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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Brexit, Londra esclude il No Deal (per ora). Cosa succede adesso

May ancora sconfitta, il Parlamento si appresta a votare il rinvio del divorzio dall'Ue e si aprono diversi scenari possibili tra cui anche elezioni anticipate o un nuovo referendum. Ma lo spettro dell'uscita disordinata non è comunque scongiurato

Dopo l'ennesima bocciatura di lunedì dell'accordo di Theresa May, la Camera dei Comuni ha approvato una mozione che scongiura, almeno per il momento, l'ipotesi del No Deal, l'uscita disordinata dall'Unione europea senza accordo. E nel farlo ha dato un nuovo schiaffo alla premier che è stata per l'ennesima volta delegittimata dal Parlamento.

Il Parlamento contro le indicazioni di May

May aveva depositato una mozione che sì escludeva il No Deal, ma che nella frase finale affermava che "lasciare senza un accordo rimane l'opzione di default nel Regno Unito e nella legislazione Ue a meno che” le due “non ratifichino un accordo". Però i parlamentari, andando contro le indicazioni del governo, hanno votato con 312 favorevoli contro 308 un emendamento che eliminava quest'ultima frase in modo da escludere del tutto l'uscita senza accordo, almeno sulla carta. A quel punto l'esecutivo è andato nel caos e ha chiesto di respingere la mozione della premier emendata. E qui May è andata di nuovo sotto perché i Comuni hanno invece approvato il testo modificato con una maggioranza di 321 voti a favore e 278 contrari.

Dimissioni nel governo

E il voto non è stato indolore. La sottosegretaria al Lavoro, Sarah Newton, si è dimessa dopo aver votato a favore della mozione incriminata. Si sono invece astenuti 3 segretari di Stato Greg Clark (imprese), Amber Rudd (Lavoro), David Gauke (Giustizia), e altri due sottosegretari Tobias Ellwood (Difesa) e Claire Perry (Energia). Probabilmente anche loro saranno presto costretti a lasciare per questo ammutinamento.

Per evitare il No Deal serve un accordo

"Se si vuole evitare un no deal, bisogna votare un accordo", ha detto May dopo il voto. E anche Bruxelles lo ha confermato. La Commissione Europea "prende atto dei voti di questa sera alla Camera dei Comuni. Ci sono solo due modi per lasciare l'Ue: con o senza un accordo. L'Ue è preparata per entrambi. Per togliere il 'no deal' dal tavolo, non basta votare contro il 'no deal': bisogna arrivare ad un accordo”, ha affermato un portavoce ricordando che un accordo tra Londra e Bruxelles è già stato raggiunto e l'Ue “è pronta a firmarlo". Insomma prima o poi la resa dei conti dovrà arrivare, non si può rimandare all'infinito.

La richiesta di rinvio del divorzio

Ma intanto per ora il No Deal è stato evitato e il prossimo passo sarà quello di ritardare l'uscita. Domani (giovedì) sarà messo ai voti un mozione che chiede proprio questo. Se la maggioranza si esprimerà a favore, come è scontato, si dovrà poi formalizzare la proroga che è però vincolato all'approvazione unanime dei 27 Paesi restanti dell'Ue, che si esprimeranno a riguardo nel summit del 21-22 marzo a Bruxelles. L'ulteriore tempo ottenuto dovrebbe essere utilizzato per rinegoziare un nuovo patto con Bruxelles ma sembra difficile che questo governo possa riuscirci. Il timore dell'Europa è che May, che non sembra intenzionata a dimettersi, potrebbe provare a ripresentare al Parlamento britannico il suo accordo, sperando che a maggio, quando dovrebbe scadere la proroga, lo appoggi ritenendo che non ci sono alternative. La proroga potrebbe essere anche più lunga, ma visto che a maggio ci sono le elezioni europee, il Paese si troverebbe nella situazione surreale di dovervi prendere parte, e non sarebbe molto decoroso.

L'ipotesi elezioni anticipate e nuovo referendum

La premier potrebbe anche cedere alle pressioni di parte del Parlamento, a partire dal Labour di Jeremy Corbyn, e decidere che l'unica possibilità di uscire dallo stallo sia indire elezioni anticipate. Prima però ci dovrebbero essere le sue dimissioni e il lancio della corsa per la leadership dei Tory. L'ipotesi al momento non sembra molto probabile e ancora più improbabile è la possibilità che Westminster decida di convocare un secondo referendum per scegliere tra il suo accordo, uno alternativo o restare nella Ue. Insomma al momento il caos regna sovrano.

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