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Venerdì, 19 Aprile 2024

L'Ucraina e l'allargamento Nato: Innaro ha ragione, Putin no

Il corrispondente della Rai a Mosca, Marc Innaro si è trovato in questi giorni al centro delle polemiche per aver dichiarato, a proposito della guerra in Ucraina e delle motivazioni alla base di essa, che “basta guardare la cartina geografica per capire che, negli ultimi 30 anni, chi si è allargato non è stata la Russia, ma la Nato”. La dichiarazione di Innaro ha riproposto in qualche modo la tesi del presidente russo Vladimir Putin secondo cui l'Alleanza atlantica si starebbe allargando a Est violando un presunto accordo verbale del febbraio 1990 con gli Stati Uniti. Un tradimento che, a detto del Cremlino, giustifica l'invasione in Ucraina, possibile prossimo membro della Nato. Secondo un'interrogazione di alcuni parlamentari del Pd, Innaro avrebbe "confuso il piano dei fatti con quello delle opinioni".

La polemica, come prevedibile, ha ridato sfogo ai sostenitori delle presunte ragioni di Putin su Nato e Ucraina. Mentre Innaro è stato elevato a vittima della censura dei poteri forti filo-Usa, soprattutto dopo che la Rai ha chiuso l'ufficio di corrispondenza da Mosca. Ora, a noi la censura della stampa non piace, anche quando si tratta dei media di chiara propaganda come i russi RT e Sputnik (lo abbiamo scritto qui). Non sappiamo se sia il caso di Innaro (diverse testate di tutto il mondo, non solo la Rai, hanno preferito richiamare dalla Russia i loro corrispondenti), ma una cosa possiamo dirla: Innaro ha ragione, Putin no. Lo diciamo non da storici, i quali non siamo, ma da giornalisti che mettono insieme fatti e cercano di trarne delle conclusioni seguendo la logica. Lasceremo a coloro di voi che avranno voglia e tempo di leggerci fino in fondo, il compito di giudicare se ci siamo riusciti.  

Il patto che patto non è

Innaro ha ragione: negli ultimi 30 anni la Nato si è allargata a Est. A essere precisi, negli ultimi 23 anni (se si esclude la Germania orientale dopo l'unificazione): ha cominciato nel 1999 con Polonia, Repubblica ceca e Ungheria. Ed è proseguito con gli altri Paesi europei ex alleati dell'Unione sovietica (nel quadro del Patto di Varsavia), e anche con Stati che facevano parte dell'Urss, come Lituania, Lettonia ed Estonia. 

Putin ha torto: il presidente russo, così come aveva provato a fare il suo predecessore Boris Eltsin, ha più volte sostenuto che questo allargamento dell'Alleanza atlantica è un tradimento dell'accordo raggiunto il 9 febbraio 1990 tra il segretario di stato americano James A. Baker e l'ex leader sovietico Mikhail Gorbachev. Che Baker abbia detto a Gorbachev che la Nato non si sarebbe mossa "di un pollice" verso Est è probabilmente vero. Usiamo il "probabilmente" perché il cosiddetto "accordo" in realtà è una conversazione privata riportata da altri.

Ma a prescindere da questo, come ha ricostruito la professoressa di storia internazionale della London School of Economics, Kristina Spohr, "i colloqui del febbraio 1990 non hanno mai riguardato l'espansione della Nato nell'Europa orientale". D'altra parte, sia l'Urss, sia l'alleanza del Patto di Varsavia esistevano ancora all'epoca. Quei colloqui riguardavano semmai il futuro della sola Germania dell'Est in vista dell'unificazione con  l'Ovest, e furono propedeutici a un trattato (stavolta scritto, firmato e dunque verificabile), che in effetti conteneva dei limiti al dispiegamento Nato nell'ex Ddr.

Quel trattato, ribattezzato "Due più quattro", è stato ripreso da Eltsin per cercare di ottenere da Usa e Europa un impegno formale per limitare una eventuale espansione dell'Alleanza a Est: non ci riuscì,come dimostra il Nato Russia Founding Act del 1997. Con quell'atto, scritto e firmato da Eltsin (di cui Putin all'epoca era tra i più stretti colleaboratori), Mosca si impegnò al "rispetto per la sovranità, l'indipendenza e l'integrità territoriale di tutti gli Stati e il loro diritto intrinseco di scegliere i mezzi per garantire la propria sicurezza".

Il diritto di un popolo

E qui arriviamo al punto: chiarito che le accuse russe di tradimento da parte dell'Occidente non si basano né su accordi politici, né su trattati di diritto internazionale, la vera questione riguarda l'Ucraina, gli ucraini, e la loro sovranità. Come potrebbe una conversazione fatta 32 anni fa tra due politici (di cui uno leader di un Paese che non esiste più) impedire a un popolo di 44 milioni e passa di decidere quali alleanze internazionali stringere per difendere la propria sicurezza e il proprio futuro? Tali alleanze potranno pure essere sbagliate, ma non ci risulta che Kiev abbia dichiarato guerra alla Russia. E poi, anche se Washington e Mosca avessero fatto un patto scritto (32 anni fa come oggi), da quando è diventato giusto o giustificabile che due Stati decidano le sorti di un Paese terzo?  

Quest'ultima domanda la vorremmo porre a chi fino a ieri si stracciava le vesti per difendere il diritto all'autodeterminazione della Catalogna, o della Palestina, o ancora di Hong Kong, e oggi invece si fa megafono della narrativa del tradimento della Nato che Putin sta usando per giustificare l'invasione in Ucraina.

Secondo un’indagine recentemente diffusa dal sito Ukraine world, il 54% degli ucraini è favorevole a entrare nell’Alleanza atlantica. La percentuale è fortemente cresciuta negli ultimi 10 anni, molto probabilmente spinta da quanto successo in Crimea del 2014. O forse anche dal vedere quanto accade nella repubbliche ex sovietiche rimaste nella sfera sfera di influenza della Russia di Putin.

L'Ucraina non è una democrazia compiuta, ma da quando l'Unione sovietica si è disciolta, ha avuto 7 presidenti diversi, alcuni filorussi, altri meno o filo-occidentali. La Bielorussia, il Paese ex sovietico più vicino a Mosca, ha conosciuto finora un solo presidente in quasi 30 anni, l'autoritario Alexander Lukashenko. Non sappiamo in quale dei due Stati il collega Marc Innaro preferirebbe vivere. Noi, in tempi di pace, non avremmo dubbi.  

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