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Venerdì, 26 Aprile 2024
Pericolo carestie / Russia

Quali sono i Paesi che soffrono di più il "terrorismo alimentare" di Putin

Lo stop all'accordo del trasporto di grano e oli vegetali dall'Ucraina colpisce soprattutto Paesi già a rischio carestie, ma ci sono danni anche per l'Italia

È soprattutto sui Paesi in difficoltà economiche che si riversano le conseguenze dello stop all’accordo fra Russia e Ucraina per le spedizioni di grano dai porti del Mar Nero. La decisione di interrompere il flusso di quasi 19 miliardi di chili di frumento, mais ed oli vegetali colpisce soprattutto i Paesi dell’Africa e dell’Asia. In cima alla lista degli Stati danneggiati c'è il Bangladesh, che necessita di sfamare circa 189 milioni di persone. Si teme che questa nuova interruzione dell'accordo, che era stato propiziato dalle Nazioni Uniti e aveva retto nel corso della prima parte del 2023, possa generare conseguenze catastrofiche su territori già afflitti da fame, carestia e crisi economiche.

Fame e instabilità

In occasione del Vertice sui sistemi alimentari dell'Onu a Roma i dati del Centro Studi Divulga hanno evidenziato come il 65% dei prodotti agricoli che transitano nei tre porti di Chornomorsk, Yuzhny e Odessa siano destinati principalmente a Paesi a basso reddito. Nello specifico circa 1/3 del totale dei cereali che partono dall'Ucraina è costituito da frumento per il pane. Parliamo di 5,8 miliardi di chili, a cui si aggiungono 8,6 miliardi di chili di mais, 1,3 miliardi di chili di olio di girasole più 3 miliardi di chili di altri prodotti (tra cui orzo e soia). Secondo le Nazioni Unite ono 53 i Paesi che rischiano la carestia a causa dello stop al passaggio delle navi cariche di prodotti alimentari sul Mar Nero. Si tratta in gran parte di territori dove, spiega l’Onu, la popolazione spende almeno il 60% del proprio reddito per l’alimentazione. La fame potrebbe determinare gravi colpi alla stabilità politica di questi territori e tensioni sociali, tali da provocare nuovi ed ingenti flussi migratori.

I Paesi più colpiti

In cima alla lista dei Paesi dipendenti dal grano ucraino troviamo il Bangladesh che importa oltre un milione di tonnellate di grano dall’Ucraina. In difficoltà c'è anche l’Egitto, che oltre ad importare circa 418mila tonnellate di grano, dipende fortemente anche per il mais (998mila tonnellate), olio e farina di girasole e semi di soia (131mila tonnellate). A soffrire l'interruzione è anche l’Indonesia che importa quasi 400mila tonnellate di grano, il Kenya con 385mila tonnellate di grano e 53mila di mais. Ci sono poi l’Etiopia, lo Yemen e la Tunisia. Quest'ultima importa oltre 222mila tonnellate di grano, 356mila di mais e oltre centomila di altri prodotti.

Danni per l'Italia

Anche i Paesi dal Pil elevato, tra cui l'Italia, subiscono le conseguenze dello stop, in particolare nel settore dei mangimi. "Lo stop alle spedizioni di cereali sul Mar Nero è preoccupante anche per le forniture di mais alle stalle italiane in una situazione in cui l’Ucraina contende all’Ungheria il ruolo di principale fornitore dell’Italia", ha evidenziato in una nota la Coldiretti. Le stalle italiane sono costretta ad importare più della metà (58%) del proprio fabbisogno per garantire l’alimentazione degli animali, dove i costi di produzione sono aumentati notevolmente dopo l'inizio del conflitto. A subire le conseguenze c'è anche la Spagna, il primo importatore di grano in assoluto con 2,3 milioni di tonnellate e la Turchia, al secondo posto con 1,58 milioni di tonnellate. Per il frumento l’Italia la troviamo al quarto posto con 435 mila tonnellate importate, senza contare i rifornimenti di mais ed oli vegetali.

Terrorismo alimentare

Il blocco dell’accordo deciso dalla Russia spinge i prezzi sul mercato delle materie prime agricole. A questo va aggiunta la speculazione, che determina quotazioni sempre meno connesse all’andamento reale della domanda e dell’offerta e sempre più dai movimenti finanziari e dalle strategie di mercato. Un fattore di cui Mosca è ben consapevole. Il "terrorismo alimentare" di Putin, un'espressione coniata da esponenti del governo ucraino e rilanciata dalla stampa internazionale, è volto a strozzare le preziose esportazioni agricole di Kiev e non si ferma alla sola interruzione dell'accordo. Secondo quanto riferisce il Guardian, il 24 luglio i droni russi hanno lanciato un attacco di quattro ore contro i porti ucraini del Danubio di Reni e Izmail, distruggendo magazzini di grano e altre strutture. Durante gli attacchi sono stati utilizzati droni forniti dall'Iran e sei persone sono rimaste ferite. L'attacco è la ciliegina sulla torta lasciata dalla Russia a "decorare" il suo ritiro dall'intesa sul Mar Nero, che aveva consentito all'Ucraina di continuare a rifornire coi suoi prodotti tanti Paesi nel mondo.

Il tradimento dell'Est Europa

A colpire gli interessi di Volodymyr Zelensky (e a innervosirlo) ci sono però anche i suoi alleati europei. Polonia, Romania, Ungheria, Slovacchia e Bulgaria, chiedono che il regolamento della Commissione europea che limita la circolazione dei cereali e semi oleosi dall'Ucraina verso i loro territori venga esteso fino alla fine dell'anno. I cinque Paesi vicini dell'Ucraina nei mesi scorsi avevano visto conseguenze negativi sui rispettivi mercati agricoli a causa delle importazioni dal Paese in guerra. Il blocco delle importazioni al momento risulta valido fino al 15 settembre. La richiesta è stata confermata da Luis Planas Puchades, ministro dell'Agricoltura della Spagna, Paese che presiede il Consiglio Ue, al suo arrivo alla riunione AgriFish in corso a Bruxelles. Il punto verrà discusso dai ministri europei dell'Agricoltura assieme alle urgenze dettate dallo stop alle esportazioni di grano ucraino attraverso il Mar Nero dopo la decisione di Mosca di non rinnovare l'accordo sull'export.

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