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Sabato, 20 Aprile 2024
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"Cosi' i software delle aziende Ue aiutano a spiare i cittadini nei regimi illiberali"

La denuncia del Comitato per la protezione dei giornalisti secondo cui questo tipo di programmi, grazie alle licenze concesse da alcuni Stati membri, sono ora a disposizione di governi come quello siriano, dell'Iran e dello Yemen

Se tanti giornalisti nel mondo vengono arrestati da regimi illiberali, è anche grazie ai software prodotti ed esportati dale aziende europee. Il Comitato per la protezione dei giornalisti (Committee to Protect Journalists, Cpj), un'associazione internazionale per la difesa della libertà di stampa, ha lanciato un appello affinché la legislazione comunitaria in materia di licenze per la vendita di questi programmi diventi più stringente.
Ad agosto, il ministro degli Esteri danese, Anders Samuelsen, ha svelato alla stampa che il governo aveva autorizzato le vendite di software di sorveglianza on-line a diversi paesi del Medio Oriente. Pur riconoscendo le potenzialità delle violazioni dei diritti umani che potrebbero derivare dall'utilizzo di questi strumenti, il ministro aveva dichiarato che la Danimarca ha interesse a combattere i gruppi terroristici, in particolare l'Isis, e che quei software sarebbero stati utilizzati proprio con quello scopo. E la Danimarca non è il solo Paese a vendere questo tipo di tecnologia.

Il report della Commissione Ue

Secondo un report della Commissione europea, tre Stati membri hanno rilasciato 27 licenze di esportazione per software di sorveglianza dei dispositivi mobili solo nel 2015 mentre ne hanno negate soltanto due. La Commissione ha affermato che alcuni di questi software, che consentono l'intercettazione e il monitoraggio delle attività online, sono stati in seguito utilizzati in attacchi di alcuni governi contro giornalisti, attivisti e difensori dei diritti umani in paesi come Marocco, Emirati Arabi Uniti e Bahrein. Secondo i dati di Bruxelles il mercato di questo tipo di tecnologie nel 2014 ha fruttato di 2,8 miliardi di euro. Il report della Commissione non specifica in quali Paesi sono stati esportati i programmi ma diversi gruppi per la difesa dei diritti umani parlano anche di Stati sotto sanzioni da parte della stessa Ue come Siria, Iran e Yemen. “Nel 2015 l'Ue ha pubblicato un piano d'azione per la difesa dei diritti umani in tutto il mondo. Tuttavia, consentendo a paesi come la Siria, l'Iran e lo Yemen (che hanno un record negativo per il livello di libertà di stampa), di avere accesso a questi software , l'Ue dimostra di non riuscire a rispettare il suo impegno”, ha attaccato il Cpj.

La posizione del Parlamento europeo

Le attuali legislazioni comunitarie sulle tecnologie lasciano il potere di decidere delle autorizzazioni ai Paesi membri. Domani (12 ottobre) il Parlamento voterà in commissione una proposta per esaminare il potenziale abuso di questi strumenti contro i giornalisti e gli attivisti, una mossa “benvenuta” dal Cpj che ha riscontrato un numero sempre maggiore di casi di giornalisti indipendenti attaccati con la scusa della lotta al terrorismo.

Il caso di Houssam al-Deen

Un esempio, citato dal Cpj, è quello del giornalista freelance Houssam al-Deen che ha raccontato di essere stato tenuto sotto controllo per lungo tempo prima di essere costretto a scappare dalla Siria nel 2011. Il giornalista ha detto che il governo del Paese disponeva di un programma per identificare parole chiave nelle mail delle persone nel Paese, e identificare così quelle ritenute pericolose. Nonostante diverse precauzioni al-Deen sarebbe stato arrestato in un bar proprio mentre aveva una video chiamata con un redattore della Bbc con cui stava collaborando in quel momento. Dopo un lungo interrogatorio è stato rilasciato ed ha deciso allora di lasciare il Paese.
In Egitto, solo dal maggio 2017, secondo quanto denunciato dall'Associazione per la libertà di pensiero e di espressione dei diritti locali, sono stati bloccati almeno 434 siti web, tra cui più di 90 erano siti di informazione e blog.

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