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Domenica, 28 Aprile 2024
Il voto / Spagna

La Spagna sotto scacco di un politico in esilio

Il centrodestra guidato da Feijóo non ha i numeri per governare. Il centrosinistra del premier Sanchez potrebbe averli, ma deve scendere a patti con l'ex leader degli indipendentisti catalani

Un governo di centrosinistra con l'appoggio esterno degli indipendentisti catalani del leader in esilio Charles Puigdemont. Un governo di minoranza di centrodestra. Oppure, nuove elezioni tra sei mesi. Sono le tre ipotesi al momento al vaglio in Spagna dopo che le urne, convocate in anticipo dal premier Pedro Sanchez, non hanno restituito a nessuna delle due coalizioni in campo una maggioranza chiara per poter governare nei prossimi anni. 

Sulla carta, il vincitore delle elezioni è stato Alberto Nunez Feijóo: il suo Partito popolare (Pp) ha ottenuto 136 seggi, contro gli 89 attuali. Il problema del leader del centrodestra, però, è che in vista del voto aveva indicato come potenziale alleato quello che è risultato il principale sconfitto delle urne, ossia Vox. Per Santiago Abascal, presidente del partito di ultradestra alleato di Fratelli d'Italia in Europa, il sogno di giungere alla Moncloa, sede del governo spagnolo, sembra per il momento poco probabile: rispetto al 2019, Vox ha perso 19 deputati, fermandosi a 33 seggi. Troppo pochi per raggiungere una maggioranza con il Pp. 

Elezioni senza vincitori

Subito dopo i risultati definitivi delle elezioni, Feijóo ha rivendicato la vittoria e soprattutto il diritto di presentarsi dinanzi al re Filippo VI per ottenere l'incarico di formare il governo: "Nessuno abbia la tentazione di bloccare di nuovo la Spagna", ha detto rivolgendosi ai sostenitori. Il suo staff ha ricordato ai giornalisti che, con la transizione democratica post franchista, è sempre stato il vincitore delle elezioni a ottenere il mandato. Ma anche tra i fedelissimi di Feijóo le perplessità di avventurarsi in un governo di minoranza, tanto più con Vox, sono tante. 

Del resto, quella spagnola è una democrazia parlamentare, e i conti vanno fatti con i numeri in aula. I quali, al momento, danno a Sanchez la possibilità (che sembrava impossibile alla vigilia) di restare al comando del Paese. Il suo partito, il Psoe, ha aumentato, anche se di poco, i seggi, e con gli alleati della sinistra di Sumar può contare su un blocco di partenza di 133 deputati. È vero che il Pp, da solo, ha più seggi. Ma il vantaggio di Sanchez è di avere costruito negli anni un rapporto con i partiti regionalisti e indipendentisti, i quali non accetterebbero mai di sedersi allo stesso tavolo con gli ultranazionalisti di Vox. 

Già nel 2019, Sanchez riuscì a ottenere il sostegno (diretto o indiretto) degli autonomisti catalani e baschi. Rispetto a quattro anni fa, però, il premier socialista avrà bisogno anche dell'appoggio di Junts, il partito indipendentista catalano del leader in esilio Carles Puigdemont. Da Junts hanno fatto già sapere di essere pronti a usare i loro sette deputati per consentire a Sanchez di restare al comando. Ma non lo faranno "in cambio di niente", ha avvertito l'attuale capo del partito, Miriam Nogueras. La prima cambiale potrebbe riguardare proprio Puigdemont: fuggito dal Paese subito dopo il referendum sull'indipendenza catalana del 2017 ed eletto al Parlamento europeo due anni dopo, l'ex presidente della regione ha recentemente visto la sua immunità parlamentare revocata dalla giustizia Ue. Questo apre la strada alla sua estradizione in Spagna, dove rischia il carcere.

Un segnale per l'Europa

Per Sanchez, trovare un'intesa con Junts non sarà facile. Ecco perché l'ipotesi più accreditata al momento è che si torni al voto. Per Feijóo, una nuova campagna elettorale potrebbe essere rischiosa: in molti, nel Pp, pensano che se ci fosse stata al suo posto l'astro nascente Isabel Diaz Ayuso, alle urne sarebbe andata anche meglio. Inoltre, bisognerà vedere l'atteggiamento Vox: l'abbraccio con i moderati potrebbe avere avuto un ruolo importante nella perdita di consensi, forse a favore proprio dei popolari. Una dinamica che, vista da Bruxelles, è anche un segnale negativo per i fautori di un'alleanza tra i popolari europei e i conservatori dell'Erc, il partito guidato da Meloni di cui fa parte anche Vox. 

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