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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Dazi Usa, cosa rischia adesso l'Italia

Il Wto ha autorizzato Washington a imporre 7,5 miliardi di dollari di tariffe sulle importazioni europee a causa dei sussidi ad Airbus. Il nostro Paese potrebbe essere il più colpito

Gli Stati Uniti di Donald Trump potranno imporre dazi annui per 7,5 miliardi di dollari sulle importazioni dell'Unione europea: lo ha annunciato l'Organizzazione Mondiale del Commercio (Wto) chiudendo la controversia aperta dai sussidi europei - giudicati illegali - al costruttore aereo Airbus. Bruxelles si è detta pronta a lavorare con gli Usa per trovare "una soluzione equa e equilibrata", ma se Washington deciderà di imporre le contromisure autorizzate dal Wto, questo "spingerà l'Ue in una situazione in cui non avrà altra scelta che fare lo stesso", ha avvertito la commissaria Ue al Commercio, Cecilia Malmstroem.

Il contenzioso tra Boeing e Airbus

Si tratta della contromisura più 'pesante' mai imposta dall'organizzazione in una querelle commerciale ma la decisione pone fine solo a parte del contenzioso che dura da 15 anni tra Boeing e Airbus sugli aiuti di Stato. Il Wto dovrà infatti emettere un'altra sentenza sul caso che vede l'Ue contro i sussidi statunitensi a Boeing, la cui decisione è attesa per la prima metà del 2020, e che potrebbe dare il via libera a dazi contro gli Usa. Ma Bruxelles prova a calmare le acque. "L'imposizione reciproca di contromisure infliggerebbe danni alle imprese e ai cittadini su entrambe le sponde dell'Atlantico e danneggerebbe il commercio globale e l'industria aeronautica più ampia", ha sottolineato Malmstroem.

Prodotti italiani i più colpiti

Paradossalmente ad essere colpito dovrebbe essere soprattutto il settore agroalimentare, quello in cui sono più importanti le esportazioni italiane, rispetto ai settori in cui sono più forti i quattro Paesi partecipanti al consorzio Airbus (Francia, Germania, Regno Unito, Spagna), i soli direttamente responsabili della violazione delle regole che il Wto vuol sanzionare. Nelle due liste complementari da 25 miliardi di dollari che gli Usa hanno presentato ad aprile e a luglio scorsi, con tutti i prodotti importati dall'Ue potenzialmente a rischio di essere colpiti dai dazi, il Made in Italy figura in primissima linea, subito dietro l'export francese. Fra i vini e liquori (per 2,3 miliardi di dollari), gli altri prodotti dell'agroalimentare (formaggi, salumi, pasta etc., per 1,3 miliardi), e la moda (1 miliardo), più metalli, materiali da costruzione, moto e cosmetici, si raggiunge un valore di oltre 5 miliardi di esportazioni dalla Penisola che potrebbero subire l'imposizione di dazi fino al 100%, con conseguente raddoppio del loro prezzo di vendita negli Usa.

Meno conseguenze per Francia e Germania

Considerando il totale dei prodotti compresi nelle due liste di dazi potenziali solo la Francia ha un impatto maggiore dell'Italia, con esportazioni per oltre 8 miliardi di dollari nel mirino di Washington, mentre Germania, Regno Unito e Spagna, tutti paesi nel consorzio Airbus rischiano di vedere il loro esport penalizzato rispettivamente per circa 4,5 miliardi, meno di 3 e meno di 2 miliardi di dollari. Coldiretti e Confagricoltura hanno accusato Trump di voler favorire i produttori americani di falso Made in Italy (pecorino, provolone, "parmesan" etc.), che naturalmente sarebbero ben felici di un forte aumento dei prezzi dei prodotti italiani originali.

Colpiti soprattutto i formaggi

In pericolo, denuncia la Coldiretti, sono infatti soprattutto i formaggi  in quanto quello americano è, dopo la Germania, il secondo mercato estero per Parmigiano Reggiano e Grana Padano per i quali la tassa potrebbe passare da 2,15 dollari a 15 dollari al chilo, facendo alzare il prezzo al consumo fino a 60 dollari al chilo, secondo le analisi della confederazione. Ad un simile aumento corrisponderebbe inevitabilmente un crollo dei consumi stimato nell’80-90% del totale, secondo il Consorzio del Parmigiano Reggiano. Solo per il sistema Grana Padano il danno è quantificabile in circa 270 milioni di euro. Un altro esempio è rappresentato – spiega Coldiretti – dalla Mozzarella di Bufala Campana Dop che negli Usa costa 41,3 euro al chilo, che salirebbe a 82,6 euro al chilo nel caso fossero applicati dazi pari al 100% del prodotto. Attualmente il dazio sulla mozzarella è di 2 euro al chilo.

Olio, pasta e vino

Per l’olio extravergine d'oliva venduto negli States il prezzo salirebbe da 12,38 euro al litro a 24,77 euro al chilo (attualmente non c'è dazio sull'olio). E pure la pasta – continua la Coldiretti – aumenterebbe sulle tavole americane a 3,75 euro al chilo rispetto agli attuali 2,75 euro. Per penne e spaghetti il dazio è in media di 6 centesimi al chilo. E in pericolo c’è pure il Prosecco, il vino italiano più esportato all’estero che ha visto gli Stati Uniti, ricorda la confederazione, diventare nel primo semestre del 2019 il principale mercato davanti al Regno Unito, grazie a un aumento in valore del 41%. Il prezzo negli States volerebbe da 10-15 euro a bottiglia a 20-30 euro a bottiglia. In gioco ci sono dunque settori di punta dell’agroalimentare nazionale in Usa a partire dal vino che con un valore delle esportazioni di 1,5 miliardi di euro nel 2018 è il prodotto Made in Italy più colpito, l’olio di oliva le cui esportazioni nel 2018 sono state pari a 436 milioni, la pasta con 305 milioni, formaggi con 273 milioni, secondo lo studio della Coldiretti.

L'appello di Confindustria

Per rispondere alla minaccia il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, ha chiesto un'Europa più integrata e capace di una "dimostrazione di reazione nel mondo dell'economia. E chiaramente che applichi anche una dimensione di reciprocità a chi vuole applicare dazi in danno dei Paesi europei".

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