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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Il successore di Juncker? Macron non vuole che lo scelgano i cittadini

Il metodo dello Spitzenkandidat inaugurato nel 2014, per cui il candidato del partito che ha preso più voti alle elezioni europee viene nominato alla guida della Commissione Ue, non piace a tanti, tra cui il presidente francese. Ma gli eurodeputati annunciano battaglia

Era stata la grande novità delle elezioni europee del 2014: per la prima volta, i cittadini hanno avuto l'opportunità di scegliere, indirettamente ma con il loro voto, il presidente della Commissione Ue. In quell'occasione, il partito europeo che prese più preferenze nel Vecchio Continente fu il Partito popolare  e il suo candidato Jean-Claude Juncker divenne il capo dell'Esecutivo comunitario. Il metodo, chiamato dello Spitzenkandidat, fu salutato da destra a sinistra come una conquista di democrazia da parte dell'Ue. Un modo per avvicinare i cittadini a quella che viene considerata la “bolla europea” di Bruxelles. E per dare ai “rappresentanti del popolo”, ossia al Parlamento Ue, una maggiore legittimià politica e un maggiore peso nelle scelte dell'Esecutivo. Ma il nuovo metodo potrebbe tornare presto in soffitta.

Macron contro lo Spitzenkandidat

Già, perché il sempre più influente (almeno a Bruxelles) Emmanuel Macron non sembra gradirlo. E con lui altri leader Ue, che preferirebbero tornare al vecchio metodo, quando il presidente della Commissione lo si sceglieva nelle chiuse stanze dei vertici di capi di Stato e di governo dell'Ue. Di questo si dicuterà, per l'appunto, al prossimo summit europeo, quello del 23 febbraio a Bruxelles. Ma il Parlamento Ue annuncia battaglia. E chiarirà la sua posizione in questi giorni a Strasburgo, dove è riunito in plenaria.

I detrattori dello Spitzenkandidat sostengono che il metodo non sia cosi' “democratico” come appare. “Nel 2014, diverse capitali hanno espresso frustazione sul fatto che la procedura che ha portato alla nomina di Juncker non sia stata sufficientemente trasparente”, ha detto una fonte europea all'Afp. Per altri, questo sistema ha portata a una politicizzazione della Commissione, giudicata dannosa. Altri temono che una eventuale affermazione dei partiti euroscettici possa condirre alla scelta di un loro candidato alla presidenza dell'Esecutivo (in realtà poco probabile finora).

Le trattative

 
Al di là delle posizioni, le trattative per il prossimo presidente della Commissione cominciano a entrare nel vivo. Le elezioni europee si terranno nella primavera del 2019 e Juncker ha già annunciato che non concorrerà per un secondo mandato. Tra i possibili candidati, si fa il nome del francese Michel Barnier, ex commissario e attuale negoziatore Ue per la Brexit, che fa parte del Ppe, il partito che, stando ai sondaggi attuali, dovrebbe essere ancora il più votato dagli europei. Non ha nascosto le sue mire alla presidenza un altro francese, il socialista Pierre Moscovici, attuale commissario agli Affari economici. E nei corridoi di Bruxelles girano da tempo voci su Margarethe Vestager, che da capo dell'Antistrust Ue, si è distinta per le sue battaglie contro l'elusione fiscale dei giganti del web.

La danese Vestager potrebbe essere un nome di compromesso: è donna, è molto apprezzata negli ambienti di Bruxelles e si è fatta conoscere all'opinione pubblica europea per aver sfidato sul fronte della giustizia fiscale multinazionali come Google, Amazon e Apple. Inoltre, fa parte di un piccolo paese Ue, come gli ultimi due presidenti della Commissione, e soprattutto da liberale fa parte della famiglia politica di Macron.

Il nuovo partito europeo di Macron

Il presidente francese, proprio in vista delle europee, starebbe pensando al lancio di un nuovo soggetto politico europeo che, come fatto con En Marche, raccolga pezzi di socialisti e popolari intorno a un progetto di stampo liberaldemocratico. Un progetto che potrebbe conquistare pezzi del sempre più in crisi Partito socialista europeo (come il Pd di Renzi) e partiti nazionali emergenti come Ciudadanos in Spagna. Un soggetto del genere potrebbe persino puntare a sfidare il Ppe e diventare il primo partito del Parlamento europeo. Oppure, trovare un compromesso con i popolari proprio intorno al nome di Vestager (o chi per lei). Fin qui, siamo nel campo delle ipotesi. 

Per gli eurodeputati, al momento, più che i nomi dei papabili futuri commissari, conta il metodo, ossia quello dello Spitzenkandidat: “Il Parlamento europeo rigetterà qualsiasi candidato alla presidenza che non sia scelto con designato metodo”, ha avvertito il capogruppo del Ppe a Strasburgo, il tedesco Manfred Weber

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