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Domenica, 28 Aprile 2024
The Swiss Secrets / Svizzera

Una fonte anomina svela i fondi criminali di una banca svizzera. C'è anche il conto del Vaticano sotto processo

Un nuovo scandalo travolge Credit Suisse: circa 100 miliardi le risorse che farebbero capo a mafiosi, dittatori e trafficanti. Ma anche a sovrani e dirigenti d'impresa accusati di corruzione

Una spia yemenita accusata di atti di tortura. Alti dirigenti statali che avrebbero depredato la ricchezza petrolifera del Venezuela. Il re di Giordania che trasferisce la sua fortuna al largo mentre il suo Paese chiede aiuti umanitari. Un dirigente tedesco del gruppo Siemens che avrebbe corrotto dipendenti pubblici nigeriani per ottenere la firma dei contratti. Ma anche un conto corrente che farebbe riferimento al Vaticano e che sarebbe stato utilizzato per la maxi operazione di acquisto di un palazzo a Londra finita sotto i riflettori della magistratura. In totale, sarebbe almeno 18mila i conti della seconda banca svizzera, la Credit Suisse, che farebbero riferimento ad attività criminali, violazioni di diritti umani e più in generale a personalità sottoposte a sanzioni internazionali. A denunciarlo è un'inchiesta condotta dall'Organized crime and corruption reporting project (Occrp), consorzio di 47 media internazionali. Tra questi, il quotidiano tedesco Sueddeutsche Zeitung,  che ha ricevuto una serie di documenti segreti da una fonte interna alla banca.

L'ammontare dei fondi "sporchi" gestiti da Credit Suisse è di oltre 100 miliardi di dollari, più del Pil di un Paese come la Slovacchia. La cifra è impressionante soprattutto se si tiene conto che l'inchiesta giornalistica ha potuto mettere mano solo a un elenco di circa 30.000 beneficiari di conti intestati presso la banca svizzera. Su un totale di 1,6 milioni di clienti. 

"Da questa indagine collaborativa risulta che il Credit Suisse ha ospitato il denaro della criminalità e della corruzione per diversi decenni - scrive Le Soir, tra i quotidiani che hanno partecipato all'inchiesta - Tra i clienti vi sono decine di dittatori e politici corrotti, diverse grandi fortune di origine illecita o dubbia, individui e aziende colpiti da sanzioni internazionali, spie, nonché criminali appartenenti a reti mafiose". Le accuse di legami con la mafia non sono nuove per Credit Suisse, che sta affrontando un processo in Svizzera in cui è accusata  riciclaggio di denaro di una rete bulgara di narcotrafficanti. 

Secondo l'inchiesta, ribattezzata "The Swiss Secrets", Credit Suisse "avrebbe talvolta seguito le regole di vigilanza imposte alle banche nell'analisi del profilo di rischio dei propri clienti", ma non sempre. "Dai fascicoli analizzati dal consorzio emerge che diverse persone, perseguite in particolare per violazione dei diritti umani, hanno potuto depositare i propri beni senza problemi all'interno dell'istituzione svizzera. Mentre una semplice ricerca in rete sarebbe bastata" per scoprire la loro identità. C'è per esempio l'ex capo dell'esercito algerino, Khaled Nezzar, che ha guidato il suo Paese dal 1991 al 1993, quando è precipitato in una sanguinosa guerra civile. Incriminato nel 2011 proprio in Svizzera per "crimini contro l'umanità", Khaled Nezzar ha potuto detenere due conti milionari nella prestigiosa banca tra il 2004 e il 2013. La lista comprende anche politici e alti funzionari provenienti da Tunisia, Egitto, Libia, Siria e Yemen che durante la "Primavera araba" hanno esfiltrato ingenti somme di denaro dai loro Paesi. Ma anche la figlia di Nazarbayev, l'ex presidente del Kazakistan.

Gli esperti di "conformità bancaria" (o prevenzione dei rischi) che hanno esaminato i fascicoli "ritengono che molti di questi clienti non avrebbero mai dovuto essere autorizzati a effettuare operazioni bancarie presso Credit Suisse", scrive sempre Le Soir. Il quotidiano belga sottolinea che tra i conti rivelati dalla fonte anonima c'è anche quello riconducibile alla segreteria di Stato del Vaticano da cui è partito l'acquisto del palazzo di Sloane Avenue a Londra, vicenda finita nel mirino della magistratura. Che il conto in questione fosse aperto presso Credit Suisse era già noto, ma forse l'inchiesta giornalistica potrebbe portare nuove informazioni.

"Credit Suisse respinge fermamente le accuse e le insinuazioni sulle presunte pratiche commerciali della banca", ha affermato l'istituto svizzero in una dichiarazione rilasciata in risposta all'inchiesta del consorzio. Ma al di là delle responsabilità, che sono da accertare, il nuovo scandalo ha riportato alla ribalta la questione del segreto bancario svizzero, sancito da una legge dal 1934. Chi rivela informazioni bancarie riservato rischia ancora la reclusione e questo, secondo vari esperti di antiriciclaggio, ha fatto del Paese elvetico uno dei paradisi fiscali preferiti dai criminali di tutto il mondo. 

Nel 2017, anche su pressione dell'Unione europea, la Svizzera revocato parte del segreto bancario a livello internazionale, autorizzando lo scambio automatico di informazioni bancarie tra le amministrazioni fiscali. Questo, per esempio, consente ai magistrati italiani di poter accedere ai conti svizzeri in caso di indagine. Ma questo, sottolinea Le Soir, non sembra aver intaccato gli affari sporchi: per esempio, sottolinea Le Soir, "i Paesi dell'Europa occidentale rappresentano solo l'1% dei conti" scovati dall'inchiesta The Swiss Secrets. Di contro, i cittadini egiziani, ucraini o venezuelani sono sovrarappresentati. Guarda caso, si tratta di Paesi che non hanno sottoscritto l'accordo internazionale sul segreto bancario. 

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