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Sabato, 27 Aprile 2024
Il rapporto

Il primo produttore di armi dell'Ue è italiano

La classifica del Sipri: Leonardo si piazza alle spalle dei colossi di Usa, Cina e Russia. L'Italia è il sesto Paese al mondo per ricavi nel settore della difesa

Oltre 14 miliardi di euro di ricavi che fanno dell'Italia il sesto Paese al mondo nel settore della difesa. Con Leonardo che si conferma la prima azienda dell'Ue per vendita di armi. È quanto emerge dall'ultimo rapporto dello Stockholm international peace research institute (Sipri) sugli introiti derivanti dalla vendita di armi e servizi militari da parte delle 100 maggiori aziende del settore nel globo.

I signori delle armi

Secondo i calcoli del Sipri, nel 2022 questo mercato ha generato un giro d'affari di 548 miliardi di euro. Se si guarda alla cifra dei ricavi, rispetto al 2021 si registra una flessione del 3,5%. Ma a dispetto del calo negli incassi, su cui pesano l'inflazione e le interruzioni nella catena di approvvigionamento, la domanda globale è aumentata notevolmente, spinta dalla guerra in Ucraina. Per il Sipri, il boom del settore è solo rinviato: "Gli ordini in sospeso e l’impennata dei nuovi contratti suggeriscono che i ricavi globali degli armamenti potrebbero aumentare in modo significativo nei prossimi anni", si legge in un comunicato stampa dell'organizzazione con base a Stoccolma.

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A guidare la classifica dei produttori di armi sono gli Stati Uniti con ben 5 aziende nei primi cinque posti: su tutti svetta la Lockheed Martin con 59 miliardi di euro di ricavi. Al sesto posto c'è la britannica BAE Systems, con 24,8 miliardi. A completare la top10 troviamo tre aziende cinesi (Norinco, Avic e Casc) e la russa Rostec. Al tredicesimo posto la prima azienda dell'Unione europea, l'italiana Leonardo, con 12,4 miliardi di ricavi. Per trovare un'altra industria tricolore bisogna scendere al 46esimo posto, occupato dalla Fincantieri, che fa registrare ricavi per 2,5 miliardi, in leggero aumento rispetto al 2021.

Italia al sesto posto

Il trend positivo di Fincantieri è in controtendenza rispetto alla stragrande maggioranza delle aziende della difesa occidentali. "Nonostante abbiano ricevuto nuovi ordini (in particolare in seguito alla guerra in Ucraina, ndr), molte aziende produttrici di armi statunitensi ed europee non sono riuscite ad aumentare in modo significativo la capacità produttiva a causa della carenza di manodopera, dell'aumento dei costi e delle interruzioni della catena di approvvigionamento", scrive il Sipri. "Molte aziende produttrici di armi hanno incontrato ostacoli nell'adattarsi alla produzione per la guerra ad alta intensità", ha affermato Lucie Béraud- Sudreau, direttrice del programma su spesa militare e produzione di armi del Sipri. "Tuttavia, sono stati firmati nuovi contratti, in particolare per le munizioni, che potrebbero tradursi in maggiori entrate nel 2023 e oltre", aggiunge Béraud- Sudreau. Già oggi, alcune industrie europee, in particolare in Germania, Norvegia e Polonia, hanno visto aumentare i loro incassi grazie all'invio di munizioni e veicoli blindati in Ucraina.

In totale, le aziende europee hanno raggiunto i 111 miliardi di euro di ricavi nel totale. La quota dell'Italia è stata di poco più di 15 miliardi (il 2,6% del totale globale). La metà delle vendite nel mondo è stata incassata da aziende Usa (51%), seguite da quelle della Cina (18%). A seguire Regno Unito (7%), Francia (4,4%), Russia (3,5) e quindi il nostro Paese. In realtà, la quota di incassi italiani, come quelle degli altri Paesi Ue, dovrebbe essere maggiore di quella citata dal Sipri. Nel computo, infatti, sono considerate a parte le società trans-europee come la Mbda (4 miliardi introiti nel 2022), consorzio per la produzione di missili e tecnologie per la difesa di cui Leonardo detiene il 25% del capitale azionario. 

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