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Sabato, 27 Aprile 2024
Soccorsi in mare

Per salvare i migranti ora l'Italia chiede aiuto alle Ong (che denunciano il governo all'Ue)

Cinque organizzazioni hanno presentato un reclamo alla Commissione Ue contro le nuove norme sui flussi migratori. Che sono state disattese più volte su richiesta delle stesse autorità italiane

Pochi giorni fa, il 6 luglio, la Guardia costiera italiana ha chiesto l'intervento della ong Open arms per il salvataggio di sei barconi di migranti. Non ci sarebbe nulla di paradossale, se non fosse che lo Stato che chiede aiuto sia lo stesso che è da tempo in pieno braccio di ferro con le organizzazioni umanitarie, accusate di favorire le partenze di clandestini con la loro presenza di mare, e che dal febbraio scorso prevede una serie di norme che, di fatto, rallentano gli interventi delle loro navi. È proprio su queste norme che verte il reclamo formale inviato da cinque ong alla Commissione europea.

Secondo Medici senza frontiere 5Msf), Oxfam Italia, Sos Humanity, Associazione per gli studi giuridici sull'Immigrazione (Asgi) e Emergency, la legge italiana 15/2023 sulla gestione dei flussi migratori "solleva serie preoccupazioni in merito alla sua compatibilità con il pertinente diritto dell'Ue e agli obblighi degli Stati membri ai sensi del diritto internazionale in materia di attività di ricerca e soccorso in mare", si legge nel reclamo. La contestazione principale è alla pratica di assegnare porti di sbarco distanti dall'area in cui è avvenuto il soccorso di migranti. "Assegnare luoghi sicuri a più di mille chilometri di distanza da un salvataggio - afferma Josh, capitano della nave di soccorso di Sos Humanity 1 - danneggia il benessere fisico e psicologico dei sopravvissuti". L'aumento delle distanze ha anche un impatto negativo sulle ong, in quanto, spiega Carlo Maisano di Emergency, "aumenta i costi del carburante e esaurisce i loro budget limitati, il che influisce sulla loro capacità di salvare vite umane in futuro". 

Altro problema il blocco delle navi. Il 23 febbraio 2023, l'Autorità portuale di Ancona ha notificato a Msf un ordine di detenzione di 20 giorni per la sua nave e una multa di 5.000 euro per non aver fornito informazioni specifiche. Da allora, le autorità italiane hanno trattenuto altre quattro navi umanitarie di ricerca e soccorso per un periodo di 20 giorni, ciascuna per violazione della legge 15/2023. "Ciò - sottolineano le ong - equivale a un totale di 100 giorni persi per le navi di ricerca e soccorso umanitario, mentre sono continuati pericolosi attraversamenti e naufragi nel Mediterraneo centrale".

Dopo la strage di Cutro, però, sembra che l'atteggiamento delle autorità italiane che si trovano in prima linea nei soccorsi, sia cambiato. Di sicuro, la norma che vieta i salvataggi multipli è stata disattesa in più occasioni per richiesta esplicita dello Stato. Come scrive Vita.it, "a poca distanza dai salvataggi multipli di Open arms del 6 luglio, altre 700 persone sono state recuperate grazie a più operazioni in serie compiute da altre ong: quattro soccorsi di fila per la Geo Barents, cinque per Humanity, in piena deroga rispetto alle disposizioni dello stesso governo".

Un paradosso su cui le organizzazioni umanitarie chiedono a Bruxelles di intervenire: "La Commissione europea è custode dei trattati dell'Ue e ha un ruolo da svolgere nel garantire che gli Stati membri rispettino il diritto internazionale e dell'Ue - afferma Giulia Capitani, consulente per le politiche migratorie di Oxfam Italia - Dovrebbe sostenere e proteggere i diritti fondamentali di tutte le persone in tutta Europa. Ma invece, le ong di ricerca e soccorso sono quelle che riempiono il vergognoso vuoto in mare lasciato dagli Stati membri. Piuttosto che ostacolare il loro lavoro, gli Stati dovrebbero coinvolgerli nella creazione di un sistema adeguato per le attività di ricerca e soccorso", conclude Capitani.

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