Salvini e Giorgia Meloni a lanciare subito moniti e accuse all'Ue. "Folle decisione, ennesima ragione per votare Lega alle europee", incalza il ministro degli Interni. Peccato che la notizia sia falsa. E che Bruxelles non abbia mai aperto alcuna infrazione.

La secca smentita arriva a 24 ore dall’inizio della vicenda. "Non abbiamo avviato alcuna procedura d'infrazione contro l'Italia sulla questione dell'edilizia popolare per i rom”, commenta laconico il portavoce della Commissione europea Christian Wigand. “Tutti i nostri procedimenti d’infrazione sono pubblici - precisa Wigand - quindi se lo avessimo avviata, l’avreste certamente saputo”. Ma facciamo un passo indietro.

Come nasce una fake news

Tutto nasce da una informativa dell'assessore laziale Alessandra Sartore, che parlando davanti al Consiglio regionale, ha ricordato una vecchia richiesta di chiarimenti da parte di Bruxelles alla Regione Lazio in merito a una legge del '99 sulla gestione degli alloggi popolari. La Commissione europea, era il 2012, aveva richiesto “una serie di informazioni nell'ottica della direttiva 2000/43 sull'uguaglianza razziale” dal momento che per la Ue, ha spiegato l’assessora, “le popolazioni rom sarebbero discriminate” da quella legge regionale. Tecnicamente, ha spiegato Sartore, questa procedura si chiama "pre-infrazione", anche se è semplicemente una richiesta di informazioni. Eppure, tanto è bastato perché sulle agenzie stampa e sui media, anche di rilievo nazionale, questa richiesta diventasse una vera e propria "procedura d'infrazione" aperta contro l'Italia.

Neppure il tempo di verificare la notizia, che è arrivato il post indignato di Matteo Salvini contro la Commissione europea, rea di insistere "per l’assegnazione delle case ai rom. Follia”. 

Fuori dal panorama politico, anche la popolare pagina Facebook “Noi poliziotti per sempre” con oltre 400mila fan riporta il “rischio procedura di infrazione” rilanciato da un’agenzia di stampa. I commentatori si scatenano: “I rom devo essere NOMADI!!!!!! D.C.!!!! NOMADI NON STANZIALI!!!!! Che prendano la loro droga, la loro roba rubata, i loro finti storpi e che si levino da davanti al c.” scrive testualmente un utente. “Adesso la Ue si occupa pure delle case popolari?”, si interroga una signora spaesata. 

A stretto giro, è arrivata l'invettiva di Giorgia Meloni: "Siamo alla follia. L'Unione europea ha avviato una procedura di infrazione contro la Regione Lazio perché secondo loro assegna poche case popolari ai rom. Ecco un motivo in più per andare in Europa per cambiare tutto. Fratelli d'Italia vuole affermare un principio chiaro: prima gli italiani nei servizi sociali, gli asili nido e le case popolari". 

La smentita

Le dichiarazioni dei due leader politici hanno sovrastato anche la rapida smentita della stessa assessora laziale, che ha spiegato come da parte della Commissione era stata avviata solo un'analisi delle normative di accesso all'edilizia residenziale pubblica delle varie regioni italiane. Non una procedura sul Lazio, ma una verifica su tutte le venti regioni italiane iniziata ben sette anni fa.

Del resto, se ci fosse stata davvero una procedura d'infrazione, questa sarebbe agli atti e pubblica. “Ogni volta che ci sono nuove procedure di infrazione lo comunichiamo pubblicamente”, assicurano fonti Ue. Agenzie e articoli di testate nazionali parlano inoltre di una “pre-procedura” che, mutatis mutandis, sarebbe come dire che un vigile urbano, nel mentre che verifica la regolarità di un’auto in sosta, si trova in fase di “pre-multa”.  

“Tale condizione di pre-infrazione - prosegue la Sartore - ha riguardato la legge regionale 12/1999 (…) ed è stata conclusa nel gennaio 2016 e da quel momento la Commissione non ha espresso pareri nel senso di un'apertura formale dell'eventuale procedura di infrazione”. In parole povere, niente “multa”. 

L’assessora precisa che quanto riportato oggi nella relazione in Consiglio regionale “segnala che, nell'eventualità della procedura di infrazione, la Regione si troverebbe nelle condizioni di dover valutare la compatibilità della Legge regionale 12/1999 con la Direttiva 2000/43/CE”. Tornando alla metafora del vigile e dell’auto in sosta, nell’eventualità di una multa il conducente si troverebbe ovviamente costretto a pagare la multa e spostare il veicolo. Ma, ancora una volta, non viene confermata l’esistenza di alcuna procedura d’infrazione da parte della Commissione europea.

La denuncia di Amnesty

La polemica arriva nella stessa giornata in cui Amnesty International pubblica i risultati del “monitoraggio dei discorsi d’odio”, un’analisi su “quanto e come i leader politici contribuiscono alla diffusione dell'odio nella rete”. Con ben poca suspence, gli attivisti per i diritti umani rendono noto che “nella prima settimana di monitoraggio ‘rom’ è il tema che ha scatenato il maggior numero di polemiche sui social media, col 76% (oltre 3 su 4) di contenuti negativi”. Seguono i temi sull’immigrazione, con il 73% di contenuti negativi sui social, minoranze religiose (70%) e, immancabilmente, donne (65%) e solidarietà (63%). 

Lo studio è frutto dell’analisi dei profili Facebook e Twitter dei candidati al Parlamento europeo più attivi online e dei leader di partito ai quali fanno riferimento. “Osserverà, inoltre - si legge nella metodologia dello studio - le reazioni e risposte degli utenti, per rilevare le eventuali correlazioni tra toni e messaggi veicolati dalla politica e sentimento delle persone rispetto a determinati temi”. 

Amnesty promette di continuare l’attività di monitoraggio sull’odio online fino alla conclusione della campagna elettorale. Nel mentre, mette a disposizione degli utenti un “kit per contrastare l’hate speech”. Tra il materiale consigliato per contrastare la violenza sul web non poteva mancare lo slogan “chi semina odio, raccoglie violenza”. 

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