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Sabato, 27 Aprile 2024
La proposta

Soldi in cambio di riforme: così Bruxelles vuole controllare i fondi Ue alle regioni

La Commissione sta studiando nuove regole per la politica di coesione. Il modello è il Pnrr

I fondi Ue per regioni e enti locali potrebbero presto erogati a patto che gli Stati che li ricevono realizzino le riforme concordate con Bruxelles. È questa la proposta allo studio da parte della Commissione europea per riformare la gestione dei finanziamenti per la coesione, che rappresentano una fetta considerevole del bilancio Ue: ben 392 miliardi per il periodo 2021-2027, di cui circa 43 sono destinati all'Italia. Secondo una proposta di Bruxelles, non ancora formalizzata, gli Stati potrebbero non ottenere più soldi solo per aiutare lo sviluppo delle loro regioni più povere, come accade adesso, ma soltanto se dimostreranno di voler implementare progetti di riforma finalizzati al raggiungimento di obiettivi specifici. Un po' come avviene con il Pnrr.

Che cos'è il Fondo di coesione?

La Politica di coesione ha l'obiettivo di fornire sostegno economico agli Stati membri più poveri dell'Ue per aumentare appunto la coesione economica, sociale e territoriale dell'Unione. Si tratta della principale politica di investimento dell'Unione europea con lo scopo di sostenere la crescita economica, la creazione di posti di lavoro, la competitività delle imprese, lo sviluppo sostenibile e la protezione dell'ambiente in tutti gli Stati membri. 

Circa un terzo del bilancio settennale dell'Ue va proprio alla Politica di coesione, che suddivide poi il suo budget fra diversi programmi come il Fondo per lo sviluppo regionale europeo (progetti su ambiente, infrastrutture, trasporti, etc), il Fondo sociale europeo (formazione, sostegni all'occupazione, lotta alla povertà, etc) e il Fondo per una transizione giusta (che destina 1,2 miliardi a Taranto e al Sulcis). Dall'Italia al Portogallo fino all'Ungheria e alla Bulgaria, 15 Stati beneficiano del finanziamento per il periodo corrente in tutto il territorio comunitario. 

Cosa cambierà?

La Commissione vuole far tesoro dell'esperienza del Next generation EU (più noto come Pnrr ai nostri lidi), utilizzando una gestione dei fondi di coesione basata sul principio "soldi in cambio di riforme". Finora, i soldi Ue per le regioni sono stati spartiti tra i vari Paesi membri sulla base di criteri come il Reddito nazionale lordo (Rnl) pro capite, che dà in qualche modo una stima della ricchezza degli Stati. Una volta concordato l'ammontare per singolo Paese, governi e Commissione passano alla fase delle trattative per stabilire la programmazione dei fondi: lo Stato propone un suo piano, sulla base di criteri generali indicati da Bruxelles, e poi la Commissione dà la sua valutazione, accettando il piano o chiedendo delle modifiche. I criteri si basano sul raggiungimento di indirizzi politici (per esempio la promozione di azioni per la lotta ai cambiamenti climatici). Una volta concordata la programmazione, a Bruxelles non resta che monitorare la spesa e valutare se i progetti delle regioni sono in linea con quanto concordato e se le spese sono state effettuate in modo corretto. 

L'idea della Commissione è di introdurre nella fase di trattative sui programmi nazionali l'impegno a realizzare una serie di riforme, come avviene per l'appunto con il Pnrr: l'erogazione dei soldi, poi, avverrà non solo se i progetti sono realizzati correttamente sul piano formale, ma anche in base alla realizzazione delle riforme concordate a monye. "C'è un ampio sostegno per il finanziamento basato sulle prestazioni", ha scritto la Commissione nel suo rapporto, secondo quanto anticipato dal quotidiano belga Politico. Per l'esecutivo Ue questo tipo di modus operandi potrebbe "accelerare l'implementazione dei fondi e aumentare l'orientamento ai risultati della politica".

Dubbi e critiche

"In principio la condizionalità può essere un rimedio, ma nella pratica è molto difficile", ha detto a Politico Zsolt Darvas, ricercatore presso il think tank belga Bruegel, spiegando come questi modelli che legano i fondi a obiettivi specifici si sono spesso rivelati fallimentari in passato. Anche i Paesi del Nord Europa condividono questa preoccupazione, ritenendo questo modello inefficace. Lo studioso ungherese ha anche criticato lo stesso del Recovery Fund, affermando che la distribuzione di denaro è stata minata dalla burocrazia per i rigorosi e numerosi controlli. Praticamente l'opposto di quello che pensa la Commissione.

Perché proprio adesso?

La proposta arriva in un momento storico in cui il blocco europeo sta valutando l'idea di espandersi notevolmente, e potrebbe tra alcuni anni accettare nella famiglia l'Ucraina e i Paesi dei Balcani occidentali. L'Ue ha imparato la sua lezione con Ungheria e Polonia, che a fatica hanno rispettato gli standard democratici richiesti per appartenere all'Unione una volta ottenuti i fondi. L'obiettivo della nuova proposta è quindi mantenere i governi attuali (e quelli futuri) motivati nel rispettare i pilastri fondanti dell'Unione unendo a doppio filo performance dei Paesi membri e finanziamenti. 

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