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Giovedì, 25 Aprile 2024
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L'Ue lancia la blacklist dei paradisi fiscali. Ma i paesi sono solo 17

Accordo tra i ministri delle Finanze a Bruxelles sull'elenco delle “giurisdizioni non cooperative”. Altri 47 Stati (tra cui Turchia e San Marino) sono stati inseriti in una lista “grigia”

Da Panama a Trinidad e Tobago, passando dal Bahrain e gli Emirati Arabi fino alla Corea del Sud. Sono 17 in tutto i paesi inseriti dall'Ue nella blacklist dei paradisi fiscali. L'accordo sull'elenco è arrivato oggi a Bruxelles nel corso della riunione dei ministri delle Finanze dell'Unione europea.

I criteri

I criteri fissati dall'Ecofin sulla lista nera riguardano il rispetto della trasparenza fiscale, dell'equa tassazione e delle disposizioni anti-Beps dell'Ocse (ossia delle misure per contrastare gli accordi fiscali che consentono alle imprese di ridurre la base imponibile e quindi di pagare meno tasse). In base a questi criteri, sono state individuati 17 paesi, in gergo chiamate “giurisdizioni non-cooperative”: Samoa Americane, Bahrain, Barbados, Grenada, Guam, Corea del Sud, Macao, Isole Marshall, Mongolia, Namibia, Palau, Panama, Santa Lucia, Samoa, Trinidad e Tobago, Tunisia e Emirati Arabi Uniti. 

L'Ecofin ha anche adottato una lista grigia di 47 giurisdizioni fiscali che hanno assunto impegni precisi rispetto ai tre criteri fissati per la blacklist. Impegni che dovranno trasformarsi in azioni concrete tra il 2018 e il 2019. Tra i paesi che rimarranno sotto monitoraggio per la trasparenza o l'equa tassazione ci sono Hong Kong, Taiwan, Turchia, Marocco, Serbia, Thailandia e Svizzera. Altri 8 giurisdizioni fiscali della regione dei Caraibi sono rimaste in sospeso fino alla prossima primavera, perchè colpite dagli uragani. Nelle due liste adottate dall'Ecofin non sono presenti paesi europei. Tuttavia nella lista grigia sono inserite giurisdizioni fiscali come Jersey e l'Isola di Man che sono dipendenze britanniche, ma anche Andorra, Lichtenstein, San Marino, Montenegro e Macedonia, che si trovano in Europa (ma non nell'Unione). 

Le sanzioni e le critiche

Le due liste hanno lasciato non pochi mal di pancia, soprattutto tra coloro che chiedevano il rispetto almeno dei criteri proposti dalla Commissione europea, più stringenti rispetto a quelli varati dai paesi membri in Consiglio. Altro aspetto critico riguarda le sanzioni da applicare, che sono il vero nodo da sciogliere e su cui manca ancora un accordo tra gli Stati Ue. "È deludente che non siano ancora state imposte sanzioni, anche la migliore lista nera è inutile se non è sostenuta da misure dissuasive”, attacca Peter Simon, portavoce dei socialisti al Parlamento europeo. “Servono misure forti e dissuasive – prosegue Simon - come le ritenute alla fonte, l'esclusione dagli appalti pubblici, il ritiro delle licenze commerciali per le giurisdizioni, gli intermediari e le società che si sono dimostrati coinvolti in paradisi fiscali”. 

Per il momento, tra le proposte emerse dal Consiglio Ue c'è quella di bloccare eventuali fondi europei verso i paesi che non rispettano i criteri sui paradisi fiscali. Poca roba, vista l'entità dei finanziamenti. Infine, c'è il problema di quei paesi Ue che, secondo diverse ong tra cui Oxfam, rappresentano dei veri e propri paradisi fiscali: Olanda, Lussemburgo, Irlanda e Malta. Oxfam in particolare sottolinea come questi quattro paesi siano stati individuati applicando i criteri della Commissione Ue. Gli stessi che poi i paesi membri (tra cui i ministri degli Stati di cui sopra) hanno annacquato. 

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