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Giovedì, 28 Marzo 2024
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Romania, fake news e propaganda filo-russa in Tv. “Basta pubblicità a chi fa disinformazione”

13 Ong chiedono alle imprese di non sponsorizzare i loro prodotti su due reti televisive accusate di diffondere false notizie e fare campagne d’odio

Una rete di associazioni della società civile rumena ha fatto appello alle imprese del Paese affinché smettano di comprare spazi pubblicitari su due canali televisivi. Le emittenti Antena 3 e Romania TV sono accusate di avvelenare il dibattito pubblico dell’ex repubblica sovietica diffondendo fake news e facendo campagne di propaganda filo-russa, volte a screditare i valori liberal-democratici ed europeisti.

Nel 2018, una petizione firmata da 25mila cittadini rumeni, e sostenuta da molti leader della società civile, aveva già richiesto uno stop alla collaborazione tra multinazionali e Intact Group, l’editore che controlla Antena 3. “Una società fondata e posseduta indirettamente da Dan Voiculescu, condannato per 10 anni nel 2014 per riciclaggio di denaro - scrivono le associazioni in protesta - e che ha trascorso 3 anni in carcere”.  Romania TV, invece è di proprietà di Sebastian Ghita “condannato per corruzione e riciclaggio di denaro sporco - si legge nella nota delle Ong - attualmente ricercato dall’Interpol, è latitante in Serbia”.

Nel mirino degli attivisti rumeni sono finite aziende e multinazionali come Carrefour, Lidl, P&G, Metro Cash & Carry e tante altre, le quali, con il loro acquisto di spazi pubblicitari,  “stanno sostenendo la diffusione di notizie false e incitamento all’odio” e che sarebbero troppo vicine al paese di Vladimir Putin. I rappresentanti delle organizzazioni, riunite nella pagina Facebook “Stop Fake News in Romania”, si dicono “preoccupati per la massiccia riduzione della qualità delle notizie e la sua sostituzione con aggressive manipolazioni e propaganda”. “Ciò sta portando a difficoltà del pubblico a distinguere realtà e notizie false, a un aumento delle tensioni sociali e all'aggressività tra gruppi e disaggregazione dei normali processi democratici”, concludono le associazioni.

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